121030sicilialavotodi Alfonso Gianni
Non abbiamo perso solo noi, come con generosità ha commentato Fava assumendosene la responsabilità, hanno perso tutti, seppure in modi e gradazioni diverse in Sicilia. Se non è mai vero, malgrado le dichiarazioni televisive, che dalle elezioni possono uscire tutti vincenti, può accadere il contrario, che siano tutti perdenti, con buona pace di Bersani che dichiara storico il suo risultato. Lo è, ma in senso negativo. L’astensione ha sfondato abbondantemente il muro del 50%.

L’elezione dell’assemblea siciliana e del suo presidente riguarda cioè la minoranza (senza contare schede bianche e nulle) degli aventi diritto al voto. Non è e non sarà in ogni caso rappresentativa.

L’affermazione di Crocetta avviene da un lato sulla divisione dello schieramento della destra berlusconiana, un tempo partito prendi tutto in Sicilia. Allo stesso tempo si appoggia in modo rilevante sull’Udc. Quindi il sistema di potere Lombardo è tutt’altro che sepolto. Anzi si cercherà di stabilire in partenza una continuità.

Il successo di Cinque Stelle è rilevantissimo. Più ancora dell’esito del suo candidato colpisce il fatto che diventi il primo partito nell’isola, a dimostrazione della disgregazione del sistema politico-partitico-istituzionale preesistente. Tuttavia neppure il populismo grillino intercetta la grande marea dell’astensione. Ed è questa realtà, non tanto le difficili somme algebriche per raggiungere la soglia dei 46 seggi, che renderà ardua la effettiva governabilità della Sicilia. Pensare quindi che la vittoria di Crocetta, come egli stesso ha immediatamente dichiarato, costringa di per sé la Mafia a fare le valigie (del resto è una multinazionale) è pura vanagloria.

Il risultato della lista capitanata dalla compagna Marano è indubbiamente deludente. Pesano anche errori banali e specifici. Pesa la storica debolezza della sinistra radicale in quell’isola. Pesano i tristi chiari di luna che si sono abbattuti sulla stessa Idv. E’ evidente che la somma di organizzazioni, senza un lavoro di lunga lena di ricostruzione di un tessuto popolare e la connessione con le esperienze della sinistra diffusa e di movimento, non porta lontano. Le singole organizzazioni, compresa Sel, devono interrogarsi perché esse in primo luogo siano così deboli nella capacità di intercettare la protesta popolare e la disaffezione alla politica e al voto, anziché rimproverarsi di non essersi accodate al carro del vincitore in quella che è una minoranza della popolazione siciliana.

Ovviamente, come sempre, le elezioni siciliane avranno un riflesso sulle scelte nazionali. E sarà negativo. Spingerà ancora di più il Pd verso la ricerca di un’alleanza alla propria destra, in primis l’Udc, rendendo più evidente che “l’alleanza dei progressisti e dei democratici” è apertissima  a destra e chiusa a sinistra. Nello stesso tempo affretterà quei processi di ulteriore scomposizione e ricomposizione a destra e sul lato destro del centro, di cui si hanno avvisaglie nel documento di laici e cattolici tra cui spiccano le firme di Montezemolo, di Riccardi e di Bonanni.

Il problema che resta del tutto aperto è chi rappresenta e chi organizza la sinistra. Intendo quella sinistra diffusa, che non si riconosce e non è riconoscibile nella somma delle sigle esistenti, che tantomeno può sentirsi rappresentata, quantomeno non tutta, dalla “carta di intenti”, che vive nel mondo del lavoro che nessuno vuole o sa rappresentare direttamente in tutti i suoi aspetti e dimensioni, che si organizza sul territorio attorno alla difesa dei beni comuni e delle istituzioni minacciate dello stato sociale, che riesce anche a vincere grandi battaglie, come nei referendum, ma vuole dare ad esse continuità e solidità, che si fa promotrice di un nuova cultura e di un nuovo senso del vivere comune.

Comprendo bene che è un lavoro che richiede pensieri  e tempi lunghi, ma se non vogliamo che anche le elezioni politiche del 2013 siano affossate nel baratro dell’astensionismo bisogna pensarci da subito.

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