121107bersanicasinidi Andrea Fabozzi
Raddoppia il pressing istituzionale per modificare il sistema di voto. A Napolitano si aggiunge Monti che avverte: il governo potrebbe intervenire In senato tornano quelli del Porcellum. E alzano al 42,5% il tetto necessario per conquistare il premio di maggioranza. Significa che l'alleanza con Sel non basterà a Bersani per governare. Un'ideona Udc firmata da Rutelli. Che dice: l'ho fatto per bloccare Grillo
Da settimane nel Pd circolava il dubbio che la difesa passiva della legge elettorale in vigore non fosse la strategia migliore, e ieri in tarda mattinata Bersani ha riunito un comitato di crisi per parare i rischi di un attacco in contropiede degli alleati della strana maggioranza. Troppo tardi.

Con la copertura del Quirinale e adesso anche di palazzo Chigi che spingono in coppia per cambiare la legge Calderoli, minacciando a turno un messaggio alla camere o un disegno di legge del governo, in senato Pdl, Lega e Udc sono tornati a marciare compatti come ai vecchi tempi. E hanno approvato un emendamento al testo in discussione che alza al 42,5% la soglia minima che una coalizione deve raggiungere per conquistare il premio di maggioranza del 12,5%. Con la legge in vigore non c'è nessuna soglia: chi arriva primo conquista automaticamente 340 seggi alla camera (il 54%). Con la nuova proposta, invece, l'alleanza Pd-Sel-Socialisti che tutti i sondaggi danno in vantaggio per il 2013 resterebbe comunque lontana dal premio e dunque dalla maggioranza assoluta in parlamento.Un governo di coalizione diventerebbe così una necessità. E Bersani assisterebbe dalla tribuna d'onore al ritorno di Monti.
L'emendamento, approvato con un blitz, porta la firma dell'Api, uno dei partiti piccoli che così vede aumentare a dismisura il suo peso specifico. Anche una piccola percentuale in più serve alla coalizione di centrosinistra per avvicinare la soglia utile. Lo ha firmato direttamente Francesco Rutelli, tanto che c'è chi parla di salto dal Porcellum al Cicciobellum.
Rutelli ha motivato la mossa con l'esigenza di bloccare l'ascesa del Movimento 5 stelle. Grillo, ha detto, senza una soglia minima rischierebbe di conquistare lui il premio di maggioranza, e buonanotte. Non c'è che dire, presentare la legge in questi termini è una bella spinta alla campagna del M5S. Neanche del tutto sincera, visto che in nessun sondaggio Grillo supera la coalizione di centrosinistra, accreditata tra il 35 e il 40 percento. Quindi giusto al di sotto della nuova soglia utile.
Il contentino per il Pd rischia di essere davvero poca cosa. Nel Pdl cioè si fa spazio la possibilità di concedere ai democratici quello che per primo ha proposto il professor Roberto D'Alimonte, grande esperto in materia e commentatore del Sole 24 ore. Un premio cioè di consolazione al primo partito, qualora nessuna coalizione raggiungesse il 42,5%. D'Alimonte propone il 10%, il Pd così arriverebbe a sfiorare il 50% sommando Sel e Socialisti. Il Pdl per prudenza concederebbe qualcosa di meno, non più del 7%. Ma è proprio D'Alimonte a giudicare eccessiva la soglia del 42,5%: per lui il 40% andrebbe più che bene.
Regista dell'accordo di ieri, più e oltre Rutelli, è stato Pier Ferdinando Casini con una mossa che ricorda molto quella di sette anni fa. Più o meno in questi giorni d'autunno infatti il leader dell'Udc, a quel tempo presidente della camera, spinse per la legge Calderoli: la situazione politica non era troppo dissimile. Anche allora infatti al disastro di un governo Berlusconi si immaginava succedesse un governo di centrosinistra. Ragione per cui in poche settimane il centrodestra approvò una legge con l'unico obiettivo di rendere il parlamento ingovernabile per Prodi. Andò più o meno così, anche grazie alla doppia maggioranza tra camera e senato, e Casini rivendico la legge Porcellum che oggi vuole a tutti i costi cambiare. «La legge elettorale - disse - è parte di una convinzione e non di una convenienza». Con quella legge Casini riuscì a staccarsi da Berlusconi e a piazzarsi al centro, lì dove ancora è ed aspira a restare, stavolta impedendo al Pd e ai suoi alleati di sinistra di conquistare la maggioranza. Bersani se ne rende conto e, un po' tardivamente denuncia: «Evidentemente c'è qualcuno che per paura che governiamo noi vuole impedire la governabilità del paese». Quel qualcuno è certamente il Pdl che, proprio come nel 1996, sapendo di perdere cerca di limitare la vittoria del centrosinistra. Ma il segretario del Pd sa bene che è soprattutto Casini, il suo eterno alleato promesso. Che per un giorno si ritrova così messo all'indice non solo da Nichi Vendola, ma da tanti esponenti democratici che lo accusano di essere tornato «con gli amici del Porcellum».
Adesso il Pd punterà a riaprire la partita in aula al senato, dalla prossima settimana, magari giocando sulle divisioni che ci sono anche dentro il Pdl a proposito del ritorno alle preferenze. Ma i suoi margini sono ristretti, al pressing del Quirinale si è aggiunto quello del governo. Monti ieri pur definendo «auspicabile» una riforma della legge elettorale ad opera dei partiti, ha chiarito che «tecnicamente» sarebbe immaginabile un disegno di legge governativo. Che finirebbe col mettere ancora più nell'angolo Bersani.

Il Manifesto - 07.11.12

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