121121napolitano montidi Dino Greco
E' passato sotto il più assoluto silenzio di tutti i commentatori – anche i più assidui – del chiacchiericcio politico nazionale, l'intervento con cui l'altroieri Giorgio Napolitano ha speso il proprio endorsement per una replica del premierato di Mario Monti o – ad ogni buon conto – per un governo quale che sia purché ne prosegua le gesta, benedette dal Capo dello stato come la via maestra, anzi, come la sola via capace di portare l'Italia fuori dalle secche.
Ci eravamo abituati, in questo crepuscolo della Seconda Repubblica, al protagonismo border-line del Presidente, ma un'entrata così vistosa nella competizione elettorale dà il segno di quale sventramento abbiano subito le regole istituzionali di cui Napolitano si dice custode irreprensibile.

Napolitano parla ad alta voce e si spinge in realtà ben oltre le prerogative che gli sono proprie per dire che il paese tutto ha un debito di riconoscenza verso Monti, che la politica meritoria del presidente del consiglio non ha alternative e che il patto di unità nazionale che lo ha sin qui sostenuto deve protrarsi anche oltre questa legislatura.
Cita benedetto Croce, Giorgio Napolitano, quando rivendica, una volta di più, la propria concezione della politica come confronto a bassa intensità, fatto di “discordia nella concordia”.
Egli interpreta cioè la sua funzione di custode dell'unità della nazione come se la dialettica politica nell'Italia odierna si svolgesse nell'alveo della Costituzione, come se la Carta rappresentasse la piattaforma di valori condivisi e non il bersaglio contro il quale si è scatenato con efficacia il fuoco bipartisan del centrosinistra non meno che del centrodestra fino a divellerne i pilastri portanti.
Dunque gli appelli di Napolitano alla concordia non sono neutri: essi posseggono una cifra politica precisa, si muovono rigorosamente dentro il perimetro di una cultura economico-sociale che ha fatto del liberismo il proprio vessillo e la propria bussola.
Ciò che si muove fuori da quel solco è un nonsense, un'aporia o, peggio, un retaggio ideologico in odore di eversione.
Peccato che il liberismo non rappresenti affatto la quintessenza della Costituzione quanto piuttosto la sua negazione.
Se Napolitano ispirasse il suo alto ufficio allo spirito e alla lettera della Costituzione dovrebbe occuparsi d'altro. Dovrebb insorgere, ad esempio, quando la legge di stabilità demolisce l'articolo 3 della Suprema Carta; quando il diritto al lavoro (articolo 4) e quello ad una retribuzione dignitosa (articolo 36) cedono il passo ad una devastante precarietà che annienta il futuro di intere generazioni; quando il diritto a promuovere la libera iniziativa sindacale (articolo 39) viene calpestato da atti persecutori dei “datori di lavoro” e da leggi che ne legittimano la prepotenza; quando il ripudio della guerra (articolo 11) si rovescia nel suo opposto e porzioni crescenti delle risorse pubbliche vengono impiegate per riempire gli arsenali militari; quando al diritto all'incolumità fisica delle persone sottoposte a restrizione della libertà (articolo 13) si sostituisce la violenza arbitraria delle forze di polizia; quando le provvidenze per i disabili (articolo 38) vengono revocate con un tratto di penna sulla spesa sociale; quando la libertà d'impresa (articolo 41) si svolge in contrasto con l'utilità sociale e danneggia la sicurezza, la libertà e la dignità umana; quando il sistema tributario che dovrebbe essere informato a criteri di progressività (articolo 54) si trasforma in una tagliola fiscale a carico dei più deboli per lasciare campo libero agli strateghi dell'evasione; quando – infine – la “XII norma transitoria e finale” che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista, viene tranquillamente elusa e le organizzazioni neofasciste operano tranquillamente nel paese, i loro uomini spopolano nelle istituzioni e partecipano a governi nazionali e locali.
Ecco qui del lavoro per il Presidente, se ricordasse – come Piero Calamandrei suggeriva ai giovani nel lontano 1955 – quali sono i “luoghi” dove è nata la Resistenza.

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