di Marco Berlinguer
Sono grami i frutti dell'appuntamento sul clima appena concluso a Doha. Se si pensa che la vigilia era stata marcata da uno studio della Banca Mondiale che prospetta, in mancanza di una drastica riduzione di emissioni di anidride carbonica, uno scenario di aumento della temperatura globale entro la fine del secolo di 4 °C, e non piú di "solo" 2, è difficile non constatare ancora una volta l'inadeguatezza dei governi del mondo nel guidarci verso i cambiamenti necessari ad affrontare le grandi sfide globali.
Il documento finale che contiene impegni più avanzati rispetto agli accordi finora sottoscritti è stato firmato solo da Unione Europea, Australia, Svizzera e Norvegia.
Insieme valgono il 15% delle emissioni mondiali. Di positivo c'è che l'Unione europea si è confermata l'area del mondo con le posizioni più avanzate. E che l'Italia si è mossa in linea con i paesi europei più determinati a spingere in avanti l'agenda. Quello che certamente è mancato a Doha, anche in virtù della location, è stata la pressione della società civile. Perché sul clima, come su altri temi, l'opinione pubblica globale è più avanti dei governi.
Pubblico - 10.12.12