di Giovanni Tinzian
Un paese blindato. Le mimetiche, il rumore assordante degli elicotteri del battaglione dei cacciatori dei Carabinieri, gli agenti speciali del nucleo anti-sequestri. Sono immagini vive del mio passato che porterò con me per tutta la vita. Fa parte della storia del mio paese, di Bovalino, paese della Locride di 8 mila anime con il triste primato di 18 sequestri di persona. Quel periodo drammatico l'ho vissuto sulla mia pelle. Avevo meno di dieci anni e non avevo ancora lasciato la Calabria.
Non ho mai creduto che l'esercito potesse cambiare la Calabria ostaggio di una 'ndrangheta dai mille volti: violenta e spietata con gli omicidi e i sequestri, invisibile e raffinata quando maneggia affari milionari.
Anzi, posso dire con certezza che l'occupazione militare da parte dello stato non ha portato a grandi cambiamenti. La sostanza delle cose, e della 'ndrangheta, è rimasta tale. A essere intaccata è stata solo la parte superficiale della struttura, l'ala militare. Ma il nucleo dell'organizzazione e i valori su cui fonda il suo dominio non sono stati intaccati dai blindati e dalle spedizioni in Aspromonte.
Oggi per le strade di Bovalino non c'è più quel dispiegamento di forze di polizia. Ma come allora continua a esserci una 'ndrangheta prepotente, protetta da massoneria e complicità politiche, in grado di illudere i cittadini con promesse di posti di lavoro, assicurando favori che in realtà spettano per diritto. Di cinema e teatri neppure l'ombra, come prima dell'arrivo dei militari.
Il degrado culturale imposto dai mafiosi non può essere disintegrato con l'invio dell'esercito. Lo stesso, ma è un mio personalissimo parere, dovrebbe valere per Scampia. Un quartiere dove dilaga la dispersione scolastica, dove la cultura delle regole fatica a prendere piede nonostante il coraggio di associazioni anticamorra impegnate con i giovani e in cui il loro futuro è oscurato dall'avidità di boss senza onore disposti a sacrificare eserciti di adolescenti in nome del potere.
Come è possibile credere che questa assenza delle istituzioni, che è di tipo culturale e sociale, possa essere colmata con l'invio delle truppe? Eppure i margini di intervento ci sarebbero. Partire per esempio dal potenziamento di quelle realtà che lavorano ogni giorno nel quartiere, investire sul recupero degli edifici, sulla cultura, sull'istruzione, sul lavoro, sulla rapida assegnazione dei beni confiscati per renderli produttivi creando così posti di lavoro dal forte messaggio simbolico. E' necessario andare oltre la repressione.
Chi governerà il Paese dovrà garantire il rispetto dei diritti, creare opportunità, fornire alternative concrete a quei giovani che per disperazione, e perché stretti dal bisogno (e quindi ricattabili), si vendono ai capiclan di turno affollando le strade di Scampia con l'unico compito di avvertire i pusher dell'arrivo delle "guardie", l'unica manifestazione dello stato su quel territorio.
Non mi sembrano proposte irrealizzabili. Alla punizione dei criminali, deve affiancarsi la tutela delle vittime, che non sono solo i morti ammazzati ma anche i fantasmi senza futuro di Scampia e di tutte le aree degradate del nostro Paese.
L'atteggiamento mafioso e la cultura mafiosa si combattono con le armi del progresso civile. Si ostacolano divulgando l'idea che la corsa al profitto non può legittimare l'utilizzo di mezzi e strumenti illegali. Si reprimono fornendo possibilità di scelta all'esercito di precari e sfruttati moderni. E attenzione, non è questione che riguarda solo le regioni del sud. La legge spietata del più forte si attua soprattutto dove c'è un economia ricca e dove la competizione diventa una forma di selezione naturale.
da Huffingtonpost.it