di Domenico Moro

La legge di stabilità è passata al vaglio del Senato e si appresta a ritornare alla Camera per l’a pprovazione definitiva. Proviamo a vederne i punti principali. Irpef. La formulazione originaria data dal governo prevedeva il taglio di un punto percentuale dell’aliquota dell’ imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) per i due scaglioni più bassi, quello fino a 15mila euro che sarebbe passato dal 23% al 22% e quello fino a 28mila euro che sarebbe sceso dal 27% al 26%. A questo proposito bisogna notare che la stragrande maggioranza degli operai e degli impiegati del nostro Paese rientrano in queste fasce.

Dopo il primo passaggio alla Camera e il passaggio al Senato, la riduzione dell’Irpef è stata annullata. A compensazione sono state introdotte maggiori detrazioni per i figli a carico e per i disabili. In generale, si può affermare che si tratta di un peggioramento rispetto alla prima versione, perché si ha un vero risparmio solo per chi ha più di due figli, una situazione abbastanza rara in una Italia da anni alle prese con il calo a picco del tasso di natalità. Iva.
La versione originaria prevedeva, dopo l’aumento di settembre 2011 dal 20 al 21% dell’aliquota ordinaria, un nuovo aumento al 22% cui si sarebbe aggiunto quello dell’aliquota media del 10%. Quest’ultimo non è stato confermato ma il primo sì. Non è un gran risultato, come viene invece contrabbandato da certi esponenti della maggioranza, specie se consideriamo che l’aliquota ordinaria raggiunge uno tra i livelli più alti nel mondo e che si applica a merci, come i carburanti, che determinano l’aumento dei prezzi delle altre merci, sebbene non toccate dall’aumento della loro aliquota. Senza contare che l’Iva è l’imposta più evasa. Inoltre, mentre la diminuzione delle aliquote più basse dell’Irpef ne avrebbe aumentato la progressività, il doppio aumento dell’Iva, che incide di più sui redditi più bassi, aumenta la regressività complessiva del sistema fiscale italiano.
Irap e detassazione del salario di produttività. Parte non minima delle risorse ricavate dalla rinuncia al taglio dell’Irpef, e soprattutto dai tagli, pari a sei miliardi, a Regioni, Province e Comuni, e alla sanità, 600 milioni nel 2013 e un miliardo sia nel 2014 che nel 2015, sono andate alle imprese. Lo strumento è la riduzione della base imponibile dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, che in realtà costituisce il 60% del bilancio sanitario italiano, essendo parte del salario indiretto.
Lo sconto fiscale alle imprese italiane sarà di 709 milioni nel 2014 e di 810 nel 2015. Inoltre le imprese beneficeranno di un ulteriore sconto di 2 miliardi e 150 milioni tra 2013 e 2015 per il cosiddetto salario di produttività.
In realtà, la produttività non c’entra nulla. Secondo la circolare n.3/E del 14 febbraio 2011 dell’Agenzia delle entrate, la riduzione fiscale al 10% è applicata sul lavoro notturno, festivo, e straordinario.
In una situazione di riduzione degli investimenti fissi, cioè con poche migliorie e innovazioni tecnologiche, la produttività si traduce in una spremitura maggiore del lavoro fisico e mentale dei lavoratori mediante aumento della fatica e della durata del lavoro. Inoltre, tale provvedimento indebolisce la contrattazione collettiva, favorendo quella aziendale. Ma le imprese hanno ricevuto anche risorse dirette, ad esempio l’aerospaziale avrà 8,4 miliardi in 16 anni, destinati in gran parte ai cacciabombardieri F35, e la Tav 2,2 miliardi in 15 anni, mentre sono stati eliminati i tagli all’Expo.
Imu e Tares. Gli aumenti Imu e la sua introduzione su tutte le prime case, di fatto una patrimoniale sul risparmio popolare e dei lavoratori, sono rimasti. È cambiata la destinazione dei proventi (8,3 miliardi) che inizialmente erano destinati (il 50%) allo Stato e che andranno tutti ai comuni. Ma niente paura.
L’erario ci guadagna perché otterrà dai comuni il gettito dell’imposta su capannoni e fabbriche, che vale 4,4 miliardi cui si aggiunge l’azzeramento dei fondi per il riequilibrio del federalismo e dei trasferimenti a Sicilia e Sardegna per 4,7 miliardi.
La Tares è una nuova tassa che sostituisce Tarsu e Tia e le aumenta. Infatti, non riguarda solo i rifiuti, ma prevede una maggiorazione per i servizi come illuminazione, manutenzione strade, ecc. Evidentemente a compensazione dei suddetti tagli ai comuni e alle province. Ad ogni modo, con la riforma del catasto entrambe saranno ulteriormente aumentate. Tobin Tax. Molto esaltata in quanto colpirebbe una finanza piuttosto impopolare, di fatto, secondo stime di mercato e per come è articolata, genererebbe appena un quinto del gettito previsto. Dalla Borsa di Milano, su azioni e derivati, per il 2013 arriverebbe un gettito di appena 150 milioni. Dalle negoziazioni Otc (non regolamentate) potrebbero arrivare 800 milioni, ma risulta dubbio il potere impositivo dello stato italiano su investitori eteri che comprano e vendono azioni italiane all’estero, ad esempio a Londra.

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