di Fausto Bertinotti

Mi sembra che questi primi cenni di campagna elettorale confermino tutte le analisi espresse negli ultimi numeri di alternative per il socialismo, a partire da “L’opportunità della rivolta” dell’ottobre dello scorso anno.

La ristrutturazione dell’economia prodotta dal capitale finanziario, in risposta alla crisi, è accompagnata da una vittoria ideologica delle classi dirigenti realizzando, così, un vero e proprio rovesciamento della lotta di classe agitata, adesso, dai padroni contro i lavoratori, contro i popoli e i giovani in particolare. Appunto, come dice il movimento di Occupy Wall Street: «Noi 99%, voi 1%». Per difendere gli interessi di questo 1%, si è costruito un recinto in cui si consuma

la crisi della democrazia, della politica e della sinistra.

La politica ha così divorziato dalla vita delle persone. Per questo, dentro il recinto, non c’è salvezza e i governi dei Paesi europei diventano la lunga mano del governo neoautoritario di Bruxelles. Anche il recente caso francese, sul quale si erano riversate tante speranze, dimostra che, in questo periodo politico e in quest’Europa reale, il governo è una trappola nella quale rischiano di cadere anche le migliori intenzioni. Al contrario, bisogna rompere quel recinto per ridare voce a una politica che ricominci dalla democrazia e dai diritti sociali e civili. Rivolte, movimenti e lotte stanno attraversando l’Europa e l’Italia. Nuovi soggetti si affacciano sulla scena. E’ a questa realtà che si dovrebbe applicare la politica per far rinascere la sinistra.

L’avvio della campagna elettorale avviene sotto i peggiori segni. E, mentre ritorna anche Berlusconi, prende corpo, per la prima volta in Italia, un partito borghese che, sotto l’insegna di Mario Monti, può diventare un partito di massa. Come era facile prevedere e come avevamo previsto, il governo Monti è stato un governo costituente. La piattaforma politica e programmatica sulla quale il centro-sinistra ha effettuato le primarie, e con la quale si presenta alle elezioni, non rompe con questo quadro, non ne rappresenta un’alternativa ma, accettando di fatto il dettato centrale delle politiche di rigore, ne configura solo una versione emendata.

C’è bisogno di ben altro e di tutt’affatto diverso. Una lista di alternativa a quest’Europa reale sarebbe un bel segno e meriterebbe un incoraggiamento.

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