di Carlo Lania
«Non basta più parlare genericamente di lotta alla mafia. Servono azioni che contrastino fortemente i fenomeni criminali». Gabriella Stramaccioni è tornata da Borgo Sabotino, in provincia di Latina, dove il primo giorno dell'anno ignoti hanno appiccato il fuoco al Villaggio della Legalità, un ex campeggio abusivo sequestrato e affidato a Libera. L'ennesimo attentato contro l'associazione di don Ciotti. Di Libera Stramaccioni è stata per anni la coordinatrice nazionale, ruolo dal quale si è sospesa qualche settimana fa quando ha deciso di accettare la candidatura che le è stata offerta dalla «Rivoluzione civile» di Antonio Ingroia. «Quella di Borgo Sabotino - dice - è un'esperienza purtroppo
nata male, perché quello è un territorio molto difficile, forse il territorio della Regione Lazio più inespugnabile. Sia per la penetrazione criminale, che è forte, sia perché c'è un clima sociale che è favorevole a queste presenze».
Nel 2012 c'è stato un incremento attentati alle strutture di Libera. Come lo spiega?
Quest'estate ce le hanno colpite tutte. A Latina ce l'aspettavamo perché quando entri in un territorio nuovo e complicato tentano l'intimidazione. Il messaggio è: 'qui è meglio che non ci state perché è roba nostra'. È successo in Calabria, in Sicilia, in Puglia, ovunque. Libera è nel mirino? Il sospetto è venuto anche a noi. Il procuratore antimafia ci ha subito garantito una protezione maggiore e la forestale si è messa a disposizione, e questo ha permesso in parecchie parti d'Italia di prevenire ulteriori intromissioni. Una cosa è certa: l'utilizzo dei beni confiscati sta disturbando le mafie, anche perché queste confische pian piano si allargano e arrivano anche in territori impensabili. L'attentato è un segnale, anche per capire la reazione del territorio. Perché le mafie hanno messo in conto di perdere una parte dei loro beni, di perderli tutti no.
La sensazione è che l'attenzione nei confronti della mafia sia un po' scesa.
Col governo Berlusconi c'è stato un pesante arretramento, basti pensare ai tentativi fatti per limitare le intercettazioni telefoniche. Con il governo Monti c'è stata una maggiore attenzione, almeno nel tutelare le buone prassi che si erano attivate, come l'Agenzia per i beni confiscati che però è depotenziata, non ha gli strumenti adeguati per poter lavorare.
L'antimafia si presenta alle elezioni divisa, Ingroia da una parte, Grasso dall'altra. E per di più litigano.
Più che litigare diciamo che c'è una divergenza antica legata ai metodi di lavoro ma soprattutto all'elezione di Grasso alla procura antimafia, voluta dal governo Berlusconi contro Giancarlo Caselli.
Lo spettacolo comunque non è bellissimo. Non rischia di indebolire il contrasto alla criminalità organizzata?
No, penso di no. Tutti parlano di antimafia in termini di guerra tra procure. C'è invece un'antimafia sociale che ha molto seminato in questi anni e che è un patrimonio comune. Diciamo che forse per la prima volta una campagna elettorale parte con l'antimafia e la lotta alla corruzione al centro dell'agenda di alcuni partiti. Cosa che rappresenta comunque una novità positiva.
Se verrà eletta quali sono i provvedimenti che ritiene più urgenti?
Intanto una legge vera contro la corruzione, perché il decreto del governo Monti non è sufficiente. Poi la legge sul conflitto di interessi, e il reato ambientale che diventi penale. Ma il nostro obiettivo è più in generale quello della giustizia sociale, che vuol dire riconsegnare tutto quello che mafia e corruzione stanno drenando a questo Paese a uno stato sociale che è stato completamente abbattuto.
da il manifesto