di rassegna.it
Nel 2012 la disoccupazione in Europa ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi vent'anni. E per molti paesi, Italia compresa, si fa più concreto il rischio di esclusione sociale a lungo termine. È quanto emerge dalla Rassegna annuale sull'occupazione e gli sviluppi sociali in Europa pubblicata oggi (8 gennaio) a Bruxelles dalla Commissione Europea. Il quadro è allarmante. I redditi delle famiglie sono diminuiti e cresce il rischio di povertà, soprattutto negli Stati dell'Europa meridionale e orientale. Insomma, si sta creando un nuovo divario tra i paesi che hanno saputo resistere alla crisi e quelli intrappolati in una spirale caratterizzata da calo della produzione, aumento della disoccupazione e erosione del reddito, con i primi che tendono ad avere mercati del lavoro che funzionano meglio e sistemi di welfare più solidi.
"Il 2012 è stato un anno molto negativo per l'Europa dal punto di vista della disoccupazione e del deterioramento della situazione sociale", commenta László Andor, Commissario europeo per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione. Vuole essere ottimista: "Dalle nostre analisi emerge però che, attuando opportune riforme del mercato del lavoro e migliorando i sistemi di welfare, è possibile accrescere la capacità degli Stati membri di reagire agli choc congiunturali e accelerare l'uscita dalla crisi". Tuttavia, prosegue, "è improbabile che nel 2013 i miglioramenti del quadro socioeconomico in Europa siano significativi se non saranno intraprese azioni concrete anche per risolvere la crisi dell'euro in modo credibile, per reperire le risorse necessarie ai tanto attesi investimenti, tra cui quelli nelle competenze, nell'occupabilità e nell'inclusione sociale dei cittadini, e per mettere la finanza al servizio dell’economia reale".
CRESCONO LE DIVERGENZE. Il tasso medio di disoccupazione nell'Ue è arrivato quasi all'11%. La relazione conferma un nuovo quadro di differenze particolarmente marcate tra Nord e Sud della zona euro: il divario relativo al tasso di disoccupazione tra queste due aree – pari a 3,5 punti nel 2000 e sceso a zero nel 2007 – è risalito fino a 7,5 punti nel 2011. Al di fuori dell'eurozona, invece, la divergenza, seppure in crescita, è molto più contenuta. "Questa tendenza preoccupante - si legge nel dossier - evidenzia l'urgenza di trovare meccanismi più efficaci di stabilizzazione macroeconomica, come testimonia il dibattito in corso su un'unione economica e monetaria autentica e approfondita. Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, già nel 2007 era di molte volte superiore a quella degli adulti – in Italia era addirittura il quadruplo".
Altro dato preoccupante: la disoccupazione a lungo termine è aumentata in quasi tutta l'Unione, ma sono otto i paesi (tra cui l’Italia) responsabili da soli del 90% dell’aumento netto tra il 2008 e il 2011. L'analisi indica che "negli Stati membri che hanno attuato riforme sostanziali per rendere più dinamico il mercato del lavoro i disoccupati hanno maggiori opportunità di trovare una nuova occupazione anche durante la crisi. Queste riforme sono caldeggiate nel pacchetto Occupazione della Commissione (aprile 2012) e nell’analisi annuale della crescita 2013 e saranno esaminate in dettaglio nell’ambito del semestre europeo 2013 e delle raccomandazioni per Paese".
CALANO I REDDITI. Il rischio di cadere in povertà o la possibilità di uscirne variano notevolmente da un paese all’altro e l’Italia è in fondo a questa classifica. Alcuni gruppi della popolazione sono particolarmente colpiti: giovani, donne disoccupate e madri single, con il conseguente rischio di esclusione sociale a lungo termine. I salari, si legge in un passaggio successivo, "non rappresentano meramente un fattore di costi, giacché forniscono ai cittadini il reddito necessario per acquistare beni e servizi. I tagli possono produrre un aumento di competitività, ma in compenso riducono la domanda interna di prodotti, con la conseguenza di potenziali perdite di posti di lavoro. In Europa nell'ultimo decennio la quota del reddito economico complessivo riconducibile ai lavoratori si è ridotta, mentre è aumentato il divario tra i lavori a reddito elevato e quelli a reddito basso".