di Gianmarco Pisa
Se c'era ancora qualche dubbio intorno alla caratterizzazione politica e alla consistenza programmatica della lista “Rivoluzione Civile” che esprime come candidato premier e capolista in tutte le circoscrizioni l'ex procuratore di Palermo, passato alle cronache per le inchieste sulle stragi e le connivenze di potere Stato Mafia, la conferenza stampa di stamani, 19 Gennaio, in cui sono state illustrate le liste e presentati i candidati di punta, li ha in buona sostanza fugati tutti. Accompagnano Antonio Ingroia nel suo ragionamento tutti i candidati di prima linea, una pattuglia consistente di esponenti della società civile e dell'impegno civico, protagonisti, nel corso degli ultimi anni, di innumerevoli battaglie sui diversi fronti della cittadinanza attiva, democratica, critica, ma soprattutto una pattuglia in grado di rappresentare con forza e convinzione le ragioni della propria candidatura e di dettare con ispirazione e visione temi maturi all'interno del programma della lista, che sarà presentato, in una nuova conferenza stampa, nei prossimi giorni.
È stata un'ottima occasione per fugare, nello specifico, due dubbi o, se si vuole, due fuochi di polemica o di incomprensione: il primo, che questa lista si traducesse in un esercizio di sinistra bacchettona, giustizialista e manettara, un po' legalitaria e un po' monotematica; il secondo, che la storia personale del candidato-premier, con il suo nome scritto a caratteri cubitali al centro del simbolo, finisse col fare passare in secondo piano i temi centrali della battaglia politica oggi in Italia (e non solo): crisi economica e lavoro, da una parte, prospettive internazionali e pace, dall'altra. E poi, a suggello dei precedenti, una parola di chiarezza, finalmente definitiva, sulle “relazioni pericolose” con il PD-PSI-SEL di Bersani: Ingroia conferma, all'inizio e alla fine della conferenza, che “Rivoluzione Civile” è alternativa e incompatibile con il berlusconismo ed il montismo, e quindi si colloca all'opposizione radicale delle politiche neo-liberiste, sia nella loro variante tec nocra ti ca alla Monti, sia nella loro accezione pl ebi sci ta ri a alla Berlusconi; e allo stesso tempo che la non-belligeranza tra Bersani e Monti, con buona pace di Vendola e delle sue “narrazioni”, finisce per riassorbire il PD dentro la spirale neo-liberale e rende la sua linea inaccettabile per chi si candida, non per testimonianza, a rappresentare una svolta ed un'alternativa al seg no do mi n ante delle politiche regressive degli ultimi venti anni. A partire dalle priorità dell'agenda programmatica illustrata da Ingroia: lotta alla criminalità, patrimoniale e redistribuzione, legge sul “conflitto d'interessi”. Domanda non retorica: dov'erano Bersani ed il PD negli ultimi venti anni? Così anche le scelte simboliche finiscono per avere una profonda connotazione politica: a chi aveva collocato Papa Giovanni e il Cardinale Martini nel proprio Pantheon ideale, Ingroia risponde, proprio in apertura della conferenza, citando a lungo e con nettezza Enrico Berlinguer ed il tema della “questione morale”; Ilaria Cucchi illustra una battaglia, insieme, personale e politica, rimarcando che riforma della giustizia è ben altro da come la fanno intendere i giornali e che “di carcere si muore”; Vladimiro Giacché torna sull'intervento pubblico in economia e rivendica “l'orgoglio del ruolo pubblico”; Sandro Ruotolo, rivolgendosi a Flavio Lotti, anch'egli candidato, ricorda l'impegno contro la guerra della NATO (e dell'allora governo di “centro-sinistra”) in Serbia e Sandra Amurri, prendendo a tema lo scandaloso invito ad un convegno della premiata ditta Casini-Riccardi del presidente Compaore, tra i responsabili dell'assassinio politico del leader rivoluzionario burkinabè Thomas Sankara, ricorda di quest'ultimo il celebre motto: “la rivoluzione non ha tempo ma deve pur iniziare”. È proprio l'ora della “Rivoluzione Civile”.