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120128cesetucUno sciopero generale europeo per rispondere al generale attacco al welfare state europeo. Potrebbe essere questo il prossimo passo per la Confederazione europea dei sindacati (Ces), o per parte di essa, dopo la giornata di mobilitazione europea indetta per il 29 febbraio alla vigilia del vertice Ue di marzo che avrà al centro il varo del "fiscal compact". Anche di questo si è discusso oggi in Cgil nel corso dell'iniziativa 'La crisi globale e il modello sociale europeo, tra i vincoli di bilancio e il ruolo delle politiche pubbliche' che ha visto visto riuniti esponenti di diversi sindacati europei, tra questi Cgt (Francia), Fgtb (Belgio) e Cc.Oo. (Spagna).

Negli interventi dei diversi sindacalisti è emersa una stessa analisi della crisi, come una stessa comune rivendicazione: “Serve dare urgentemente avvio - è stato detto - ad una transnazionale 'fase due' che abbia al centro crescita e lavoro”.

Per questo, “contro le politiche di austerità e contro l'attacco speculativo al modello di stato sociale europeo”, la Ces ha indetto la giornata di lotta europea del 29 febbraio dietro le parole 'Troppo è troppo'. Una data a modo suo storico perché ogni paese parteciperà alla giornata di mobilitazione usando gli strumenti che riterrà più opportuni, compreso lo sciopero. In Italia Cgil, Cisl e Uil si incontreranno lunedì per decidere le forme di lotta da adottare.

Un primo tassello quindi verso l'indizione di uno sciopero generale europeo che, a detta dei diversi dirigenti sindacali intervenuti oggi in Cgil, “appare inevitabile”. E' la posizione infatti di Anne Demelenne, segretario generale del sindacato belga Fgtb, secondo la quale “i politici non ci ascolteranno se non passeremo presto ad uno sciopero generale europeo. Devono capirlo anche loro perché tra l'indignazione e la generale sfiducia è la politica stessa a rischiare una caduta vertiginosa della credibilità”. Per questo, fa sapere Demelenne, “stiamo lavorando per arrivare ad uno sciopero generale europeo, l'idea si sta facendo strada anche se nei paesi del nord Europa non c'è questa tradizione e noi non vogliamo una Ces a due velocità”. Il Belgio stesso è infatti “un laboratorio sociale d'Europa” per le diverse culture che lo compongono. “Ebbene noi abbiamo deciso uno sciopero generale per il 30 gennaio, alla vigilia del vertice Ue, contro il piano di austerità del governo di Elio di Rupo, che produrrà non pochi disagi per gli stessi capi di Stato e di governo dovendo utilizzare gli aeroporti militari perché quelli civili saranno chiusi”.

Un primo passo per arrivare ad una astensione generalizzata dal lavoro in tutta Europa. “Sono diversi anni che parliamo di uno sciopero generale europeo”, ha detto Javier Doz della Comisiones Obreras, confederazione sindacale spagnola. “La necessità è chiara - ha osservato - ma le diverse culture sindacali rappresentate nella Ces costituiscono una oggettiva difficoltà di sintesi. Certo la crisi imporrebbe una scelta del genere ma per ora credo sia più probabile che si scioperi in uno stesso giorno in un numero limitato di paesi, magari quelli del sud Europa”. E la necessità di un'iniziativa coordinata, di un momento in cui contemporaneamente siano tutti i lavoratori europei ad incrociare le braccia, è stata sottolineata anche da Marie-Laurence Bertrant della Cgt, sindacato francese. “Abbiamo bisogno di un deciso passo in avanti nel processo di mobilitazione europeo per rispondere in maniera comune ad un attacco comune al modello sociale europeo”, ha detto la dirigente sindacale francese augurandosi che quanto prima si arrivi “ad arresti della produzione in tutti i posti di lavoro, nello stesso momento in tutti i paesi europei”.

La richiesta di organizzare il primo 'storico' sciopero generale europeo, magari da tenersi dopo il summit Ue che avrà al centro il nuovo trattato intergovernativo sulla disciplina di bilancio, arriva anche dalla Cgil. “Consideriamo importante la data del 29 febbraio, e lunedì con Cisl e Uil decideremo la forma della mobilitazione, ma non la consideriamo risolutiva dello scontro in atto”, ha detto il segretario confederale Nicola Nicolosi, secondo il quale “c'è bisogno di una Ces meno 'emendativa' e più 'rivendicativa'”. Anche Nicolosi ha rilevato un problema di sintesi: “La Ces ha al suo interno una pluralità fatta di 87 organizzazioni sindacali, diverse anche cromaticamente. Basti pensare che la stesso rosso della bandiera non è più il colore di riferimento. Ma se anche l'Economist riscopre il capitalismo di Stato - conclude - la nostra risposta non può che essere: proletari d'Europa unitevi”.

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