Argiris Panagopoulos

120204carlosParla il leader del principale sindacato portoghese, che sulla riforma del lavoro non ci sta: «Vogliamo alimentare la speranza che un'altra politica è possibile»
La capitale portoghese si è fermata l'altro ieri per lo sciopero dei trasporti che ha aperto una stagione di lotte che si annuncia lunga e che proseguirà subito con la manifestazione nazionale dell'11 febbraio, organizzata dalla Cgtp (Confederação Geral dos Trabalhadores Portugueses), la principale centrale sindacale del Paese. Del corteo contro lo smantellamento dei rapporti di lavoro e della strategia del sindacato abbiamo discusso con Armenio Carlos, eletto la settimana scorsa segretario generale della Cgtp.
Come è andato lo sciopero?
È riuscito. La metropolitana si è fermata, né si sono mossi autobus e treni. Le navi passeggeri non hanno lasciato le banchine sul fiume Tajo. I lavoratori hanno messo in atto una grande risposta per salvaguardare i loro diritti economici e protestare contro l'aumento (26% negli ultimi mesi) dei biglietti e la distruzione del trasporto pubblico. Lavoratori del trasporto pubblico e cittadini sono uniti contro la privatizzazione dei trasporti, perché sanno che a pagarla sarebbero proprio loro.


Quali sono gli obiettivi della manifestazione nazionale dell'11 febbraio a Lisbona?
Anzitutto sensibilizzare e mobilitare la società contro la disuguaglianza, la povertà e la disoccupazione imposte al nostro paese. Inoltre vogliamo alimentare la speranza che una politica diversa è possibile. Abbiamo bisogno di lotte di classe unitarie. Lavoratori e cittadini devono capire che è arrivato il momento di difendere i loro diritti e se stessi.
La troika e il governo conservatore stanno cercando di cambiare le relazioni di lavoro. Una parte del sindacato ha accettato in pratica una svalutazione interna con una diminuzione del costo del lavoro, voi invece avete abbandonato il dialogo...
L'accordo proposto non contiene nessuna misura per lo sviluppo, mentre rafforzerà recessione e disoccupazione. Nel migliore dei casi il Pil scenderà ai livelli del 2001, mentre il debito pubblico rimarrà a tre cifre, ben più elevato del 92% registrato prima della crisi. Inoltre il documento firmato dagli industriali e dal sindacato socialista Ugt rafforzerà la competitività con misure inaccettabili come la riduzione dei giorni festivi e delle ferie, costringendo i lavoratori a lavorare sette giorni in più all'anno. Prevede poi la riduzione del 50% della retribuzione per il lavoro straordinario, orari flessibili di lavoro e di salari. Così non si rafforza la competitività, ma lo sfruttamento brutale. La Banca Centrale del Portogallo stima che tra il 2012 e il 2013 perderemo almeno 420 mila posti di lavoro. Ufficialmente abbiamo 700 mila disoccupati. In pratica arrivano a 1 milione, perché le statistiche non rilevano i disoccupati di lunga durata e coloro che il lavoro hanno rinunciato a cercarlo. Allo stesso tempo si facilitano i licenziamenti e il loro costo per le imprese. Vogliono licenziamenti facili e poco costosi, nonostante la nostra Costituzione vieti espressamente quelli senza giusta causa.
L'accordo prevede un rovesciamento completo dei diritti dei lavoratori...
Cercano di cancellare e distruggere i contratti collettivi di lavoro e sostituirli con quelli individuali. Stiamo assistendo a una vera e propria controrivoluzione, un sovvertimento dei nostri diritti e delle conquiste costituzionali.
Una svalutazione interna diretta a ridurre il costo del lavoro...
Una politica criminale, che ci condurrà alla recessione duratura. Il costo del lavoro in Portogallo è fra i più bassi (circa il 14%). Sperimentano un ricatto continuo per farci accettare ogni volta nuove e peggiori misure. L'economia sta cambiando radicalmente le sue caratteristiche: non si interessa più dei lavoratori e della prosperità dei cittadini. Il paese non sembra che dipendere dagli speculatori e dalle grandi potenze europee, come la Germania di Angela Merkel.
Sembra tornare per il Portogallo il ricatto che uscirà dall'euro o dall'Unione Europea se non accetterà la politica che propone la troika ...
L'Europa deve cambiare politica ed è necessario che il POrtogallo rinegozi il suo debito. Non possiamo sacrificare un'intera generazione sull'altare dei creditori. È indispensabile modificare il modo di finanziamento dell'Unione europea. La politica europea dove iniziare a creare posti di lavoro e deve creare sviluppo. Queste sono le condizioni fondamentali per affrontare la crisi del debito. Dobbiamo affrontare gli speculatori. Non dobbiamo pagare gli strozzini. Dobbiamo rifiutare di mettere nelle nostre costituzioni articoli che prevedono l'eliminazione dei disavanzi di bilancio, che puniscono lo sviluppo. La Cgtp chiede una proroga della riduzione dei deficit pubblico al 3% nel 2013 anche fino al 2020, per arginare la massiccia distruzione di posti di lavoro e la recessione.

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