Romina Velchi
Mi si nota di più se dico quello che non penso o se dico quello che penso e poi smentisco? L'amletico dubbio il Cavaliere non è ancora riuscito a scioglierlo e così ecco l'ennesima retromarcia. «Alcuni hanno cercato di forzare una mia cautissima risposta a una domanda sulla possibilità di una eventuale grande coalizione, altri mi hanno attribuito addirittura la fondazione di nuovi partiti.
Anche in questi casi la realtà è ben diversa da quella inventata dai giornali». Quanto alle parole su Angelino Alfano - al quale secondo il Cavaliere «manca un quid, manca una storia» (come riportato da pressocché tutti i quotidiani, anche da quelli a lui vicini) - si tratta di «presunte dichiarazioni» che «non rispondono assolutamente al mio sentire». Perciò, assicura l'ex presidente del Consiglio, «quando saremo chiamati a scegliere il nostro candidato premier, lo faremo sì attraverso lo strumento delle primarie, ma io ho già detto e ripetuto che sosterrò lui».
Peccato che le cose non siano così semplici (per Alfano), visto che tra lui e Palazzo Chigi c'è di mezzo nientemeno che la nascita della Terza Repubblica. Chi più chi meno, sono tutti ormai convinti che dopo la “parentesi” Monti, nulla sarà più come prima; di qui il gran parlare di nuove leggi elettorali, di grandi coalizioni, di riforme costituzionali: c'è da rifarsi il look in vista delle elezioni politiche del 2013. Già, ma per andare dove? Per fare che cosa? Eh, dipende. Il Pdl, per esempio, è alle prese con una grave crisi interna non solo economica, ma di identità: dal momento che è stato forgiato a immagine e somiglianza del Capo, non è in grado di reggere lo sconquasso della fine della Seconda Repubblica. Data per certa una sconfitta alle prossime amministrative (anche per effetto della fine dell'alleanza con la Lega), urge avviare subito la “rifondazione” del Pdl: ecco così spuntare nuovi nomi e nuovi inni. E non basta, perché si deve trovare un modo per limitare i danni anche nel 2013: e cosa c'è di meglio che una grande coalizione, nella quale tutti vincono e nessuno perde?
E' senz'altro questa una delle ragioni che hanno spinto Berlusconi a tirare il sasso (salvo poi nascondere la mano) di un'alleanza Pd-Pdl-Terzo Polo, ovviamente con Monti candidato premier (altro che Alfano...). Un'operazione ad alto rischio, per il Pdl, perché signficherebbe la rottura con la componente ex An del partito (che infatti tira il freno con il capogruppo al Senato Gasparri: «I governi tecnici o le grandi coalizioni si fanno solo in caso di emergenze economiche, come quella attuale, o di un risultato di pareggio scaturito dalle urne»). Ma anche tattica, perché mette in difficoltà lo stesso Monti (che d'ora in poi sarà costretto a difendersi dall'assalto) e il Pd.
Il presidente del Consiglio è consapevole di camminare su di un crinale strettissimo: una parola fuori posto e può saltare tutto. Per questo ieri da Bruxelles il professore ha fatto sapere che per lui il 2013 rappresenta «solo l'orizzonte temporale di vita del governo» e di non essere «interessato» a tutto ciò che accadrà dopo. «Sono intensamente concentrato - spiega Monti - su tutto ciò che avviene prima» delle elezioni e «su quel che avviene dopo solo nel senso che tantissime azioni che mettiamo in opera avranno effetti anche nel tempo. Non mi interesso a cosa singole persone potranno fare dopo di allora. Non è un tema che mi pongo». Molto probabilmente Monti il tema se lo pone eccome, ma la matassa è ancora tutta da sbrogliare.
Quanto al Pd, l'uscita di Berlusconi non è esattamente un favore, perché, sebbene ci sia chi nel partito di Bersani vedrebbe di buon occhio una riedizione del governo Monti (Veltroni, Letta, Fioroni, Franceschini) è ovvio che, messa così, è irricevibile. E oltre tutto, sembra fatta apposta per far esplodere le contraddizioni interne al Pd e dunque far saltare ogni progetto: che sia proprio questo l'obiettivo di Berlusconi?
Il quale è possibile non abbia ancora realmente deciso il da farsi, se è vero che, tra le altre cose dette a Bruxelles, il Cavaliere sulla legge elettorale si è espresso così: «Dipende da ciò che decide di fare Casini. Se viene con noi e facciamo qualcosa insieme nel nome del Ppe (come per esempio il nuovo partito “Tutti per l'Italia”), possiamo fare solo qualche modifica alla legge elettorale. Se invece Casini va da solo allora un sistema alla tedesca con un alto sbarramento per noi può andare bene». Torna in mente l'aforisma di De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione».