palermo

di Giusto Catania

Palermo non è Milano. E non assomiglia ad altre città di mare: né a Genova né a Cagliari e neppure a Napoli. Palermo è una città irredimibile, disse un giorno Leonardo Sciascia e per questo si beccò l'accusa di essere un pericoloso pessimista ma, negli ultimi anni, Palermo è addirittura peggiorata...

diventando il ventre molle delle peggiori pratiche trasformiste e consociative del Paese.

E così non c'è da stupirsi se nel capoluogo siciliano, alle primarie per scegliere il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra, vince il candidato più di destra, quello più ambiguo e gradito ai partiti estranei alla coalizione che, probabilmente, lo hanno aiutato a vincere.

Il risultato delle primarie palermitane evidenziano un notevole spostamento a destra della coalizione di centrosinistra che per due terzi della sua forza elettorale è rappresentato da coloro che sostengono l'alleanza privilegiata col presidente della Regione Raffaele Lombardo e con i partiti dei Terzo Polo.

Ed infatti la partita delle primarie lasciava trasparire una contesa più complessa, proiettata al 2013, verso le future alleanze in vista della elezioni politiche e regionali.

Nella lunga storia nazionale, le scelte della Sicilia sono state spesso "un laboratorio" per l'affermazione di processi politici che hanno scardinato l'ordinaria vita politica del Paese.

Questa possibile chiave di lettura del dato politico delle primarie palermitane lascia presagire un futuro ancora più plumbeo per la sinistra italiana.

I candidati alle primarie formalmente si giocavano la candidatura a sindaco della città mentre i loro supporters stavano tessendo la tela in vista del congresso del Partito democratico e per garantirsi rendite di posizione individuali in vista delle scadenze dell'anno prossimo.

Gli elementi di programma, gli argomenti per governare la città e per invertire la rotta dopo undici lunghi anni di inverno della destra, la ricerca di pratiche alternative al governo Cammarata sono rimasti estranei alla competizione che è stata caratterizzata da forme di personalismo prive di contenuti e da imbarazzanti pratiche clientelari.

Non è il deludente risultato che impone una riflessione critica sullo strumento delle primarie che, sempre più, stanno perdendo la loro originaria vocazione per divenire terreno di incursione di soggettività estranee alla coalizione. È la pura analisi fenomenica che dimostra come le primarie abbiano amplificato, anche nella coalizione di centrosinistra, elementi corruttivi, pratiche clientelari, logiche individualistiche, ricerca spasmodica del consenso privata di proposta politica e programmatica. Una degenerazione della politica che ha cancellato le tradizionali forme organizzate dei partiti per rigenerarsi in comitati elettorali capaci di spendere centinaia di migliaia di euro in pochi giorni.

Alle primarie palermitane sono stati spesi tanti soldi e qualche dubbio sui finanziatori occulti (o dichiarati) di cotanta propaganda è legittimo. È evidente che un pezzo del sistema di potere economico della città ha investito su Ferrandelli e Faraone che, probabilmente hanno offerto garanzie sui legittimi interessi che vengono avanzati dalle imprese locali sempre a caccia di agevolazioni e di varianti urbanistiche.

Peccato che un pezzo della sinistra palermitana non ha colto la portata della vicenda ed è rimasta affascinata dalle giravolte propagandistiche; dalla vecchia litania dell'homo novus; dalle scorribande anti-casta di chi è organico al sistema di potere; dalla smania esibizionistica di candidati che hanno lasciato prevalere il narcisismo e l'arrivismo, tralasciando la logica politica e magari dichiarandosi di sinistra.

Dentro questa morsa è stata stritolata la candidatura di Rita Borsellino, l'unica che aveva affermato l'incompatibilità con Raffaele Lombardo e con quei settori del terzo polo che, fino a qualche mese orsono, hanno governato la città con Cammarata. Inoltre Rita aveva garantito esplicitamente la tutela dei beni comuni e il carattere pubblico dei servizi escludendo qualsiasi privatizzazione. È evidente che ciò l'ha resa ancora meno attraente per il blocco di potere affaristico-mafioso che non smette mai di interessarsi di vicende politiche.

Ma Rita Borsellino ha perso anche perché non è riuscita a costruire, intorno a sé, quell'entusiasmo contagioso che aveva fatto esplodere nelle precedenti elezioni regionali ed europee.

La vittoria di Fabrizio Ferrandelli deve essere letta in modo articolato: ha mostrato la faccia da bravo ragazzo, giovane, combattivo e impegnato nel sociale; ha costruito una rete di associazioni ed enti supportati da finanziamenti pubblici e privati; ha organizzato una rete capillare di consenso sparpagliato nel territorio; ha animato piazze e ha generato entusiasmo con il suo eloquio fluido e diretto.

Ma tutto questo non sarebbe bastato per vincere se non avesse messo questo patrimonio al servizio di una grande operazione di trasformismo politico che lo ha indotto ad abbracciare la bandiera di quella parte del Partito Democratico che supporta Raffaele Lombardo e teorizza l'alleanza strategica con Casini e Fini.

E così, nel giro di poche ore, il candidato dei movimenti sociali e della società civile che aveva rotto con Leoluca Orlando, reo della sindrome di Crono, si è trasformato, con una spettacolare girandola trasformistica, nel candidato ufficiale della più potente macchina di consenso organizzata del centrosinistra palermitano composta da tre assessori regionali, una decina di parlamentari, una trentina di consiglieri comunali provinciali e circoscrizionali, il gruppo dirigente largo della Cgil, diversi rappresentanti ufficiali della corporazione dei "miopi professionisti dell'antimafia parolaia", quelli che predicano la legalità e non riescono a vedere i guai giudiziari e le pratiche politiche di Raffaele Lombardo.

Un vero capolavoro che probabilmente rimanda le sorti di Palermo al doppio turno, quando si sancirà la definitiva alleanza tra il Pd e il terzo Polo: tutto ciò pare un buon viatico in vista del 2013.

Palermo, 7 Marzo 2012

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