120309stefanoStefano Galieni

Maurizio Landini, iniziando il suo intervento dal palco nella magnifica giornata di sciopero e di mobilitazione della Fiom, ha voluto subito precisare:«Non ci interessa contarci! Che sia chi vede questa piazza piena a farlo, qui c’è oggi il paese migliore». Una giornata iniziata presto, con i pulmann che arrivavano nei parcheggi predisposte nelle periferie, i manifestanti che arrivavano in metro in una P.zza della Repubblica assolata e accogliente. Volantinando si ascoltavano i dialetti di tutto il Paese, si incontravano gli occhi e i volti di persone non rassegnate, che non si sentono isolate e che nella Fiom trovano quel luogo di democrazia che altrimenti è negato.

Quando, prima delle 10 il corteo è partito si è subito intuito che si trattava di una mobilitazione riuscita oltre le aspettative, in piazza non solo i metalmeccanici ma precari, studenti, lavoratori e lavoratrici di altre categorie, le forze politiche della sinistra (tantissime le bandiere della Federazione della Sinistra) e poi attivisti e simpatizzanti del movimento No Tav, quello per cui il Pd ha negato ai propri iscritti di partecipare al corteo. Una manifestazione pacifica e combattiva, il solo fatto che ne ha turbato il clima si era consumato prima della partenza, quando una squadraccia fascista ha aggredito e ferito 3 ragazzi che volantinavano davanti al proprio liceo per invitare a scendere in piazza con la Fiom. Imponente la presenza della FdS che dalle prime ore della giornata ha attrezzato due gazebo alla partenza e all’arrivo, per distribuire bandiere e per raccogliere le firme di una petizione in difesa dell’articolo 18 (www.federazionedellasinistra.com) e la cui presenza si notava sparsa per tutto l’enorme serpentone. Quando alle 11.15 il corteo aveva appena fatto ingresso a P.zza S.Giovanni la coda era ancora bloccata alla partenza e si attendeva l’ingresso dello spezzone studentesco partito dall’università. Ad aprire gli interventi dal palco il presidente della Comunità Montana di Val Susa Sandro Piano che ha immediatamente scaldato la folla rimproverando l’assenza del suo partito, del Pd e connettendo le ragioni del movimento No Tav a quelle che avevano portato in piazza la Fiom. Tante poi le voci di precari e di precarie, di studenti, di lavoratori e lavoratrici di altre aziende che stanno pagando la crisi e le scelte del governo vecchio come del nuovo. Vibrante l’appello del dirigente del sindacato metalmeccanico greco (Poem) Yannis Stefanopoulos, nitido e breve quello di un sindacalista di Pomigliano D’Arco che ha voluto ricordare la vicenda dei 3 lavoratori di Melfi che hanno avuto il coraggio di denunciare il comportamento della Fiat e a cui la magistratura ha dato ragione. Nelle conclusioni Landini è stato incisivo ed ha toccato numerosi aspetti della fase politica su cui era costruita l’ossatura della mobilitazione. Diritto al lavoro e alla democrazia a partire dai luoghi di lavoro, unità sindacale per non far divenire il sindacato un gendarme dell’imprenditore, modello di sviluppo alternativo ed ecologicamente compatibile, no alle grandi opere perché non sono foriere di modernità ma eludono uno dei problemi principali del Paese, l’assenza di un piano nazionale trasporti. Ne ha per tutti il segretario generale della Fiom, per chi ha scelto di non partecipare (ebbene si qui ci sono pericolosi metalmeccanici) per chi china il capo di fronte a Marchionne o al governo, per chi utilizza l’autoritarismo come modalità relazionale, per chi rifiuta la necessità di combattere la precarietà, chi non vuole una equa redistribuzione delle risorse, chi si oppone ad un reddito minimo di cittadinanza. Chiede alla politica di fare alla sua parte e afferma con orgoglio che per la Fiom non si torna a casa, non si accetta di essere tenuti fuori dalla fabbrica, si è pronti al referendum per abolire l’articolo 8, quello che permette di agire contrattualmente in deroga anche dalle leggi e chiede, in caso di mancato accordo nelle trattative che si apriranno lunedì di prepararsi anche allo sciopero generale, una proposta che si rivolge innanzitutto all’intera Cgil. Il convitato di pietra in piazza oggi era il Pd, tanta la delusione, la rabbia e il fastidio dei manifestanti al solo sentirne pronunciare il nome, segno di una rottura che rischia di pesare nei rapporti con l’intero mondo del lavoro. Oltre alla Fds, presenti anche IdV e SEL, tanto da far dichiarare al segretario del Prc Paolo Ferrero:«Bisogna sostituire la “foto di Vasto” con quella di Piazza S. Giovanni di oggi, perché questa piazza ha bisogno di una sinistra unita». Una proposta che dovrebbe far riflettere chi ancora crede possibile modificare la linea del Pd.

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