120426pisapiadi Giuliano Pisapia

Sessantasette anni fa, in questa piazza, Milano ha ritrovato la libertà.
Oggi, qui, noi vogliamo ritrovare la fiducia e la speranza per guardare insieme al futuro.
La rivolta, a Milano, era partita già un giorno prima: a Niguarda la liberazione era già arrivata il 24 di aprile.
Il comandante Sandro Pertini aveva proclamato lo sciopero generale e tutta la città, il 25 aprile, era pronta a rialzare la testa.
Gli operai nelle fabbriche, gli studenti e i professori nelle università, le donne e gli uomini in tutta la città.
Alle due di un pomeriggio piovoso, carico di angoscia e di attesa, le brigate partigiane sono entrate in piazza del Duomo.Milano e l’Italia, non aspettavano altro che liberare nostra città e il Paese intero.


È con commozione che, come sindaco di Milano - con la fascia tricolore che avete voluto darmi l’onore di portare - sono qui con voi a ricordare quel giorno e a rinnovare un impegno.
Ed è bello essere qui in tanti, di ogni generazione, a dire da che parte stiamo.
A dire che stiamo dalla parte della libertà, della Costituzione, dei diritti democratici che i Partigiani hanno conquistato con la loro lotta, e anche con la loro vita.
Siamo qui per dire che quella lotta non è terminata.
E che non vogliamo che i nostri figli dimentichino.
Non vogliamo che dicano - come è successo in un liceo di Roma, pochi giorni fa - che la nostra storia è «una favoletta».

La guerra di Liberazione è l’inizio di quello che noi siamo.
E’ l’origine della nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro, sull’uguaglianza, sulla solidarietà, sul ripudio della guerra.

Vedete, io non credo che più il tempo passa, più si allontani la necessità di commemorare, di ricordare, di festeggiare.
Credo invece che più il tempo passa, più noi abbiamo bisogno di ricordare.
Abbiamo il dovere di ricordare – ai giovani e ai meno giovani - gli anni bui della dittatura.
Dobbiamo ricordare i sacrifici di tanti per la libertà di tutti.
Dobbiamo rinforzare la memoria: per guardare avanti; non per ancorarci al passato.

Oggi siamo qui per dire che non scorderemo il passato.
Che onoreremo, come disse Piero Calamandrei, perché è il testamento che ci hanno lasciato 100 mila morti.
Oggi siamo qui anche per dire, con forza, che la Repubblica nata dalla Resistenza non può accettare - che noi non possiamo accettare - che il Mediterraneo sia la tomba di migliaia di donne e uomini, di bambine e bambini costretti a fuggire dalla fame, dalla miseria, dalla violenza, dalla guerra.
Che non possiamo accettare una società dove i ricchi siano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Vogliamo un Paese che abbia, come priorità, la giustizia sociale.
Vogliamo un Paese capaci di offrire solidarietà, coesione e di rispettare i diritti di tutti
Vogliamo un paese che non tradisca mai i princìpi e i valori che i combattenti per la libertà ci hanno donato.

Non siamo conservatori, se diciamo qui, forte, che il rispetto della Costituzione è la nostra strada maestra.
Abbiamo nostalgia del senso della comunità, della tutela dei diritti, di un’eguaglianza spesso dimenticata.
Abbiamo, oggi più che mai, nostalgia dell’onestà e della legalità.
Abbiamo nostalgia della buona politica.
Abbiamo fame di buona politica.

C’è un pericolo dal quale dobbiamo guardarci.
Si chiama qualunquismo.
È un pericolo che sfocia nell’antipolitica o nel populismo.
I partigiani ci hanno insegnato che bisogna lottare, non buttare le armi, chiudersi in casa e lasciar fare ad altri.
Gandhi ci ha insegnato che in democrazia nessun fatto della vita si sottrae alla politica.

L’anno scorso, in questa piazza, il 25 Aprile abbiamo sentito chiara la voglia di cambiamento.
La domanda di una Milano nuova, di una Milano rinnovata, di un’Italia nuova.
Oggi siamo qui, a dimostrare che il cambiamento è cominciato e sta a noi portarlo a termine.
E a dire che cambiare si può; che un mondo migliore è possibile.

Il 25 Aprile non può essere una corona di alloro e basta.
Non può essere solo lo sventolio di bandiere gloriose.
Ma deve essere il simbolo della nostra Liberazione quotidiana.

Perché, ne sono certo, ne sono convinto, facciamo Liberazione quando investiamo sulla cultura libera e plurale.
Facciamo liberazione quando ci battiamo per il diritto allo studio, quando difendiamo l’ambiente e il diritto alla casa.
Facciamo Liberazione quando non cediamo alla falsa retorica della paura del diverso e dello straniero.
Facciamo liberazione quando facciamo buona politica insieme alla gente.
Facciamo Liberazione quando pratichiamo la parità di genere, dentro e fuori dalle istituzioni.
Facciamo Liberazione quando ci impegniamo per il diritto al lavoro e all’eguaglianza.
Facciamo Liberazione anche quando costruiamo una memoria comune: una memoria che non dimentica chi stava dalla parte giusta.

Ecco perché diciamo con forza che le scelte nazionali di chi ci governa e chi sta in Parlamento non possono non tener conto di queste domande, di queste speranze.
E che devono essere scelte di giustizia, di sviluppo ed equità
che non scaricano il peso fiscale sui lavoratori
che non penalizzano chi ha già molto poco
che non fanno pagare quelli che hanno sempre pagato
che non rendano più facili i licenziamenti.

Cari Milanesi, cari Partigiani, cari Amici,
rimaniamo uniti in questa battaglia di cambiamento.
Facciamo in modo che il nostro impegno quotidiano per la libertà sia degno dei nostri Partigiani.

La Resistenza è stata l’azione di forze diverse che si sono riconosciute in uno slancio di libertà, nella voglia di ripartire verso un futuro più felice e più giusto per tutti.
Oggi è il tempo della nuova Liberazione, di una nuova rivoluzione morale.

Siamo tanti, diversi ma uniti, a volere una pagina nuova e bella per l’Italia.
Una pagina che si specchia nella Costituzione; nei suoi valori e che non dimentica il passato ma guarda al futuro.

Quella pagina, ne sono certo, la scriveremo assieme.
Ora e sempre Resistenza.

Milano 25 aprile 2012

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