di Stefano Lugli*
Svegliarsi nel cuore della notte a Finale Emilia da un terremoto di magnitudo 5.9 è un evento che ti sconvolge la vita, capace di rompere quell’equilibrio su cui progetti la tua vita e il futuro, anche politico, della tua comunità. Terrore e precarietà sono le prime sensazioni che tutti proviamo, accompagnate da quel vuoto che ti lascia negli occhi vedere i
l centro storico del tuo paese senza più monumenti, con il castello, la torre, il duomo, le case e i palazzi storici sbriciolati. Quello che rimane è un paese mutilato, senz’anima.
Nonostante la intensa portata del sisma la percezione di tutti è che i soccorsi siano stati tempestivi ed efficienti. In poche ore il paese è stato messo in sicurezza e le istituzioni e la protezione civile hanno garantito un tetto e un pasto a tutti. Come PRC ci siamo subito messi in contatto con le istituzioni segnalando la disponibilità ad intervenire dei compagni delle brigate di solidarietà attiva, ma fino ad ora non se ne è manifestata la necessità. È stato in ogni caso commovente sapere che centinaia di compagni da tutte le parte d'Italia sono pronti a partire in qualsiasi momento per sostenerci e fornire quel tipo di accoglienza popolare e calorosa che solo noi possiamo dare.
Affrontata l’emergenza il nostro pensiero come partito è subito andato ai lavoratori. Per primi a quelli che hanno perso la vita sotto un capannone o un forno da ceramica lavorando il sabato notte. La procura ha già messo sotto sequestro gli edifici industriali su cui ci sono state vittime, ma i tanti capannoni crollati fanno sorgere molte domande sui materiali edili utilizzati e le tecniche di costruzione impiegate.
Ma dramma nel dramma è quello che riguarda l’intero tessuto produttivo dell’area del sisma che non lascia indenne nessun settore economico. Il 70% delle imprese ha registrato danni diretti a impianti e capannoni costringendo alla chiusura delle attività, a cui si aggiungono i danni indiretti per settori produttivi basati prevalentemente sull’export con il rischio di perdere numerose commissioni. Ma seri danni interessano anche il ceramico e il biomedicale, per non parlare dell’agroalimentare. Secondo la stima della CGIL regionale sono complessivamente 13mila i lavoratori rimasti a casa per i danni subiti da fabbriche, strutture tecniche e negozi nelle province di Modena, Ferrara e Bologna: una situazione drammatica.
Proprio per questo come PRC abbiamo subito organizzato una cassa di resistenza per dare solidarietà attiva alle/ai lavoratrici/lavoratori le cui fabbriche sono state distrutte dal terremoto, nonché alle famiglie dei lavoratori rimasti uccisi dal crollo dei capannoni. Perché se le istituzioni e la protezione civile hanno gestito sapientemente l'emergenza, da domani se ne prospetta un'altra: quella economica.
Proprio per questo abbiamo chiesto al Governo di ritirare il vergognoso decreto legge di riforma della protezione civile che prevede siano le persone colpite dalle calamità naturali ad assumersi l’onere economico della ricostruzione, perché lo Stato non ha risorse. Ma da Roma non arrivano risposte, e i cittadini - giustamente - hanno contestato il premier sia a Sant’Agostino (FE) che a Finale Emilia (MO).
*segretario PRC Modena