di Corrado Oddi*
Ci sono tante ragioni che portano il popolo dell'acqua e dei beni comuni a manifestare domani pomeriggio a Roma. C'è il fatto che siamo ad un anno dalla scadenza referendaria e siamo di fronte alla situazione per cui quell'esito viene disatteso e contraddetto, in specifico per quanto riguarda i due referendum sull'acqua. C'è il contrasto alla nuova spinta alla privatizzazione dei servizi idrici e, più in generale, dei servizi pubblici locali che, lungi dall'essere fermata nonostante la volontà espressa dalla maggioranza assoluta dei cittadini del nostro Paese, trova oggi le sue punte di diamante nel progetto della grande megautility del Nord e nel disegno di Alemanno di arrivare alla definitiva privatizzazione di Acea. C'è la volontà dei soggetti che sono stati protagonisti in questi anni della battaglia per affermare che l'acqua è bene comune per eccellenza e che tutti i beni comuni vanno sottratti alle logiche di mercato di far sentire con forza che la nostra iniziativa non si è conclusa con la vittoria referendaria e che chi pensa che essa possa essere messa tra parentesi si sbaglia di grosso. C'è, ancora, la consapevolezza che le politiche recessive e neoliberiste del governo Monti incorporano come punto strategico la privatizzazione dei servizi pubblici e la riduzione del perimetro dell'intervento pubblico e che a ciò ci si deve opporre. C'è, infine, la stessa vicinanza alle popolazioni colpite nei giorni passati dal terremoto e l'idea che la solidarietà che ci lega loro sta insieme alla battaglia per la tutela del territorio e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ciò su cui vorrei però concentrare l'attenzione in queste righe è quello che si sta preparando rispetto all'esito del secondo quesito referendario, quello con cui la maggioranza assoluta dei cittadini italiani ha abrogato la cosiddetta "remunerazione del capitale investito", fissata nella misura del 7%, nelle tariffe del servizio idrico, cioè il riconoscimento che si potessero fare profitti garantiti sul servizio idrico. Ebbene, non solo in quest'anno tale voce è rimasta inalterata nelle bollette pagate dai cittadini, tant'è che il Forum italiano dei movimenti per l'acqua ha promosso la campagna di obbedienza civile di ricalcolo delle tariffe, ma ora l'Authority dell'energia e del gas si appresta a varare un nuovo sistema tariffario per il servizio idrico nel quale si ripropone, sotto mentite spoglie, proprio la remunerazione del capitale!
Infatti, l'Authority ha messo a punto la settimana scorsa un documento per svolgere la consultazione dei soggetti interessati, da chiudere entro il 22 giugno, per un nuovo sistema tariffario, basato sul riconoscimento dei costi di gestione del servizio, delle quote di ammortamento del capitale investito (e fin qua, nulla da obiettare, visto che queste sono le voci "classiche" di cui si compone la tariffa) e degli «oneri finanziari calcolati sulle immobilizzazioni».
Non ci vuole molto a capire che quest'ultima definizione non fa altro che dire, in modo impreciso e confuso, che si torna a riconoscere una percentuale di remunerazione sugli investimenti realizzati. Non si può ovviamente usare la precedente locuzione, impedita dall'abrogazione referendaria, ma la sostanza viene riproposta tale e quale, nel senso che gli oneri finanziari vengono impropriamente definiti e conteggiati come percentuale media nazionale e le immobilizzazioni corrispondono grosso modo agli investimenti effettuati, al di là del fatto che siano finanziati con capitali di debito o capitali propri. Se questo fosse l'esito della discussione e della decisione sul nuovo sistema tariffario, saremmo in presenza di un chiaro stravolgimento della volontà popolare, di una risposta al pronunciamento referendario dell'anno scorso che è l'equivalente di quanto si fece, sempre a fronte di un pronunciamento referendario, sostituendo al finanziamento pubblico ai partiti il rimborso elettorale. Faccio volutamente questo riferimento non solo perché assolutamente consono nel merito, ma anche perché il tentativo in corso investe direttamente la politica.
Non ci si può trincerare dietro la giustificazione che il compito di costruire il nuovo sistema tariffario è dell' Authority dell'energia e del gas, tantomeno si può continuare a discettare sul distacco tra cittadini e politica, favoleggiare di nuove alchimie elettorali e di alleanze per rispondere alla cosiddetta antipolitica, discutere sulla necessità di costruire un nuovo rapporto tra politica e società, basato sul coinvolgimento di associazioni, movimenti, competenze e, contemporaneamente, non fare sentire la propria voce su quest'ipotesi che costituirebbe un vulnus democratico gravissimo. Ci aspettiamo e lavoreremo perché le forze politiche, a partire da quelle che hanno sostenuto i referendum, dicano chiaramente che l'ipotesi avanzata dall'Authority è del tutto inaccettabile. Per quanto ci riguarda, la manifestazione del 2 giugno per l'acqua, i beni comuni e la democrazia si carica di un elemento aggiuntivo per affermare il rispetto dell'esito referendario e perché i beni comuni siano sottratti alle logiche di mercato e, a questo punto, non potrà che essere una tappa di una mobilitazione che continuerà anche dopo.
* Fp Cgil - Forum italiano movimenti per l'acqua
da Il Manifesto, Venerdì 1 Giugno 2012