la194

Intervista a Marilisa D'Amico di Antonietta Demurtas
La legge 194 per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza è salva. Il 20 giugno alla Corte costituzionale sono bastate un paio d'ore di camera di consiglio per dichiarare «manifestamente inammissibile» la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge 194 sollevata a gennaio dal giudice tutelare del tribunale dei minori di Spoleto.
LA CONSULTA NON ENTRA NEL MERITO.

«Ciò vuol dire che c'è stato un vizio processuale grave che ha impedito alla Corte di entrare nel merito della questione», ha commentato con Lettera43.it Marilisa D'Amico, costituzionalista e coordinatrice scientifica del corso di perfezionamento in pari opportunità e discriminazioni di genere all'Università degli Studi di Milano. «Ma è comunque preoccupante che un giudice tutelare sia riuscito a portare la questione davanti alla Corte».
Secondo il tribunale di Spoleto la Consulta avrebbe dovuto dichiarare incostituzionale l'articolo 4 che rappresenta il nocciolo della normativa, perchè stabilisce i casi in cui la donna può accedere all’interruzione di gravidanza. Se la decisione dei giudici fosse stata differente, l’intero impianto della legge 194 sarebbe stato, di fatto, rimesso in discussione. L'articolo, infatti, prevede che per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, «la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito può rivolgersi a un consultorio».
L'EMBRIONE E LA CORTE EUROPEA.

L'incidente di costituzionalità era stato sollevato partendo da un pronunciamento della Corte di giustizia europea in materia di brevettabilità dell'embrione che definisce l'embrione come «soggetto da tutelarsi in maniera assoluta».
Ma in quel caso, «il tribunale europeo parlava di un divieto alla industrializzazione, il giudice di Spoleto ha invece cercato di strumentalizzare quella sentenza per attaccare ancora una volta la legge194», osserva D'Amico.
Insomma dopo i medici obiettori, arrivano i giudici obiettori. «Purtroppo c'è un problema di fondo legato a un clima culturale ostile che vede il diritto del nascituro anteposto al diritto alla salute della donna», constata la costituzionalista.
LEGGE 194 TUTELA DUE DIRITTI.

Eppure la legge194 tutela entrambi, tanto che la stessa «Corte costituzionale ha già definito intoccabile il bilanciamento tra questi due diritti previsto dalla norma».
Ma allora perchè a distanza di 34 anni dall'approvazione di quella legge c'è ancora così tanta voglia di metterla in discussione? «Purtroppo c'è un tentativo continuo di ristabilire una disparità di genere attraverso il controllo del corpo della donna», dice D'Amico. «Quello che non si riesce ad accettare è che uno Stato laico debba rispettare la libertà di scelta della donna: spesso si ragiona come se fossimo in uno Stato etico. Ma non è così».
Dal 1978 a oggi i tentativi di mettere in discussione la legge 194 sono stati innumerevoli. Fortunatamente, sempre «la Corte costituzionale con la sentenza numero 35 del 1997 ha già detto che la legge è a contenuto costituzionale vincolato, cioè non può essere abrogata in via referendaria».
Ma laddove i tentativi espliciti continuano a fallire, ce n'è uno più subdolo che ogni giorno mina l'applicabilità di quella legge, «ed è la possibilità offerta al personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza», dice D'Amico. Un diritto garantito dall'articolo 9 della stessa 194. «È stato questo il modo più efficace per “svuotare“ la legge e impedire alle donne di abortire».
LEGGE 194 SOTTO ATTACCO.

Un articolo, quello sì, iper tutelato dal fronte dei contrari all'interruzione di gravidanza. Basta leggere i numeri che attestano la presenza di obiettori nelle strutture ospedaliere pubbliche per avere un'idea di quanto sia difficile per una donna chiedere l'interruzione di gravidanza.
Secondo i dati diffusi nel 2009 dal ministero della salute nel Lazio, per esempio, in 12 ospedali pubblici su 32 non si eseguono interruzioni volontarie di gravidanza. E più di 91 ginecologi su 100 sono obiettori di coscienza. In media, in Italia, è obiettore di coscienza il 70,7% dei professionisti ginecologi.
«Colpisce come invece», sottolinea D'Amico, «resti del tutto inapplicato l'articolo 15 della stessa legge», che dovrebbe promuovere l’aggiornamento del personale sanitario sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza.
COSA SUCCEDE NEGLI ALTRI PAESI.

«Invece per anni i governi di destra hanno limitato le informazioni e tagliato i fondi per la completa applicabilità della 194». Un clima culturale ostile che continua a rigenerarsi e non solo in Italia: in Turchia il presidente Recep Tayyip Erdogan da tempo chiede una legge che vieti l'aborto anche dopo uno stupro. In Ucraina, in Spagna e negli Stati Uniti crescono le adesioni ai movimenti pro-life.
IMPUGNATA LA DELIBERA DELLA PUGLIA.

«Nel 2010 per esempio è stata impugnata la delibera della regione Puglia che imponeva l'assunzione di medici non obiettori per riequilibrare la presenza di obiettori negli ospedali», ricorda D'Amico.
Per ora la giurisprudenza «è sempre riuscita a difendere la legge e a tamponare i tentativi di speronamento ma», avverte la costituzionalista, «se questo clima culturale continuerà a persistere, tutto potrebbe cambiare». Per questo l'attenzione mediatica che c'è stata in questi giorni intorno al tema, diventando anche un trending topic su Twitter con l'hashtag #save194 «non deve scemare, perché purtroppo la 194 è ancora messa in discussione».
da lettera43.it

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