ROMA - Strizza l'occhio agli anni Settanta, ma in realtà lo slogan scelto per l'edizione 2012 del Gay Pride romano punta dritto al futuro: «Vogliamo tutto», dove il tutto il questione a ben pensarci non è neanche tanto visto che riguarda la possibilità di vivere con il proprio partner, di assisterlo quando è malato e condividere assieme ogni momento, come una qualsiasi coppia sposata. «Non ci accontentiamo di Pacs e unioni civili, puntiamo al matrimonio e i partiti devono saperlo se vogliono i nostri voti» spiega Antonio Berardicurti, del circolo Mario Mieli, tra gli organizzatori della manifestazione insieme ad Arcigay, Gay center e una trentina di altre associazioni. Un messaggio chiaro anche per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che nei giorni ha finalmente trovato il coraggio di dire che forse è arrivata l'ora che anche in Italia si faccia una legge sulle unioni civili. Un passo in avanti giudicato però adesso troppo poco dalla comunità lgbt, che vuole di più.
C'è voglia di cambiamento e soprattutto di aria nuova tra le migliaia di persone («Siamo 150mila» annunciano a un certo punto gli organizzatori) che ieri hanno dato vita al Gay Pride della Capitale. Evento che l'organizzazione Militia Christi ha tentato inutilmente di guastare affiggendo lungo il percorso manifesti contro il Pride con l'immagine di papa Giovanni Paolo II, e subito rimossi prima della partenza del corteo che da Piazza della Repubblica ha sfilato fino alla Bocca della Verità. «Orlando e Bruno, 47 anni d'amore senza diritti», dice il cartello che l'Orlando e il Bruno in questione mostrano abbracciandosi. A piazza Esedra va in scena anche una lezione per Antonio Cassano e per le sue frasi poco felici contro gli omosessuali. Due ragazzi con indosso la maglia azzurra della nazionale si baciano tenendo in mano un pallone. «E' contro le dichiarazioni fatte in particolare da Cassano - spiega Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center -. Invitiamo i calciatori della nazionale che sappiamo essere omosessuali, a fare coming out. Sarebbe utile per loro, ma anche per i tanti giovani che subiscono bullismo e discriminazioni».
Come ogni Pride che si rispetti, anche questo mostra tutto il suo armamentario d'obbligo: gigantesche drag queen, costumi coloratissimi, abiti in pelle che fanno sudare al solo guardarli. E musica: i Queen di «I want it all», prima di tutto, e poi Madonna, Lady Gaga, Raffaella Carrà. Nota stonata: un cartello contro Israele, subito condannato dagli organizzatori.
Sfilano i giovani di Sel e dell'IdV, ma sono gli unici. Niente Pd, figuriamoci gli altri. E dire che di motivi per essere presenti ce ne sarebbero a bizzeffe. Oltre ai diritti civili, le numerose aggressioni nei confronti delle persone omossessuali. E Roma, in questo, purtroppo fa scuola, con ben quattro violenze nell'arco di pochi giorni. Eppure la legge contro l'omofobia è ferma da anni in parlamento, anche per paura di dispiacere l'elettorato cattolico. Lo sa bene Paola Concia, deputata del Pd e omosessuale. «Sto facendo una battaglia nel mio partito affinché si faccia promotore del cambiamento», spiega. «Lo slogan 'Vogliamo tutto' non poteva che essere questo: non avendo niente, vogliamo tutto. In vent'anni in Italia non si è fatto niente e ora, tutto d'un tratto ci si deve adeguare alla civiltà». Poi, la deputata affida a un tweet l'affondo: «Ma Bersani e Renzi un giorno verranno anche loro al pride? Un tuffo nella vita».
da Il Manifesto, Domenica 24 Giugno 2012