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di Fabio Marcelli

Penso non vada affatto sottovalutata la portata dell’irruzione, avvenuta lo scorso giovedì, nella piazza dove stancamente si esibivano i soliti leader sindacali, di centinaia di operai dell’Ilva e cittadini di Taranto organizzati nel Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti, che hanno costretto i “bonzi” a interrompere precipitosamente il comizio rifugiandosi da qualche parte sotto la custodia delle forze dell’ordine, in uno slancio di apprensione e paura forse eccessive.

Questa irruzione, pacifica ma determinata potrebbe avere  il merito di far saltare il tavolo dove una serie di loschi personaggi si accingevano a giocare, in nome di ruoli di rappresentanza del tutto fittizi, una partita che avrebbe con ogni probabilità visto perdenti sia i lavoratori dell’Ilva che la città di Taranto.

La contrapposizione fra gli uni e l’altra che si è voluto montare artatamente nella stampa vede infatti come beneficiari da un lato la proprietà Riva, da lungo tempo inadempiente in Italia e in particolare a Taranto dal punto di vista della sicurezza e della tutela ambientale, e dall’altro sedicenti rappresentanti dei lavoratori sub specie di burocrazie sindacali da tempo asservite ai diktat dell’azienda e quindi complici del massiccio e criminale inquinamento della città.

La doverosa e meritevole azione della magistratura ha reso impossibile la continuazione di questo crimine. L’azienda, con il sostegno dei sindacati ad essa asserviti, ha quindi tentato di mobilitare le maestranze, comprensibilmente preoccupate per il loro futuro occupazionale, contro la magistratura e quindi in ultima analisi contro la città, per il diritto di continuare ad inquinare in nome del profitto.

L’intervento delle forze sindacali, alcune delle quali compromesse da tempo con la gestione anzidetta, non garantiva affatto che tale operazione sarebbe stata pienamente respinta, ma rischiava anzi di offrire sponde pericolose agli inquinatori.

Tanto più che i ministri dell’Ambiente, dalla scandalosa Prestigiacomo al flebile Clini, non si sono certo distinti per cercare soluzioni praticabili che salvaguardassero al tempo stesso l’ambiente e il lavoro. Da ultimo il governo Monti, come sempre sollecito a soddisfare tutti i desideri di padroni e speculatori, ha concesso 336 milioni di euro pronta cassa agli inquinatori senza che questi ultimi abbiano assunto alcun serio impegno in materia di risanamento.

Salvaguardare ambiente e lavoro, invece, potrà essere possibile solo con una forte mobilitazione contro di essi. Per dirla con Giorgio Cremaschi sul Manifesto di venerdì 3 agosto: “bisogna garantire lavoro e salario agli operai dell’Ilva e procedere subito al risanamento ambientale. Questo significa che Riva ci deve mettere tutti i soldi che ha. Che sono tanti visto che in un solo anno di profitti si è ripagato il piccolo costo di aver ricevuto l’azienda dallo stato e visto che recentemente ha trovato anche danaro da spendere in Alitalia. Riva deve pagare tutto“.

Altrimenti, come ricorda lo stesso Cremaschi e come aveva già accennato il sottoscritto, c’è l’espropriazione prevista dall’art. 43  della Costituzione. Ne abbiamo abbastanza di padroni parassiti che fanno soldi a spesa dei beni e del bene pubblico, sorretti da sindacalisti servi e corrotti!

Per tutti questi motivi è stato importante che a Taranto scendessero in campo cittadini e lavoratori, liberi e pensanti, due qualità che questo governo e le indecenti caste, politiche, sindacali e burocratiche, che lo sorreggono, vorrebbero ben cancellare in tutti gli abitanti di questo Paese (e per molti ci sono già riusciti), trasformandoli in un ammasso informe di servi decerebrati. 

Un’invasione di campo di questo tipo è, sicuramente, necessaria in tutta la politica italiana, di fronte alla deprimente competizione che si annuncia fra lo scolorito e spennacchiato Pollo della speranza capeggiato dal logorroico Vendola e dal pragmatico (fin troppo) Bersani, una coppia strana fino a un certo punto, cui rischia di sommarsi Casini, da un lato, e qualche burattino di Berlusconi o lui stesso dall’altro. Tertium non datur? Ci deve essere un’alternativa, a partire dal basso, per saldarsi con le componenti politiche (IdV, FdS, pezzi importanti di SeL e Pd) e sindacali (Fiom, Usb, Cobas, pezzi importanti della Cgil) che ambiscono a rappresentare i cittadini e i lavoratori liberi e pensanti di questo Paese per un futuro diverso e migliore di questo squallido presente. Conforta che figure autorevoli, come Luigi Nieri, dirigente e consigliere regionale di SeL, rifiutino l’ingrato ruolo di ruota di scorta dei poteri forti. Forse c’è ancora una possibilità per l’alternativa nel nostro Paese….

 

da Il Fatto Quotidiano

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