di Andrea D'Antrassi

“Pagare per andare in televisione per il Movimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito” con queste parole il comico genovese ha bollato la vicenda dei due consiglieri regionali del Piemonte e dell’Emilia Romagna Davide Bonio e Giovanni Favia “colpevoli” di aver comprato con fondi pubblici spazi informativi sulle emittenti locali.

Grillo, si badi bene, è indignato più per il fatto che due dei suoi consiglieri abbiano deciso di andare in televisione che non per l’utilizzo (sicuramente deontologicamente non corretto) dei soldi pubblici.

Il partito, che ha da poco vinto le comunali a Parma, ha, infatti, reso un segno di distinzione l’avversione per il mezzo televisivo. Per Grillo quello che viene dalla rete rappresenta una legge ed un verbo incontestabile quello che viene dalla tv è quasi sempre fuffa e prodotto di una comunicazione e di un comunicatore fallace.

Ma cosa sarebbe oggi Grillo se negli anni ’80 non fosse diventato una stella televisiva, nota e riconoscibile? Che cosa sarebbe oggi il guru del M5S se non avesse incontrato sulla sua strada Enzo Trapani, Pippo Baudo e persino il Telegatto?

Come si sarebbe sviluppata la sua carriera se non avesse partecipato a quel fantastico dell’86 in cui attaccò Craxi ed il partito socialista, e che gli procurò l’ostracismo della Rai, ma anche tanta solidarietà ed empatia dal popolo italiano?

L’anatema di Grillo contro la tv appare naif e ingiustificato. Si pensa davvero che Italia –regina del digital divide- si possano vincere le elezioni senza un uso sapiente del “tubo catodico”? Può la comunicazione in rete raggiungere tutto e tutti (soprattutto gli anziani –maggioranza nel paese - che trovano difficoltà pure ad usare il digitale terrestre) e sostituire gli altri “classici” mezzi d’informazione?

Come diceva qualcuno: a pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca. Forse Grillo teme che qualcuno dei suoi, sfuggito ai controlli che la dottrina M5S impone, possa costruirsi in televisione una leadership alternativa alla sua? Non è che con il divieto delle comparsate televisive si finisce per recare un danno al nuovo partito lanciato verso le politiche del 2013?

Se negli anni ’90 Silvio Berlusconi era il satrapo di quasi tutti i canali televisivi, oggi Grillo appare il monopolista delle idee in rete: guai ad andare in Tv o si rischia di essere scomunicati. Forse per concorrenza sleale. Sembra una strana legge del contrappasso, prima un’overdose di veline ora un’overdose di post e di blog, targati Beppe.

In democrazia ognuno è libero di apparire come e quando vuole. Per provare almeno una volta il gusto di essere censurati, strumentalizzati, derisi, criticati, o esaltati. Dire ad un politico di non usare la tv non è solo antidemocratico è anche innaturale: sarebbe come dire ad un medico di non prescrivere antibiotici, oppure ad un architetto di non usare Autocad e ad un grafico Photoshop.

A questo punto il M5S è abbastanza grande (anche nei sondaggi) per essersi meritato un’ora di Tv alla settimana. A meno che il Capo acconsenta.

Sarebbe un modo per metterci la faccia, non solo su internet.

 

da Agora Vox

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