di Micaela Bongi
Eccesso di zelo montiano o smania di protagonismo, chissà. La gaffe di Enrico Letta - che in un'intervista a ilsussidiario.net dà per fatto l'accordo sulla legge elettorale - ricorda quella del «pizzino» inviato dal vicesegretario Pd a Monti nel giorno della fiducia alla camera e pizzicato dai fotografi («Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno...»). Ma più che tornare utile alla causa del porcellum bis, semmai la sortita intempestiva di Letta junior, che annuncia anche l'imminente comunicazione dei termini dell'intesa, suscita imbarazzi e nervosismi tra compagni di partito e soci di maggioranza. Segue inevitabile precisazione: «Ho detto che la settimana prossima è quella cruciale per la legge elettorale. L'accordo è ormai a portata di mano. E' l'ultima chance. Va colta a tutti i costi».
In effetti che l'accordo sia a portata di mano viene confermato da più parti. Sul piatto vengono ancora messi distinguo (l'Udc insiste sulle preferenze, Rosy Bindi sul premio alla coalizione e sulle alleanze prima del voto) ma non è questo che preoccupa gli sherpa che sono al lavoro sul testo: convinti che l'accordo politico sarà chiuso, ma che in parlamento bisognerà faticare per portarlo a casa. Perché soprattutto nel Pdl l'agitazione - ma del resto non è una novità - è massima. Il capogruppo al senato Maurizio Gasparri si fa portavoce dell'ansia degli ex nazional-alleati, che insistono sulle preferenze: «Enrico Letta fa annunci in materia di legge elettorale basati sul nulla. Il Pd abbia coraggio e dia ai cittadini una vera possibilità di scelta rinunciando alla truffa dei collegi», tuona.
Del resto non contribuisce alla serenità di un pezzo del Pdl in via di rottamazione la serie di dichiarazioni e scritti in favore di una riproposizione delle larghe intese. Quella che sarebbe favorita da una legge finto proporzionale con uno sconsiderato premio di maggioranza al partito che arriva primo. E a non voler escludere la grande colazione bis, sul Foglio di ieri - dove Sandro Bondi invoca senza mezze misure un Monti ancora sostenuto da Berlusconi, Bersani e Casini - è anche Gaetano Quagliariello, vice di Gasparri a palazzo Madama. E proprio Gasparri (e con lui Ignazio la Russa e Giorgia Meloni) si infuria: «Troppi nel Pdl in ginocchio davanti ai nostri avversari implorano una grande coalizione, che non ci sarà in nessun caso. Berlusconi e Alfano ribadiscano la linea alternativa del Pdl». Si capisce dunque che Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla camera, sostenga che «preannunci intempestivi» come quello di Letta «rischiano solo di complicare le cose, tenendo conto che è evidente che sulle varie ipotesi in campo dovrà esercitarsi la riflessione delle forze politiche e parlamentari».
Ma a «complicare le cose» nel Pdl ci si mettono anche le voci - riferite tra gli altri da Giuliano Ferrara - di un Silvio Berlusconi ormai deciso a tentare la strada del voto anticipato anche a novembre. La necessità di ridisegnare i collegi, anche con una approvazione in tempi record della riforma elettorale rende altamente improbabile questa opzione. E nel Pdl si fa ancora molta fatica a decifrare le intenzioni del Cavaliere.
Ma tanti segnali vanno nella direzione di un nuovo Abc. Per questo anche al Nazareno si cerca di tirare un po' il freno. Non solo perché Pierluigi Bersani si gioca la possibilità di varcare il portone di palazzo Chigi da presidente del consiglio. Ma perché tanto parlare fuori dai denti di una riedizione della strana maggioranza crea un comprensibile imbarazzo, visto che Bersani ha ripetuto per giorni e giorni che «la sera del voto si deve sapere chi governa». E per questo ha a lungo insistito sul premio di maggioranza alla coalizione.
In base alla quasi-intesa il premio andrà invece al primo partito, e dovrebbe attestarsi al 12,2 per cento, pari a 77 deputati (dal computo bisogna tenere fuori i 12 eletti all'estero e quello della Val d'Aosta). E a questi si sommano anche i seggi, distribuiti tra i partiti maggiori, delle liste che non superano il 5 per cento. Commenta il leader dell'Idv Antonio Di Pietro: «Sembra che si stia apparecchiando proprio una superporcata, una legge fatta apposta per evitare che dalle urne esca un risultato chiaro». E per il segretario del Prc Paolo Ferrero «con questa legge elettorale possiamo anche non andare alle elezioni. Serve unicamente a santificare il governo Monti».
da il manifesto