di Lidia Santilli

Dall’inizio del 2012 ad oggi sono più di ottanta le donne uccise in Italia dai loro compagni. Una ogni tre giorni. Un’enormità. Ottanta donne senza nome e senza volto. Fino a qualche anno fa le cifre non circolavano, della strage delle donne nessuno sapeva, almeno non nei termini della vastità del fenomeno, una strage appunto. Adesso invece dossier e percentuali circolano in rete, sono pubblicati sui libri, e iniziano a bucare perfino il muro del silenzio dell’informazione. Che ne uccide e ne mutila più la violenza maschile che l’infarto o il cancro o gli incidenti stradali lo dicono i dati ufficiali. Che la violenza maschile contro le donne è trasversale alle classi sociali ed è globale, idem. Che il carnefice non è lo sconosciuto ma quasi sempre ha le chiavi di casa, è diventato anche questo un dato certo.

Insomma il set in cui si consuma la violenza di un genere sull’altro genere è nota. Ma chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire? Dobbiamo essere onesti fino in fondo nel rispondere a questa domanda: oltre le vittime, cioè le donne, che singolarmente e collettivamente hanno continuato a tuonare in questi anni per porre la questione nei luoghi pubblici in cui hanno provato a porla, e oltre l’attenzione di qualche rarissima sensibilità maschile sopraggiunta, c’è il niente. Proprio così, perché le voci maschili, che sarebbero quelle che dovrebbero levarsi a gran voce, purtroppo sono aghi nel pagliaio, e l’omertà assolvente che autorizza ancora gli uomini a ridurre il corpo femminile a cosa, per disporne con le buone o con le cattive, resta il materiale roccioso ancora troppo duro da scalfire. E infatti la mattanza non si arresta.

E la politica che cosa vede e che cosa sente di fronte a questo scenario macabro?

La politica non vede e non sente nulla, né quella di destra né quella di sinistra. E se pure ha azzardato a dire qualche cosa è stato quasi sempre per strumentalizzare le donne uccise o violentate fomentando il razzismo e dando man forte alle ragioni securitarie più bieche. La politica al meglio balbetta e continua a non fare nulla, affaccendata in altre faccende, quelle di serie A. Economia, politica interna, crisi, governo sì governo no, primarie sì primarie no.

Anche la politica di sinistra. Anche la politica della sinistra che vuole rinascere e rinnovarsi e provare ad essere diversa. Basta seguire il dibattito in corso in queste settimane per averne la prova. Perfino le esperienza che stanno provando a dare vita a un movimento civile che metta mano alla crisi verticale della politica prendendo le distanze dai partiti che di questa crisi sono intrisi, ebbene anche queste esperienze sono capaci di balbettare giusto qualche frase d’obbligo, catapultando ancora una volta le donne a margine, come fossero voci fuori campo, soggetti insignificanti per l’economia del discorso che resta comunque un discorso tra uomini. Si proclama a gran voce l’urgenza del cambiamento di rotta e di tutto e di più, ma si rimuove la centralità del conflitto tra i sessi .

Come si può rimuovere un conflitto talmente potente da provocare morti sul campo come nessuna altra guerra è capace di provocare? Come si può pensare di cambiare la politica e il mondo senza cambiare l’ordine del discorso patriarcale?

Come è possibile che la politica (maschile), vecchia e nuova, sia così ostinatamente latitante e blindata?

Sono le domande delle donne. Ancora una volta sono le nostre domande. Gli uomini non se le pongono perché non sono disposti a mettersi in discussione. Quando alcune sensibilità politiche maschili escono allo scoperto, che cosa fanno? Si limitano a dichiarare quanto sia scandaloso il fenomeno, senza sentirsene compromessi in quanto uomini, senza smascherare le radici di una genealogia maschile che li riguarda.

Non siamo tutti così, pensano. Giusto. E’ vero. Ma proprio voi che non siete così perché non agite? Perché non vi impegnate per sensibilizzare il mondo maschile, per una rivoluzione culturale a 360 gradi? Non vi battete perché soprattutto nei luoghi della politica il tema del conflitto tra i sessi sia considerato centrale?

Ps: Una firma maschile apposta su un appello o una dichiarazione di un leader politico il 25 novembre non costa nulla e non sposta nulla.

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