Cambiare la lombardia unire la sinistra

Congresso Regionale Lombardia: Milano 17 giugno 2012

Introduzione Ugo Boghetta

Oggi si vota in Grecia. Non sappiamo come andrà ma Syriza ed i greci giocano una partita importantissima per il  proprio futuro e  l’Europa tutta.

La Grecia è  l’ emblema della crisi  non solo dell'Europa, ma del capitalismo. Il che non vuol dire necessariamente un crollo imminente.

Questa assoluta predominanza della finanza mina il capitale stesso. Il passaggio dal D M D di Marx  è ormai transitato a Denaro a mezzo di Denaro. Cosa non nuova in se, ma nel neoliberismo questa è la formula predominante per fare profitto, alimentare la produzione ma anche commercio e consumo.

Non c'è uscita dalla crisi. L'instabilità continua  è il terreno della finanza.

Gli stessi tentativi, quello espansionista Usa o restrittivo europeo, non fanno circolare la liquidità necessaria: nessuno si fida a prestare. Così i soldi foraggiati dagli Stati rimangono in gran parte nelle banche.
Anche lo Stato prestatore di ultima istanza, senza il quale il sistema non reggerebbe, non è in grado dunque di provocare un'uscita in avanti. Così abbiamo sovrapproduzione e recessione.

L'Europa nata iper-liberista è ora il centro della crisi  ed è sempre sul punto di saltare.

Il pensiero unico produce un unico pensiero e questo non consente altre soluzioni ma un avvitamento senza fine.

La crisi del capitale è l’analisi del congresso. La crisi cambia: cambia il sociale, le opinioni, la politica.
Questo è il quadro in cui muoversi.
Una situazione di movimento appunto e di viscerale lotta di classe del capitale.

Come dimostra la macelleria poliziesca contro i lavoratori a Basiano. Siamo ora tutti impegnati a mettere sotto processo Il Gigante, catena per cui  lavoravano indirettamente  i lavoratori, per farli riassumere e a condizioni più dignitose.

Ma a proposito di violenza non possiamo tacere del femminicidio: l’altro ieri un’altra donna è stata uccisa.

Questo quadro di movimento è stato definito nell'ultimo cpn dal segretario come fase Lenin. Concetto a cui dovrebbe corrispondere un approccio Lenin;  vale a dire  la capacità di un'azione coordinata sui punti nodali che si determinano di volta in volta.

Qui sta uno dei salti di qualità da fare.

Gli altri riguardano il programma, il polo della sinistra, le campagne di massa, la critica della politica e dell’economia politica.

Temi su cui il regionale ha tentato di far cimentare il partito lombardo.

Ma Se oggi Syriza dovesse vincere o ottiene un grande risultato,
posso proporre una campagna di massa per ri-dire che stiamo andando verso la Grecia  e che SYRIZA, nostro partito fratello nella SE, è il solo che ha le idee chiare per cambiare: contro il memorandum, restituendo la sovranità di decidere senza ricatti, cambiando l'Europa?

E che se anche noi non vogliamo arrivare al punto drammatico della Grecia, Monti se ne deve andare: subito.
E che dovrebbero dare più fiducia alla sinistra ed ai comunisti e non ai tanti ciarlatani che vendono fumo!

E che per una settimana dismettiamo il nostro tran tran.


Oppure ci eccitiamo solo quando andiamo male?


Accanto alla crisi capitalista e liberista, nell'ultima direzione, il segretario ha parlato di crisi organica del nostro paese. Ognuno lo vede. Oltre alla crisi economica e sociale, c'è una crisi etica e morale enorme.
Le ultime amministrative hanno poi squadernato largamente la crisi politica.
Crisi già in atto da tempo che ha portato alla caduta di Berlusconi prima, alla nascita del governo Monti ed al suo imballamento dopo pochi mesi. Imballamento avvenuto, per altro, senza quasi opposizione.

Avevamo ragione noi quando abbiamo detto che erano meglio le elezioni anticipate. O no?

Le classi dirigenti di questo paese non sono in grado di governare.

Né la lumen-borghesia del centro destra, Né la borghesia europeizzante dei professori.

Nulla dunque  è e sarà come prima. La crisi cambia. Già si parla di 3° repubblica.

Questo mi fa dire che  una cosa è l’opposizione al governo Monti, una cosa è la costruzione delle condizioni di una uscita a sinistra della crisi, di un alternativa di modello sociale, economico e democratico. Sono necessarie tutte e due: insieme.

Per questo sono particolarmente d’accordo, e da tempo mi sono battuto, affinché noi dicessimo la fantomatica parola: governo.
Perché l'alternativa, l'uscita a sinistra dalla crisi non può che essere una proposta di governo.
Governo dell'alternativa. Governo popolare. Questa è la sfida.
Un governo popolare al posto delle inette classi dirigenti.

Qui sta il nodo del polo di sinistra poiché senza una massa critica sufficiente il pensiero critico ed l’alternativa sono, e rimangono, minoritari e non cresce un movimento di massa duraturo, coordinato ed efficace.

Era questa l'idea originaria della fds. Un’idea simile ha mosso confusamente ALBA, e non a caso abbiamo interloquito con quel percorso. Più complesso, per la natura del soggetto, è  stato l'importante iniziativa della Fiom.
Ma questo è lo snodo.

La costruzione del Polo è quella strategica. Altre opzioni   che circolano anche al nostro interno, moderate ed alleantiste, governiste o estremiste,  sono sbagliate perché prive di una base strategica adeguata all’analisi di fase.

Su questo è ha rischio la stessa FdS.

Se c’è un'altra analisi la si esponga e non si votino dei documenti, della FdS e del PRC, per poi smentirli il giorno.
C’è un trasformismo che non va bene e non fa bene.

Se poi ci sono difficoltà a costruire il Polo, questo non dipende solo da noi, e non si costruisce come atto volontaristico. Devono accadere fatti rilevanti.

Ma anche qui la scommessa è: la Crisi che cambia.

Qualcuno altro, sempre alla ricerca di scorciatoie, pensa che dovremmo fare come Grillo.

È  vero che noi camminiamo sul crinale della critica della politica e dei partiti poiché siamo percepiti come interni al sistema dei partiti stessi senza esserlo, o essendolo solo in parte nelle amministrazioni locali. È vero che c'è un’opinione molto vasta e che, a ragione, pensa che: “se ne devono andare tutti”.

Questa contraddizione tuttavia attraversa le masse popolari.
C’è l’ astensionismo, il voto di protesta ( di volta in volta: Lega, Di Pietro, ora Grillo), c'è anche il voto a sinistra e al centro sinistra ma per il cambiamento.

Chi pensa alle scorciatoie dimentica, cosa grave per dei comunisti,  la sconfitta storica, culturale ideologica del movimento operaio. Tanto più grave in Italia perché in larga parte avvenuta dall'interno del movimento stesso: dallo scioglimento del PCI all’anticomunismo della scissione Vendola.

Non a caso l’egemonia gramsciana in questi decenni è stata delle varie destre.

Il classismo come lettura dei rapporti sociali e di classe  è minoranza quando non minoritario. E lo sarà finché non avremo raggiunto una soglia minima sufficiente per far girare il vento.

L’altro errore grave si ha quando non si comprende che il sociale, il politico, ed ancor più l’elettorale, non stanno in un rapporto automatico. Questo avviene solo nei momenti rivoluzionari.

E questo spiega, in parte, perché il nostro ammirevole lavoro sociale non sfocia in un consenso proporzionale allo sforzo.

Se tanto mi da tanto dobbiamo, magari a partire dai risultati di Syriza, è necessario organizzare una campagna contro il fiscal-compact, i patti di stabilità che strangolano l’economia, e quindi i bilanci pubblici, nazionali e locali.
Una campagna che ponga la questione della sovranità nazionale.

È infatti inutile parlare di riassetto del parlamento, della politica, dei partiti, della democrazia, se poi si toglie loro il motivo per cui esistono. l memorandum,la globalizzazione finanziaria  rompono il nesso fra decisioni macroeconomiche e democrazia rappresentativa. Questo è il punto.


Accanto a questo vedo la ripresa, ma meglio finalizzata, della campagna sulla patrimoniale, non solo contro l'imu: la patrimoniale dei ricchi contro la patrimoniale sui poveri.
Certo l'IMU ma c'è una questione che evitiamo di affrontare per paura di dar ragione al nemico.
Gli interessi del debito pubblico ci costano 80 mld l'anno, il doppio dei tagli del fiscal compact. E che anche attraverso gli interessi è avvenuto una redistribuzione verso l'alto e la finanza.

Ma ovviamente questo  non basta.

Se siamo in crisi organica o quasi, è all'Italia che dobbiamo parlare affrontando i nodi centrali del paese, attuali e storici, che hanno effetti negativi sulle classi popolari, sui cittadini e che portano il paese al declino economico, sociale, morale, democratico, ambientale.

Brevemente i nodi.

Primo il lavoro. La sua dignità, i suoi diritti.

Lavoro e piena  e buona occupazione possibile solo in un diverso modello di sviluppo.
La piena e buona occupazione come criterio per le politiche economiche, di bilancio, e sindacali.

Salario e pensioni. Anch’essi fondamenti di un modello basato sulla qualità economica e sociale.
Il 10/12 % del pil è passato ai ricchi.
Dobbiamo darci un obbiettivo storico: riprendercelo.
E fare come i padroni sull'articolo 18. Oggi non si riesce a toglierlo. Ci riproviamo domani e domani ancora.

Salario, stipendi, pensioni sono stati erosi dall’aumento delle tasse  e, in una parte considerevole (come testimonia uno studio della cgil) dalla cancellazione della legge nel '91 sul fiscal drag., e dalla cancellazione della scala mobile. E sta aumentando la forbice fra salari e inflazione.
Dunque  serve una riduzione delle tasse, il ripristino del fiscal drag e della scala mobile.

Penso che la questione salariale vada posta anche per unificare i precari e le basse qualifiche attraverso il contratto minimo intercategoriale. L’unità non può essere solo perseguita con l'eliminazione delle forme contrattuali. So che i sindacalisti sono contrari, ma noi siamo un partito.

Certo è che la proposta dei referendum su articolo 18, legge 30 e ammortizzatori sociali, magari accompagnati da altri, come sulla scuola, potrebbero dare uno scossone. E porre il tema complessivo del lavoro e dei suoi diritti e del suo ruolo sociale.

Ma il tema lavoro è ancora più complesso.

Chi e come può avviare un percorso di piena occupazione, riduzione di orari e aumenti  di  salari, diritti e dignità?
Chi e come può avviare un altro modello di sviluppo?

Questo lo può fare solo con un rinnovato e diverso intervento pubblico. Solo lo Stato che diventa datore di  lavoratore di prima istanza. Già Gallino con la proposta dell’Agenzia va in questo senso.

Per fare economia oggi servono grandi investimenti. I soldi li ha o lo Stato o la finanza.

Se lo stato (o La BCE) finanzia e inutilmente le banche, perché non può fare direttamente attività economica e indirizzare l’economia privata visto che l’alimenta con fior fiori di euro senza obblighi e riscontri?
Perché va bene il socialismo dei padroni e non quello dei lavoratori?
L’intervento pubblico è già in atto, vedi i sempre più cospicui interventi della Cassa Depositi e Prestiti. Passera  parla di campioni nazionali. Siamo oltre la liberalizzazione, le gare, gli appalti.
L’intervento del pubblico è attuale, ma lo fanno gli altri!

L'intervento pubblico pone  il problema della forma e riforma dello stato.
In altra forma è la questione posta dai beni comuni ed il referendum, e dal tema della partecipazione.
Inoltre, senza uno Stato efficace, autorevole, trasparente, la gente si sente sola, prolifera la corruzione, l'appropriazione, le mafie, una borghesia che si comporta come mafia, il familismo amorale, il fai da te. Anche così scompare la politica.

Ma non è solo questo.

Sarebbe necessaria una proposta sul modello di organizzazione statale per intervenire nello spazio aperto dal crollo della Lega e del suo federalismo bislacco, lo strangolamento dei comuni. Davvero è giusta, necessaria, efficace l’attuale ripartizione fra centro, regioni, province, e comuni? E l'unica soluzione è l' eliminazione delle province?

Anche su questo il regionale si è cimentato, ancora una volta in solitudine, in un incontro con i nostri consiglieri e amministratori.

E la questione dell’autonomia delle risorse degli enti locali e la certezza delle medesime, non dovrebbe essere tema di una proposta costituzionale dove sia certo chi prende, cosa, dove, senza ingerenze continue del governo che non permettono programmazione e certezze?  

Il tema dello Stato non può contemplare il tema della laicità e del suo nemico: la chiesa.
Serve una battaglia contro il concordato, magari da fare su temi specifici.

Ultimo aspetto, ma centrale, è  la democrazia dei partiti. Non credo noi dobbiamo rincorrere l'antipolitica.
Dobbiamo avanzare una nostra proposta politica: legge elettorale, i limite alle spese elettorali ed ai mandati istituzionali, i vitalizi. Cose serie.

Il  programma rimanda al blocco sociale.

Il corpo sociale popolare è frammentato. C’è anche una divisione generazionale e di genere. Ci sono i migranti.
C’è per converso una voglia di partecipazione, che si articolala in una variegata attività civile e politica.
C’è anche la pratica e la ricerca di forma di vita, di consumo, di comportamenti alternativi che tentano in vario modi di essere fuori del circuito della merce.
C'è la frammentazione ma anche gli antidoti.

Il programma pone anche la questione di un’offensiva politica e culturale verso le concezioni pulviscolari, basiste, generiche (da Negri, ad alba, da Vendola, a Grillo) che non vedono il potere, i rapporti capitalisti di produzione, che pensano che facilmente il capitalismo possa trasformasi nella sua alternativa.

Di tutto ciò ha discusso il cpn. Ridiscuterà la Direzione. Tutto il partito dovrà discutere e mobilitarsi.

La Lombardia


La crisi attraversa anche e ovviamente la Lombardia. Anzi la Lombardia  è la metafora e la concretezza della crisi del paese.
La crisi, non quella finanziaria, è qui in moto da oltre un decennio.
E, guarda caso, il declino della Lombardia  è parallelo al declino dell'Italia. Del resto produce 1/5 del pil.

Di più. La Lombardia è stata ed è, con il vecchio triangolo industriale, il luogo fondamentale del modello liberista: distruzione delle grandi aziende e loro frammentazione. colonizzazione da parte delle multinazionali, privatizzazioni delle grandi aziende pubbliche e attacco a quelle dei servizi.

Qui si è verificata l'ascesa e caduta del modello basato sulla finanza. Qui piccolo che non  è più bello.

La globalizzazione ha diviso il mondo del lavoro tra chi vi vedeva  opportunità e chi solo rischi e si è chiuso chiuso dentro il localismo razzista della lega nord.
Qui c’è stata l’ascesa e la discesa della Lega. I cui fallimento tuttavia era precedente ai diamanti in Tanzania ed alla imprese del trota. La lega era  già diventata un epigono della Fiat, della finanza, dei poteri forti .
Qui è il luogo delle partite iva.
Qui è il luogo di un modello produttivo basato sul basso costo della mano d'opera e, quindi, della bassa qualità produttiva.
Naturalmente si è prima per incidenti sul lavoro.
Si è infatti passati in coda per produzione di brevetti quando tutti i dati dicono che l’innovazione produce occupazione e più alti salari.
Non a caso gli investimenti, a tratti anche alti,  danno uno scarso impatto a causa della dimensione delle aziende. Dal 91 infatti la struttura delle aziende si è ridotta più del dato nazionale.

La perdita posti è anche nei settori avanzata. È cronaca quotidiana.
L’export hi tech era già in caduta prima della crisi.
Ma la caduta è generalizzata. La CIG in deroga di questi mesi equivale ad altri 120.000 posti lavoro persi.

La re-distribuzione iniqua della ricchezza ha fatto aumentare enormemente la povertà allungando le distanze di classe.

Il capitale ha spostato altrove la sua mano sfruttatrice.

Il territorio è diventato risorsa da sfruttare e sprecare.

Lombardia è prima nella produzione di rifiuti. È prima nell’incremento dei medesimi. Ha il più elevato consumo pro-capite di energia. È prima nel consumo del territorio.  E ciò continua nonostante 30 e passa milioni di mq di aree industriali dimesse. Ha la maggiore estensione di grande distribuzione commerciale per abitante. È prima per autostrade e strade, per densità di auto e incidenti stradali. Lontano per la qualità del trasporto pubblico.
Non a caso è fra le regioni più inquinate al modo ed ha la maggiore incidenza di tumori.
Forte è il dissesto idrogeologico con 130.000 frane censite, interessanti oltre 3.300 chilometri quadrati.  I fiumi alternano alluvioni e siccità. I laghi esondano.         
         Altri primati negativi caratterizzano la Lombardia: detiene uno dei maggiori inquinamenti delle acque dell’intero Paese (Bacino Lambro –Seveso- Olona, che riguarda le province di Como, Milano e Pavia).
       In Lombardia esistono 7 siti di interesse nazionale – e cioè -  aree contaminate con suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee.

Non meno pesante è l’inquinamento da industrie: 259 aziende a rischio in base alla legge Seveso; la più elevata concentrazione in Italia.

         Un caso particolarmente grave è costituito dalla contaminazione da amianto, che riguarda fabbriche ed ex fabbriche (come la Fibronit di Broni - Pv); discariche di rifiuti ( emblematica quella di Cappella Cantoni in Provincia di Cremona).

Non caso progressivamente è venuto meno un sistema pubblico di prevenzione e di controllo

Da anni, dunque, il sistema dissipativo affonda i denti nelle risorse accumulate e prodotte nel passato. Ai giovani ormai rimane solo l'osso e pure inquinato.

Qui si sono prodotte  quasi tutte le innovazioni politiche.
Quelle positive: nel Risorgimento e nella Resistenza.
Quelle negative.
È stato il luogo di nascita del craxismo, della Lega, di Berlusconi e Formigoni.
Qui sta l’incubatrice della nuova ideologia individualista arrivista ad ogni costo iper-consumista: dalla Milano da bere al bunga bunga di Arcore. La regione che si pensa leader economica e  morale ha prodotto una sottocultura; ma vincente.

Qualcuno ha parlato complessivamente di meridionalizzazione della regione.


Tutto ciò ha prodotto Trasformazioni dei blocchi socio-politici- idelogici cattolico ed operaio. Il primo si divide. Il secondo in parte scompare ed in parte si frammenta e polverizza.

Anche in questa fase è in corso un cambiamento nei poteri forti: Mediobanca e le banche, Ligresti e unipol, di nuovo Telecom, e ora  la Multiutility del nord.

La sconfitta della Moratti nasce dall’inadeguatezza della destra in questa fase.
La campagna contro Formigoni e Penati del Corriere e di Repubblica ne sono un ulteriore segno.

Formigoni ha accompagnato  questo modello ma lo ha anche forgiato attraverso la Compagnia delle Opere.

È un modello fortemente gestito dal potere pubblico, ma dove il pubblico è sempre affiancato da un socio che, in effetti, comanda.
L’indistinguibilità delle funzioni produce opacità, corruzione, privatizzazione di funzioni e di risorse pubbliche.
Sanità, scuola e infrastrutture sono i pascoli principali. Tutto ciò facilita la penetrazione della mafia che, come sappiamo, è enorme. Qui ormai ci sono più arresti che in Calabria.

Un modello questo, non aperto e orizzontale come vuole la prosopopea, ma chiuso, verticistico, impenetrabile dall’esterno. Il sistema Formigoni si avvicina forse più a quello di Putin che di Lombardo in Sicilia. Ed è tutto dire.
Il  PD è stato largamente interno con le relative spartizioni.

Formigoni è in crisi per le note vicende. È cronaca.
Il cerchio si stringe.
Le amministrative di questi due anni rafforzano questa crisi.

Noi non sappiamo se la magistratura ha carte in mano per porre fine al celeste, molto terrestre, anzi acquatico, a vedere le foto.

Se non interviene la magistratura le elezioni anticipate sono incerte.
Per  Lega e Pdl significa andare allo sbaraglio.

Tuttavia l'occasione, anche se potenziale, per noi è importante e dobbiamo sfruttarla al meglio.
Con un accortezza, tuttavia, che già Ferrero indicava nel cpn.

Le elezioni, per noi sono notoriamente terreno difficile poiché noi all’alternativa crediamo davvero.
Queste scadenze, allora, vanno affrontate non con la paura di rimaner fuori o con la fame assoluta di entrarci ad ogni costo.
Questi approcci possono portare ad errori,e possono essere il pretesto o la scusa per praticare un'altra linea politica.
Noi dobbiamo fare il massimo per entrare in consiglio regionale: il massimo ma non di tutto.

Dobbiamo cercare di vedere lucidamente le problematiche.

Dobbiamo in primo luogo privilegiare la costruzione di un fronte sociale e politica della sinistra. Del resto è molto probabile che le politiche vengano prima.
Una difficoltà, infatti, viene dall'asimmetria con il quadro nazionale, dove non mi sembra esservi il terreno per un accordo con il PD stante il suo sostegno a Monti. È un elemento di igiene politica.
Un fronte della sinistra è necessario per divaricare le contraddizioni del PD. È politicamente strabico guarda a sinistra e guarda all’udc che ha poche prospettive a destra. È programmaticamente centrista. E pesa la vicenda Penati. Anche se questa è ora una debolezza.
Inoltre l’obiettivo non può essere solo quello di mandare a casa Formigoni ma, anche, rovesciare il sistema Formigoni.

Questo è importante perché, in una fase di disaffezione alla politica, la mobilitazione può innescarsi solo se si percepisce che il cambiamento è possibili ed è reale.
Il primo anno di Pisapia, ad esempio, di cui la FdS milanese fa un percorso di verifica, ha luci ed ombre.
E le ombre sono pesanti poiché andiamo dalla promessa alla mancata partecipazione, ad una gestione tutta arroccata attorno al sindaco che se ne frega dei partiti, e della gradi e piccole associazioni che ne hanno reso possibile le elezione (prendi i voti e scappa), alle dismissioni dei settori pubblici senza tener conto del referendum, alla mancanza di un approccio fortemente critico contro Monti per le politiche di rigore che strangola gli enti locali. Alla nomina di Tabacci assessore al bilancio.

Tuttavia, anche nel caso delle eventuali elezioni anticipate in Lombardia, il criterio deve essere: La crisi cambia.
Quindi dobbiamo far di tutto per sfruttare al meglio la situazione.

Se e quando ci saranno faremo un bilancio del fronte che avremo costruito, del programma raggiunto (se ne abbiamo raggiunto uno). Se sarà potabile ed esigibile parleremo di primarie e di candidati. Le primarie non ci piacciono ma tant’è. Dovremo fare un bilancio di quelle a cui abbiamo partecipato nei mesi scorsi: esperienza non sempre esaltanti.

Nell’incontro avuto ieri nella presentazione del congresso, abbiamo proposto  proprio per andare nel senso su indicato la costruzione di una manifestazione regionale contro Formigoni ed un percorso di partecipazione e di prima elaborazione programmatica.

La risposta di Sel e dell’Idv ad un approccio unitario mi è sembrata positiva. Così come la presenza di Pizzinato per l’Anpi.
Martina, segretario del PD, era assente per un problema personale improvviso. Lo vedremo in settimana come FdS.

A questo dobbiamo lavorare:
una manifestazione, un programma, un Comitato di Liberazione della Lombardia, un fronte di sinistra baricentro del cambiamento.




Ora  è il momento della semina.


Serve una selezione di campagne regionale e di prime leggi e proposte che presenteremo in regione quando saremo tornati.
Espongo un elenco per il prossimo CPR:
- riprendere e ripensare al vecchio progetto sulle delocalizzazioni ed i relativi vincoli urbanistici;
- costituzione di un ente regionale che intervenga nelle crisi e nel cambio di modello economico;
- moratoria delle infrastrutture per una verifica, selezione, cambiamento delle medesime dentro un cambiamento di modello;
-  ciò significa anche progetti per una mobilità alternativa, una gestione diversa dei rifiuti, produzione e consumo di energia;
-  modificata della legge regionale sull’acqua e sugli ATO;
-  legge sulla trasparenza in materia di opere e appalti;
-  iniziativa regionale aperta alle altre regioni del nord contro la MU;   
-  risanamento ambientale di questa fogna, lo dicono i dati,  chiamata Lombardia e nuovo sistema di controllo;
- ripensare il modello sanitario da quello mercificato verso un altro sistema di prevenzione, diagnosi e cure; con presa in carico dei non autosufficienti;
-  tema scuola e scuole private
- sistemazione idrogeologica e tema specifico della Montagna fra dissesto e convenzione internazionale di tutela le Alpi.
- agricoltura. Una delle più importanti del pianeta, ma in larga parte impostata in funzione della bistecca. Chi l’avrebbe mai detto che noi comunisti avremmo dovuto porci il problema del vegetarianismo, non solo come questione salutista od etica, ma come modello di sviluppo. Un'altra dimostrazione che: la crisi cambia.
- Costituzione  e antifascismo (in ottobre l’Anpi farà un’iniziativa europea a Milano e Como dove hanno c’è la lapide dove hanno fucilato Mussolini. In Lombardia i rigurgiti fascisti sono forti.
- mi chiedo se non dobbiamo proporre una modifica sui referendum: 300.000 firme sono una pazzia o una presa in giro.


E qui viene il tema partito.

Siamo al congresso regionale ed è anche tempo di bilanci.

Il bilancio che traggo io del regionale non  è positivo.
Mentre per il partito nel suo complesso il bilancio lo vedo mezzo pieno e mezzo vuoto. Importante è il mezzo vuoto perché è sul negativo che dobbiamo lavorare. Ma è la parte mezza piena che permette di guardare con fiducia ai deficit.

Per questo motivi, in vista del congresso, avevamo previsto tre momenti di approfondimento: sull'organizzazione e partito, la comunicazione, l'attivo delle compagne. La manifestazione prima e la convocazione del CPN poi hanno fatto slittare comunicazione e attivo compagne a dopo.

Avevamo pensato questo programma perchè è ora di finirla con una discussione sulla linea politica sganciata sempre dalle gambe e le teste che la devono portare avanti. Veniamo infatti da una fase di sconfitte e questo ci ha segnato negli ultimi anni. Il correntismo interno imballa e non permette fluidità e selezione appropriata e coerente dei gruppi dirigenti..

Il bicchiere mezzi pieno sta nel fatto che quasi tutti,  ognuno nel suo piccolo, ha fatto quello che ha potuto per resistere ed esistere. Ci siamo occupati di tutto quello che si muoveva e si poteva.
In questo sconquasso abbiamo tenuto come partito.
Abbiamo tenuto elettoralmente.
Stare in piedi in un tale terremoto non è cosa da poco.
Abbiamo retto facendo alleanze dove era possibile e ad assetto variabile. Abbiamo retto e siamo andati avanti in Lombardia e a Milano.

Ma questo ha comportato che la politica sia diventata un problema dell’istanza superiore: dai circoli alla federazione, dalle federazione al regionale, al nazionale. Salvo scannarsi sulle presentazioni elettorali con elementi di cretinismo elettorale ed antielettorale.  
Siamo un partito che fa e ragiona poco di politica. Per fare un esempio: non tutto il partito è mobilitato su articolo 18 e dintorni. Non è questione sindacale.



Il Regionale ha provato a costruire politiche sinergiche dei nostri consiglieri ed assessori.
Abbiamo cercato di proporre politiche sinergiche, coordinate sulle tasse (l’IVA su bollette  e benzina), la corruzione, il contrasto alla Lega Nord, , sulla sanità. Con Gaddi abbiamo cercato di lavorare su conferenze di produzione di azienda ed aree, e di affrontare, in un seminario con ACTA, il tema del nuovo lavoro autonomo.

Abbiamo organizzato con la FdS la recente iniziativa sulle tav della Lombardia, che aveva il senso di mettere in rete o entrare noi nella rete dei conflitti in difesa dei territori, ma a anche di aprire ed aprirci un percorso della crisi di Formigoni.

Risultati scarsi.

Tutto ciò pone una riflessione su cosa è il regionale, con o senza gruppo consiliare, a maggior ragione senza. Così non va bene.
Per me il regionale non esiste se non è come coordinamento forte delle federazioni.
Quello che non ritengo accettabile e fare come se nulla fosse. Fare le cose già fallite.

Ci sono altri aspetti che pongo all’attenzione.

Il partito sociale, cioè il ritornare dentro la classe è stato portato avanti solo da una parte del partito. Il tema della resistenza alla crisi, la costruzione di relazioni e solidarietà, come si vede anche ora per il terremoto, il mutualismo, l'intercettazione di pratiche de-mercificanti,  sono un pezzo della costruzione dell'alternativa.

Ma anche la rete sociale del partito va curata. La presenza sindacale ad esempio rispetto alla quale dentro la cgil si vedono alcuni spiragli di unità delle sinistre e quindi di un nostro lavoro (che fino ad ora non è stato possibile. Senza delegati e sindacalisti non si fa nessun partito di classe.


Un partito comunista non può vivere senza la presenza dei suoi militanti nelle articolazione organizzate della società civile. Ne abbiamo tanti ma non vengono valorizzati. Costoro, a loro volta, sembrano altro dal partito e dai suoi progetti.

Anche la comunicazione non  è un nostro tema forte nonostante l'evidente importanza. Comunicazione che significa  selezione di cosa vogliamo comunicare, come vogliamo comunicare, utilizzo dei mezzi esistenti, ma anche battaglia politica nel tanto vituperato o esaltato web.

Molto  è cambiato nel modo di fare politica. Non abbiamo solo come concorrenti altri partiti ma movimenti politicizzati con loro burocrazie che difendono con i denti il loro territorio. Non vogliono le bandiere di partito per questo:  è una lotta per l’egemonia simbolica e politica. Non basta lamentarsi.

Ci manca, in genere, la cultura del creare l'evento. Così finiamo sempre in coda a gli altri.

Siamo a corto di risorse. Sarebbe necessario fare, come dice di fatto lo Statuto, dei bilanci aggregati: regionale/federazioni, federazione/circoli; ma ognuno  è geloso della propria miseria.
L’autofinanziamento non è ancora ripreso come sarebbe necessario.

Lo stesso tesseramento non sempre viene fatto come si dovrebbe, sia nella sua pregnanza politica di interlocuzione con le persone, sia non compilando le schede con i dati politici utili ad organizzarci e a conoscere chi e cosa fanno i nostri iscritti. Le tessere non compilate bene andrebbero (vanno) rimandate indietro.

Continuiamo qua e là ad avere problemi con gli eletti che non versano: bisogna trovare una soluzione e, in ogni caso, chi ruba al partito non può stare nel partito.

Ci sono risorse che abbiamo scarse: giovani, migranti su cui dobbiamo riflettere.  
C’è pure il tema della scarsa presenza delle partite iva o del vario lavoro autonomo. Questa  è una questione di linea.

Ma abbiamo anche risorse inespresse. Ci sono circa 1200 compagne iscritte. Ma è quasi come se non esistessero. Chiedo a tutte a tutti di aiutare Giovanna a preparare l’attivo e la conferenza delle compagne del 23 giugno.

In generale c’è da troppo tempo la mancanza di una riflessione sul modello organizzativo. E quando la si affronta non si cambia mai nulla. Sia conservatori, quando non banali.

Abbiamo  bisogno di un partito diffuso ma che sappia fare politiche coordinate. Secondo me dobbiamo fare come il capitale: centralizzarci senza concentrarci. O, visto che siamo in tempo di europei, serve una squadra corta.

Un centralismo democratico: democratico perchè partecipato.

Questioni che, tuttavia, non si risolvono solo con misure organizzative ma cambiando la cultura, la coscienza delle questioni politiche-organizzative, la pratica del gruppo dirigente.
Penso che noi abbiamo bisogno di un tipo di quadro dirigente che costruisce il partito e non fa solo del commento o del posizionamento politico. O che quindi è sempre candidato a qualsiasi carica interna o esterna, salvo poi dimenticarsi di essere conseguente e coerente e ricordare che quel ruolo viene dal lavoro oscuro di tante compagne e compagni.
Abbiamo bisogno di  Dirigenti che diano l’esempio e distribuiscano volantini e portino le bandiere.

Tutto ciò richiama un aspetto decisivo. Di quale partito abbiamo bisogno?

Io comprendo i le difficoltà che abbiamo come gruppo dirigente largo, la fatica, il lavoro, le poche risorse, le poche soddisfazioni, l'invidia per altri che non fanno un cazzo e ottengono un casino di voti.
Non faccio dunque del moralismo.

Ma il gruppo  dirigente largo che è qui deve intanto prendere coscienza di questa problematica.

La fase vissuta fin è finita. Questa fase deve finire anche al nostro interno.
Anche al nostro interno: la crisi cambia. La crisi deve cambiarci.
Ad una fase Lenin deve corrispondere un partito Lenin.

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