da il manifesto
Segna febbre alta la colonnina di mercurio del termometro che misura i rapporti tra tra governo e imprese dopo che il leader degli industriali, Giorgio Squinzi, ha bollato la spending review del supercommissario Enrico Bondi come una potenziale fonte di ''macelleria sociale''. Ed ha stilato la pagella di fine anno del professore, senza neppure dargli la sufficienza. Mario Monti, visibilmente irritato, non lascia cadere la provocazione e bacchetta il presidente di Confindustria. E a poco serve se a fine giornata arrivino le scuse al premier da parte un past president di Confindustria del calibro di Luca Cordero di Montezemolo.
Certe frasi, dice l'ex numero uno di Viale dell'Astronomia, ''fanno male e sono certo che non esprimano la linea di una Confindustria civile e responsabile''.
Monti, infatti, sembra trasecolare. ''Dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi. A carico non solo del debito, ma anche delle imprese'' reagisce gelido il premier spiegando al capo di Confindustria che se lo spread non scende è perché ''c'è un po' di incertezza su quello che succederà nella governance dell'economia'' dopo le elezioni. E le imprese, mette bene in chiaro il premier, dovrebbero quindi apprezzare gli sforzi del governo dei professori. ''Avevo capito che le forze produttive migliori desiderassero il contenimento del disavanzo pubblico. E che obiettassero a manovre fatte in passato molto basate sull'aumento delle tasse e che era ora di incidere su spesa pubblica e strutture dello Stato. Ma - dice togliendosi finalmente il sassolino dalle scarpe - evidentemente avevo capito male''. Sembrano lontani i tempi della luna di miele tra la Confindustria e il governo di Mario Monti, quando l'allora presidente, Emma Marcegaglia, salutò l'arrivo del professore come l'unica chance che aveva l'Italia per uscire dal baratro. ''L'ipotesi Monti risponde all'appello delle imprese per un governo di emergenza' disse all'epoca la donna che dirigeva la potente associazione degli industriali italiani. Da allora, però, è stato un crescendo di spiacevoli malintesi, battibecchi a volte vere e proprie prese di distanza, nonostante il passaggio di testimone tra Marcegaglia e Squinzi. Come quelli più recenti, quando il neo-presidente ha bollato come 'boiata' la riforma del mercato del lavoro. O quando ha definito l'economia italiana sull' ''orlo di un abisso'' suscitando la piccata replica del premier che con il suo consueto humor, fingendo di mordersi la lingua si impose ''una moderazione interpretativa'' sulle parole dell'industriale. Ma tant'è. Dopo il ritrovato asse con la Cgil di Susanna Camusso, Giorgio Squinzi riesce oggi a catalizzare solo difese da parte della Lega o di Di Pietro, mentre industriali e manager prendono le distanze. Lo bacchetta Montezemolo ma anche Franco Bernabè e Marco Tronchetti Provera difendono il premier. ''Il lavoro di Mario Monti è vitale per il futuro del Paese'' dicono. “Squinzi e la Camusso non si sono certo accordati per fare un dispetto a Monti'' sostiene invece il leader dell'Idv. E mentre Bobo Maroni definisce ''troppo generoso il voto di Squinzi'' perché lui, al premier, gli avrebbe messo 4 in pagella, Roberto Calderoli appoggia l'industriale: “Squinzi non ha una ragione per criticare il governo, ne ha un milione''. ''Non so dove Giorgio Squinzi intraveda casi di macelleria sociale'' taglia corto il pidiellino Giuliano Cazzola che osserva, alludendo ad un analogo incontro tra Montezemolo ed Epifani: ''Sarà che l'aria di Serravalle Pistoiese induce i presidenti della Confindustria a sentirsi vicini alla Cgil''.