di Mauro Ravarino
Oltralpe hanno dubbi: farla o non farla? La Torino-Lione, si intende. In Francia, il convincimento vacilla, anzi la realizzazione viene messa in discussione. Interrogativi legittimi durante la crisi economica. Ma qui, a valle del Monte Bianco (e del Rocciamelone), i dubbi sono diventati lesa maestà e si risponde con un più balcanico nema problema: «Una tempesta in un bicchier d'acqua» (Mario Virano, presidente dell'Osservatorio).
In realtà, non è tutto così tranquillo. I dubbi francesi li riporta Le Figaro, non certo un quotidiano progressista, citando la posizione del governo a guida socialista: «Riesaminare ed eventualmente rinunciare a dieci progetti di linee ferroviarie ad alta velocità, tra cui la Torino-Lione». Il ministro del bilancio, Jerome Cahuzac, ha dichiarato: «Lo Stato (Sarkozy, ndr) ha previsto una serie di progetti senza averne fissato i finanziamenti.
Il governo ora non avrà altra scelta che rinunciare ad alcune opzioni». Secondo il più antico dei giornali francesi, nel suo inserto economico, sotto esame sarebbe anche la Torino Lione, «squalificata» a causa del costo elevato (12 miliardi) e del calo del traffico merci (trasporto «sceso a 4 milioni di tonnellate su quella tratta, contro gli 11 milioni di tonnellate vent'anni fa»). Riprende così quasi in fotocopia alcune tesi No Tav: progetto esoso e strategicamente sbagliato perché il corso delle merci non percorre più la traiettoria Est-Ovest ma quella Sud-Nord.
Preda dell'euforia la Francia, nel 2007, aveva inizialmente annunciato 14 progetti da qui al 2020 per un totale di 2000 chilometri di binari. Una tabella di marcia ribadita fino a maggio dall'ex presidente Nicolas Sarkozy, dal costo di 260 miliardi di euro. «Una moltitudine di progetti - ha detto il ministro Cahuzac - senza aver fatto i conti con i finanziamenti». Secondo Le Figaro a rischio sono 10 progetti, tra cui oltre la Torino-Lione, la Nizza-Marsiglia e la linea Rennes-Brest. Ma, ha spiegato il ministro, una commissione parlamentare di esperti verrà istituita per classificarli in base alle priorità entro la fine dell'anno. In Italia si scatena la bagarre. Il fronte Sì Tav sbanda e serra le fila. Per l'Osservatorio tecnico guidato dall'architetto Virano non cambia nulla: semplicemente anche Parigi, come già ha fatto Roma, dividerà la realizzazione dell'opera in più fasi per diluirne i costi.
Nel tardo pomeriggio arriva un parziale dietrofront del ministero del Bilancio francese. Sull'eventuale stop del «progetto dell'alta velocità Torino-Lione non bisogna trarre conclusioni affrettate», spiegando che per il momento non c'è alcuna rinuncia al progetto da parte di Parigi, ma solo «una missione che sta valutando la correttezza degli investimenti pubblici». Interviene il responsabile ai Trasporti del Psf Bernard Soulage: «Non sarà rimessa in questione per via degli accordi presi a livello internazionale e degli impegni del presidente Hollande».
Ma i dubbi permangono. Di perplessità istituzionali (Italia a parte) è fatta tutta la storia del Tav: il tanto decantato corridoio 5, da Lisbona a Kiev, è svanito, Portogallo e Ucraina si sono sfilati e ora si parla del più minimale corridoio del Mediterraneo da Algeciras al confine orientale dell'Ungheria. Dopo l'uscita de Le Figaro, il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, va all'attacco: «Che farà il governo Monti? Bisogna smetterla di spendere i soldi dei contribuenti per gli affari di pochi». Il senatore del Pd Roberto Della Seta, in posizione critica e minoritaria nel partito, chiede chiarezza e sostiene che le dichiarazioni francesi riportano «verità incontestabili». Nichi Vendola si dice curioso di sapere come reagiranno in Italia coloro che «con una punta di fanatismo hanno propagandato la favola della Tav». Critico anche il Verde Angelo Bonelli: «Che senso ha spendere 18 miliardi per la Torino-Lione quando il trasporto pubblico nelle città quasi non esiste?».
da il manifesto