di Giuseppe Grosso
Rajoy in caduta libera: 8 cittadini su 10 stanno con chi protesta (perfino il 61% di elettori Pp)
In Spagna l'inizio di quest'autunno non poteva essere più caldo. Dopo le proteste di «Rodea el congreso», anche domenica gli spagnoli sono scesi in piazza in 57 città contro la politica di austerità «antisociale» del governo conservatore di Mariano Rajoy. Il corteo più numeroso è stato quello di Madrid, dove alcune migliaia di persone hanno sfilato nella capitale dietro a uno striscione che sintetizzava così le cause della mobilitazione: «Più disoccupazione, più tagli, meno protezione».
La manifestazione è stata convocata dalla Cumbre social, una piattaforma di cui fanno parte più di 150 collettivi, tra i quali i sindacati maggioritari Comisiones Obreras (Ccoo) e Unión general de trabajadores (Ugt).
Tra i partecipanti, anche esponenti dell'opposizione. Presente il coordinatore di Izquierda Unida Gaspar Llamazares e alcuni dirigenti del Psoe.
Si è trattato della seconda protesta organizzata dalla piattaforma in meno di un mese: quella precedente risale al 15 settembre. Le due manifestazioni sono state accomunate dalle medesime rivendicazioni. Su tutte, spicca la richiesta di un referendum per sottoporre al giudizio della popolazione il bilancio generale dello stato, che sarà segnato da pesanti ritocchi al ribasso a quasi tutte le voci di spesa. I tagli più consistenti riguarderanno lo Stato sociale. Misure d'austerità che - secondo il comunicato ufficiale degli organizzatori - «costituiscono un vero raggiro, dato che il Pp le ha attuate senza averle mai annunciate in campagna elettorale».
Nel caso (probabile) in cui il governo dovesse dimostrarsi sordo alla richiesta del referendum, i sindacati si dicono pronti allo sciopero generale, che considerano una risposta obbligata alla politica dell'esecutivo: «Se ci sarà lo sciopero sarà responsabilità del governo» ha dichiarato il segretario di Ccoo, Ignacio Fernández Toxo, che ha indicato il 14 novembre come possibile data per lo stop generale.
Quel giorno anche il Portogallo incrocerà le braccia e i sindacati vorrebbero far coincidere le mobilitazioni per dare un respiro internazionale alla protesta. Ma sulla scelta della data potrebbero interferire le elezioni catalane, che si terranno il 25 novembre: uno sciopero generale potrebbe turbare una campagna elettorale che già di per sé si prospetta abbastanza tesa.
Intanto, dopo l'ennesima protesta (e in previsione di quelle annunciate all'approvazione del bilancio generale), monta l'inquietudine del governo che ha ormai capito di dover gestire un malcontento che non riguarda solo «una piccola minoranza».
Un sondaggio commissionato dal quotidiano el País riferisce, infatti, che il 77% degli spagnoli condivide le ragioni della recente protesta del movimento «Rodea el congreso». Tra gli elettori del Pp la percentuale scende ma si attesta su un altissimo 61%. Un dato che dà un'idea concreta del progressivo scollamento tra popolazione e governo; o, più in generale, tra popolazione e classe politica, considerato che sia il Partido Popular (-14% ma ancora in testa) sia il Partido socialista (-5%) sono in caduta libera nelle intenzioni di voto dalla data delle scorse elezioni politiche. Ad oggi la somma dei voti dei due partiti maggioritari (Pp e Psoe, appunto) ammonta al 53,8%: mai così bassa. E, specularmente, mai così alta la fetta di voti che si ripartirebbero le formazioni cosiddette minoritarie o che si perderebbero nei meandri dell'astensionismo. Izquierda unida (sinistra radicale, molto vicina alle proteste di questi mesi) e UPyD (centro) - le due alternative più consolidate - ringraziano e aprono le braccia ai transfughi rispettivamente del Psoe e del Pp.
Con queste premesse si andrà presto alle urne in tre regioni: oltre che in Catalogna a novembre, si voterà il 21 ottobre nei Paesi Baschi e in Galizia. Ciascuna di queste elezioni sarà segnata da differenti dinamiche. Su Catalogna e Paesi Baschi pesa - in maniera diversa- la questione nazionalista; mentre dalle consultazioni galiziane potrebbero arrivare indicazioni politiche più precise. Tutto questo in attesa che il «misterioso» Rajoy (copyright The Economist) sciolga i dubbi sul salvataggio. Inutile dire che quelli che verranno saranno mesi cruciali per il governo di Rajoy.
Il Manifesto - 09.10.12