di Roberto Livi
Lunghe file davanti agli uffici preposti alla concessione di passaporti (195 in tutta l'isola, ha informato il ministero degli interni) e di fronte alle agenzie di viaggio e alle compagnie aeree . Aumentate anche le code di gente in attesa di poter entrare nei consolati di Spagna e Canada - paesi dove, dopo gli Usa, maggiore è l'emigrazione cubana - normale fila lungo i recinti della Sezione di interesse degli Stati Uniti, dove però si accede per appuntamento, in genere fissato con un anno di anticipo. Così all'Avana è trascorso, lunedì, il primo giorno di attuazione del decreto legge 302, varato l'anno scorso e che permette ai cubani maggiorenni che abbiano ottenuto il passaporto di viaggiare liberamente all'estero. In precedenza, oltre al passaporto, era necessario ottenere la tarjeta blanca, il permesso di uscita, costoso e soggetto a molte restrizioni.
Il d-day della nuova legge di emigrazione è dunque trascorso tra ansie e speranze, ma nella tranquillità, senza resse agli aeroporti e senza minacce di massicci esodi. Una situazione del resto prevista, dato che solo una quindicina di stati -per la maggior parte ex Unione sovietica e isole caraibiche - permette ai cubani di entrare senza visto. Per le mete più ambite, Stati uniti (dove risiede l'80% circa dell'emigrazione cubana), Spagna e Canada (come pure per l'Italia) vi è lo sbarramento del visto (gli Usa concedono 20.000 visti l'anno). Ma quello che conta, specie per i più giovani, è la rottura della barriera tra l'isola e il resto del mondo e, da lunedì, la prospettiva di un viaggio all'estero non è più un sogno ossessivo quanto chimerico.
In un articolo in prima pagina del quotidiano del pc Granma, il governo afferma che la legge assicura ai cittadini la possibilità di viaggiare ed emigrare «in modo legale, ordinato e sicuro». La nuova politica ha anche lo scopo di «rafforzare le relazioni con la comunità di emigrati» (cubani) ed è frutto «di una decisione sovrana... che non risponde a pressioni o imposizioni esterne». Insomma, si tratta di un segno concreto della nuova politica di riforme varata dal governo e voluta dal presidente Raul Castro, il quale in più occasioni ha messo fine alla vecchia condanna (gusanos, vermi e controrivoluzionari) rivolta a chi aveva deciso di abbandonare (anche illegalmente e tra mille pericoli) l'isola. La cosiddetta (dall'opposizione) diaspora è formata da cubani che hanno lasciato la madrepatria soprattutto per questioni economiche e «che mantengono con essa buone relazioni e si oppongono all'embargo» decretato unilateralmente più di cinquant'anni fa dagli Usa.
La tarjeta blanca era anche una forma (pesante) di controllo politico: a chi dissentiva o peggio si opponeva veniva negata la possibilità di uscire e, in caso di fuga, di rientrare a Cuba. Resta comunque lunga la lista di cittadini cubani sottoposti a restrizioni nella concessione del passaporto. Oltre ai casi, evidenti, di chi ha pendenze con la legge o è soggetto al servizio militare, di minori e minorati, la nuova legge prevede restrizioni «per ragioni di difesa e sicurezza nazionale» e di «altre ragioni di interesse pubblico» che riguardano persone con alto grado di specializzazione. Ma un rappresentante del ministero della Salute ha messo in chiaro che «restrizioni non significano proibizioni» e che per la grande maggioranza di medici, scienziati ecc, sarà possibile viaggiare all'estero per lavoro o vacanza.
Rimane la questione della dissidenza. Ma lunedì la nota bloguera Yoani Sanchez ha informato che le era stato garantito il passaporto. Assicurazioni in tal senso sono state fornite a Guillermo Fariñas, premio Sakharov 2010 del parlamento europeo. Il reale impatto della nuova legge migratoria potrà essere valutato solo fra qualche mese, ma le dichiarazioni dei due oppositori sono il segnale di un buon inizio.
«Se questo (la libertà di viaggiare) avverrà davvero, rappresenterà un cambiamento positivo» ha dichiarato Roberta Jacobson, assistente del segretario di Stato usa. E' difficile però che tale eventuale apprezzamento porterà, almeno in tempi brevi, a una flessibilizzazione della politica statunitense verso Cuba, vista l'opposizione dei rappresentanti della comunità cubano-americana nel Congresso, tutti repubblicani di destra con due sole eccezioni.
Il Manifesto - 17.01.13