Roberto Musacchio
Con il Trattato fiscale firmato ieri si compie un altro passo avanti, decisivo, sulla strada di una Europa postdemocratica. Non si tratta di abusare delle parole ma di leggere i fatti. Non siamo in presenza di una semplice continuita' con il metodo intergovernativo e funzionalistico che da Monnet in poi ha caratterizzato la costruzione europea.
Siamo di fronte a governi che stipulano un patto tra loro fuori del cosiddetto metodo comunitario e sancendo una loro autonomizzazione da ogni livello parlamentare, sia nazionale che continentale.
Naturalmente tutti vedono che i governi da soli non avrebbero questa forza e che sono appoggiati dalle strutture del capitale finanziario globale, del resto inserite a pieno titolo nella governance che e' stata costruita e che sovraintendera' ad ogni atto dei singoli Paesi, dando prescrizioni quantitative e qualitative. Che di questo si tratta e' bene prendere coscienza perche' la lettera della Bce diviene ormai la norma di indicazioni cogenti che verrano date e di cui si chiedera' il rispetto a prescindere dai governi che si succederanno. Intanto si cambieranno le Costituzioni con l'inserimento dell'obbligo al pareggio di bilancio. Il rientro dal debito sara' obbligato e questo per l'Italia significa qualcosa come una cifra tra i 30 e i 40 miliardi di euro da rifondere ogni anno per i prossimi 20. Il fatto che a me pare evidente e' che le borghesie europee hanno raggiunto un patto, sia pure armato, tra loro che ha consentito questa enorme mole di decisioni. Si riconosce l'egemonia della Germania, il cui modello mercantilista e'tanta parte della crisi, e a partire da cio' si prova a fare i conti con quello che Draghi afferma e cioe' che con la globalizzazione il modello sociale europeo e' finito. Basta leggere il libro bianco sulle pensioni presentato dalla Commissione per capire dove si vuole andare. Certo, tra loro vi sono divisioni, testimoniate anche dal contrasto sulla cosiddetta lettera sulla crescita dei 12, ispirata dal duo Monti,Cameron e contrastata da Merkel e Sarkozy. Ma intanto producono una vera rottura del compromeso europeo che non trova risposte per la totale subalternita' delle principali forze della sinistra europea.