di Claudio Grassi e Marco Sferini
Syriza un piccolo grande miracolo l’ha compiuto. Nella difficilissima fase della attuale crisi economica europea (e non solo) ha catalizzato attorno alla sua proposta politica antiliberista oltre il 26% dei voti dei greci. Un consenso enorme, il doppio di quello che ottiene lo stanco, derelitto e ormai paragonabile ad una ruota di scorta della borghesia di destra, il celebre Pasok.
Nuova Democrazia supera dunque la sinistra antiliberista di Tsipras per pochi punti in percentuale, ma tanto bastano per avere quel premio di maggioranza di 50 parlamentari che consentiranno alla Troika europea di poter vedere applicato il memorandum mediante un esecutivo formato dall’asse destre-socialisti.
Purtroppo – in un momento storico che poteva essere di grande cambiamento – il Pasok si è prestato ad essere forza di supporto alle peggiori politiche delle forze liberiste. È solo grazie a questo appoggio che vengono messe in pratica le politiche economiche dettate dalla Banca centrale europea e che rassicurano la cancelliera tedesca Angela Merkel sulla primazia della Germania in questo contesto di difficoltà economica.
Se Syriza avesse prevalso, avrebbe certamente proposto alla Sinistra Democratica e al Partito Comunista Greco (KKE) di formare un governo. Basta già questa prospettiva solo accennata per far tremare i polsi e le vene ai guru del mercato in tutti i più grandi santuari della finanza. Questo pericolo, per ora, è scongiurato, ma il governo che nascerà non avrà vita facile: in Parlamento, infatti, ci saranno ben 70 deputati nel gruppo di Syriza e una decina li avrà anche il KKE e così Sinistra Democratica.
E’ tutto in movimento lo scenario delle borse che, alla notizia della vittoria della destra nella più antica patria della democrazia, l’euro è partito al galoppo sul mercato australiano dove ha raggiunto i massimi sul dollaro delle ultime tre settimane a 1,2730 dollari, un livello che non si vedeva dal 22 maggio. Poteri dello zerbinaggio di certe forze politiche nei confronti del capitale.
Una prima impressione, dunque, sul voto legislativo fa registrare la soddisfazione di BCE, Merkel e mercati vari, una ripresa della moneta unica sulla divisa americana, ma fa anche registrare un dato politico non da poco: sia Nuova Democrazia che Syriza, cioè le due formazioni ormai largamente maggiori in Grecia, rispetto al dato delle precedenti elezioni politiche, hanno compiuto un balzo di 10 punti in percentuale. Una enormità politica, unica nel panorama ellenico; soprattutto se si considera che i comunisti del KKE invece che avanzare, arretrano (è probabile che una buona parte di questi voti sia andata a Syriza) e i neonazisti di Alba Dorata restano fermi in quell’avanzata che li aveva visti arrivare al 7%, sempre comunque troppo per una formazione che andrebbe esclusa da un consesso parlamentare per il suo odio razziale, la sua violenza verbale e fisica. Non sono infatti pochi gli episodi di aggressione che in questi giorni hanno solcato la Grecia sotto l’emblema dei neonazisti. Aggressioni agli immigrati, pestaggi a sangue, senza che la polizia muovesse un dito per mettere fine o almeno limitare questi energumeni.
Qualcuno potrà immediatamente dire che i greci hanno perso una grande occasione. E’ certamente vero. Ma è altrettanto vero che niente potrà ormai essere più come prima: il grande sommovimento che in questi mesi si è prodotto in Grecia ha mostrato a tutta l’Europa che c’è un punto di collisione, di non ritorno tra i memorandum delle Troike e i bisogni delle popolazioni, dei ceti più deboli e indifesi, privi di molti, di troppi diritti.
Questo punto di non ritorno ha impaurito alcuni e ha spinto ad osare altri: chi ha percepito gli effetti della campagna di terrorismo psicologico del baratro possibile con un governo di sinistra, di una uscita dall’Unione Europea e dall’Euro (tema peraltro che Syriza ha ribadito cento e cento volte: non si chiedeva, come il KKE, l’uscita dalla moneta unica, ma la ricontrattazione delle intese tra Atene e Bruxelles), ha con tutta evidenza preferito un voto di stabilizzazione nel contesto spaventosamente dato dalle dinamiche economiciste europee.
Chi ha affidato il suo voto al tricolore di Syriza con la sua bella stella gialla in alto, ha invece puntato su un cambiamento radicale, su una svolta che avrebbe innescato, con tutta probabilità, una reazione a catena in tutto il Vecchio Continente. Una ribellione, dunque, è stata domata, ma domata proprio sul limitare del punto di non ritorno, sul crinale della disperazione.
Le cancellerie hanno dichiarato in queste ore che ora la Grecia dovrà fare in fretta a formare un governo di sicurezza nazionale. Difficile dire se questa sarà per Nuova Democrazia e Pasok una vittoria di Pirro. Di certo è una vittoria numerica, ma non per il Pasok che crolla al 13%.
E di certo non è una vittoria nemmeno per quella destra liberale che sogna di mettere mano a qualche eccessivo comportamento dell’anarchia dei mercati.
E’ la vittoria stiracchiata di un blocco di stagnazione: un blocco di ripetizione dei disastri che già si sono verificati e che si riverificheranno. Syriza ora deve mantenere il suo radicamento sociale, deve lavorare per radicarsi ancora di più e provare a far uscire dalla sua tana il KKE, unendo la sinistra tutta per fronteggiare quei poteri forti che oggi tirano un sospiro di sollievo. Il sospiro lo tirano ma, statene certi, è un sospiro dal fiato corto.