di Luciano Del Sette
Nessun good evening, nessun so long. È sempre stato così, o quasi, nei quarant'anni e più dei suoi concerti intorno al globo. È stato così anche a Barolo, Langhe piemontesi, unica data italiana nell'ambito del Festival Collisioni, che si è chiuso lunedì 16 con Bob Dylan sul palco a celebrare il mezzo secolo di Blowin'in the wind. Giacca scura, pantaloni chiari, camicia bianca e cravattino, cappello cinto da una fascia rossa, Bob ha fatto la sua comparsa, puntuale, alle 21 e 15. Un attimo di silenzio tra i seimila. L'attimo che ammutolisce quando il mito si fa carne, ossa e chitarra (ma anche pianoforte e armonica).
di Giulia Valsecchi
«Leonilde», cioè portare in scena Nilde Iotti, staffetta partigiana, comunista, parlamentare e donna di orgoglio e passione politica. La sua rappresentazione, alla Milanesiana, è scelta ideale per contrasto di questi tempi. Fa rivivere l’esperienza di un’abnegazione politica e ideologica, nel mezzo dell’oscillazione contemporanea tra volgarità sfacciata e austerità di copertura.
Quel che la memoria storica e civile non contemplano fa capolino come pratica di palcoscenico tesa non tanto e non solo a ricordare, ma piuttosto a far rivivere l’esperienza di un’abnegazione politica e ideologica nel mezzo dell’oscillazione contemporanea tra volgarità sfacciata e austerità di copertura.
di Casa Intern. Donne - Roma
La recente sentenza della Corte di Strasburgo, che boccia la legge 40/2009 per quanto riguarda gli articoli 4 e 13, relativi al divieto di diagnosi pre-impianto e alla impossibilità di accedere alla fecondazione assistita per i coniugi portatori di malattie genetiche, conferma il parere già espresso da altre sentenze dei tribunali italiani, e dalla stessa Corte Costituzionale (151 /2009) che dichiara illegittima la legge 40, per il divieto di produrre più di tre embrioni e per l’obbligo di impiantarli tutti contemporaneamente (art.14), un procedimento medico di cui non si deve far carico il legislatore e che soprattutto rappresenta una seria minaccia per la salute materna.
di Federica Colonna
Legalize Love. Ecco il nome della campagna di Google, lanciata lo scorso sabato al Global LGBT Workplace Summit di Londra, a sostegno dei diritti delle coppie omosessuali. Uno slogan bellissimo, attraverso il quale l’azienda di Mountain View racconta un modo di essere e di comportarsi: da antiproibizionista dell’amore.
Ecco, infatti, l’intuizione geniale, da un punto di vista comunicativo: la campagna sposta l’attenzione dal matrimonio gay, tema largamente dibattuto e discusso soprattutto da chi vi si oppone, al concetto di amore. Se una persona può, per ragioni ideologiche e politiche, essere contro le nozze tra omosessuali e argomentare la propria posizione, non può
di Eleonora Forenza
Quando solo nel 2012 i femminicidi diventano 54 dovrebbe esser chiaro a tutti che non si tratta di “casi”. È una strage lunga e silenziosa, quella degli uomini che uccidono le donne, della violenza maschile contro le donne. Una strage che la comunicazione di massa codifica colpevolmente tra la cronaca scandalistica e nera, con le parole omicidio passionale, d’amore, raptus, momento di follia.