di Andrea Satta

Addio discoteca di Stato, addio memoria del suono, addio Italia che lotta, che prega, che si ribella, che balla, che canta, che si diverte e lascia tracce. La Discoteca di Stato rischia di chiudere, lo sapete? È finita sotto la mannaia della speculazione europea, era necessario, indispensabile cancellarla, la compravendita dei titoli e dei debiti, gli abracadabra della finanza. Tutte quelle cose che non abbiamo capito, che hanno la testa come la coda e la faccia come il culo hanno reso impossibile e soffocato anche questa vita.

Non è importante trattenere una identità, non conta ricostruire il percorso di un popolo attraverso i riti e i miti, le tradizioni, i passaggi che con l’arte si esplicitano meglio, il documento come segno del tempo, come invocazione popolare, non è importante, «la cultura non si mangia» – disse il poeta, lo slogan si è fatto strada. Non c’è in piedi la proposta di sopprimere le feste patronali, l’architrave secolare di tutte le differenze, di tutte le declinazioni culturali del nostro meraviglioso paese di Comuni? Solo «chi ha poca eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna» – disse un poeta. A noi ci viene in mente il reato. «Ufficialmente siamo soppressi -, mi dice Luciano Ceri che qui, da anni si occupa della promozione dell’Istituto e cura il settore “musica leggera”. Il nostro direttore l’ha saputo il sabato mattina da gente che lo aveva letto sulla Gazzetta. Colpa della “Spending Review”. In ogni capoluogo di regione ci sarebbe dovuto essere un “progetto audioteca”, cioè la possibilità di ascoltare tutto il materiale digitalizzato e di questo ovviamente non se ne farà più nulla. Si tratta di un vero e proprio declassamento, un trasferimento di competenze, la Discoteca di Stato sarà gestita da una non meglio precisata Direzione dei Beni Culturali. Vorrei capire dov’è il risparmio. Noi, qui, non ce lo spieghiamo, andiamo verso una a-specificità. Ma come, di questi tempi ci si rammarica di non essere sufficientemente tecnici e connessi e poi si agisce nel modo peggiore? Risparmio zero, appunto. In Francia l’Ina, l’analogo della nostra Discoteca di Stato rappresenta una struttura d’eccellenza, con accordi con la televisione francese, ad esempio, ed è una realtà vivace come lo potevamo essere noi».
La Discoteca di Stato è un’Arca di Noè, un po’ come la Biblioteca Nazionale, conserva un campione di ogni produzione musicale, un deposito legale che tutela le orme. Adesso l’Arca scricchiola, le assi hanno subito uno scossone drammatico ed è difficile capire il destino finale di tutto questo.
Sarà possibile continuare il servizio di ascolti? Chi si occuperà del deposito legale dei materiali? Chi garantirà la custodia di una patrimonio di circa 400000 mila supporti? Chi tutelerà un lascito di saperi prodotto e tramandato dal 1928?

 

da l'Unità

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