redazionale
La presentazione del libro del segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, Pigs! La crisi spiegata a tutti (edizioni Derive Approdi) - svoltasi a palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma - non ha deluso le attese di quanti erano interessati a verificare, su punti essenziali di analisi e di proposta politica, lo stato della discussione a sinistra. La prospettiva di un confronto senza sconti è stata infatti confermata dalla presenza, accanto all’autore, del responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, e dell’economista (marxista) Riccardo Bellofiore, sollecitati dalle domande di Roberta Serdoz, giornalista del Tg3: la defezione (causa un’acuta bronchite) dell’annunciato ex ministro berlusconiano Giulio Tremonti ha poi ulteriormente favorito il concentrarsi del dibattito sul versante sinistra/centrosinistra.
Sul piano dell’analisi, non sono mancati elementi di concordanza: sulla profondità della crisi, sulla sua natura strutturale. La crisi, nei cui effetti congiunturali siamo abbondantemente immersi (come testimoniano le nere previsioni sul declino del prodotto interno lordo del nostro Paese) si presenta al fondo come “irreversibile” (Ferrero), in quanto sancisce la non emendabilità delle contraddizioni insite in un determinato modello di accumulazione della ricchezza nonché l’approdo autoritario e antisociale degli orientamenti cosiddetti neoliberisti. Non si è sottratto Fassina – né avrebbe potuto farlo, sul filo dei dati – al riconoscimento di quanto è stato tolto, in termini di reddito e diritti, in questi anni alle classi popolari: la crisi apertasi nel 2007/2008 ha poi sentenziato la fine del modello economico-sociale praticato negli ultimi decenni e la necessità di una “transizione” a qualcosa d’altro, ad un’altra congiuntura (su cui il Pd - e in generale il centrosinistra europeo - spera evidentemente di incidere positivamente). Bellofiore, prendendo anche spunto dalle parti analitiche del libro in discussione, si è incaricato di puntualizzare le cause della crisi: una crisi che si manifesta come crisi finanziaria ma che nasce nell’economia reale (crisi del modo di produzione capitalistico), confermando la visione teorica marxiana sia per quel che concerne la tendenza ad una caduta del saggio di profitto sia per il periodico manifestarsi di un’incapacità di realizzo del plusvalore prodotto, a causa di un’insufficiente domanda sociale solvibile (limite strutturale, determinato appunto dai rapporti di produzione vigenti). D’altra parte, non serve un’approfondita cultura economica per capire che, se la gente non ha soldi, le merci sono destinate a restare invendute, sintetizza Ferrero.
Ma il fair play, rispettosamente dovuto all’ospite, non può coprire le profonde differenze di valutazione, quando la discussione arriva a intersecare il quadro europeo con le vicende interne e passa dal piano dell’analisi a quello delle proposte politiche. “Le proposte sull’Europa indicate nel libro tutto sommato le condivido, non condivido le analisi e le proposte concernenti il contesto italiano”, dice Fassina. E non potrebbe dire diversamente. Pesa qui, com’è ovvio, l’antitetica valutazione del governo Monti. Per Paolo Ferrero, l’attuale Presidente del Consiglio esprime in toto un orientamento liberista, dunque una posizione organicamente “di destra”. “Non ho mai sostenuto che per me Monti e Berlusconi siano la stessa cosa: sarebbe una sciocchezza affermarlo. Ho detto che in un certo senso l’attuale condizione, con Monti a capo del governo, è la peggiore in quanto non c’è cosa peggiore di un governo di destra senza opposizione. Cosa che consente a Monti di prendere provvedimenti ‘lacrime e sangue’ che mai Berlusconi sarebbe riuscito a prendere”. Gli interlocutori rinunciano a entrare nel dettaglio dei provvedimenti varati dall’attuale governo; ma è evidente che su pensioni, pareggio di bilancio in Costituzione, intervento sul mercato del lavoro con revisione (svuotamento) dell’articolo 18 e tutto il resto votato in questi mesi dal Pd in Parlamento, i giudizi prendono strade nettamente divaricate. La moderatrice incalza Fassina sulla questione del patto fiscale (“fiscal compact”): accettare un tale patto non determina in anticipo la rinuncia a politiche di crescita? Il dirigente Pd risponde riconoscendo che si tratta di un passo indietro, ma aggiunge che esso è inevitabile (“dati gli attuali rapporti di forza in Europa”), in quanto sarebbe l’unica strada per tenere aperta una prospettiva europea e mettersi nella condizione di richiedere poi a livello continentale, una volta avviato il risanamento dei conti pubblici, politiche di sviluppo e rilancio dell’occupazione. Del tutto opposto il giudizio di Ferrero: proprio misure come questa sono destinate ad affossare l’Europa. Aderire al fiscal compact non solo equivale ad abdicare a qualunque possibilità di riequilibrio dei conti (prefigurando salassi di decine di miliardi all’anno, con buona pace della cosiddetta crescita), ma oltre a ciò stravolge i fondamenti su cui è stata edificata la nostra repubblica (il lavoro) e i principi della nostra Costituzione. Inoltre, l’esperienza dice che, in politica, le partite che prevedono due tempi (prima il passo indietro e i sacrifici, poi la ripresa e le provvidenze) hanno visto sicuramente giocato il primo tempo e mai il secondo.
Per evitare il disastro (oggi drammaticamente illustrato dalla condizione sociale cui è stato condotto il popolo greco), occorrerebbe - aggiunge Ferrero - ben altra determinazione e asprezza nella conduzione delle vertenze intra-europee: occorrerebbe l’apertura di un duro confronto, con rappresentanti del nostro Paese capaci di respingere la logica mercantile e libero-scambista che regge l’impostazione politica di Bruxelles (e Berlino) e che tuttavia, disgraziatamente, è la stessa che ispira Mario Monti (e Mario Draghi).
Quando avviene nella chiarezza dei rispettivi punti di vista, un’interlocuzione non è mai inutile: se non altro, perché serve a precisare, a circoscrivere meglio i punti sensibili su cui si addensano le differenze. Il responso verrà dall’evolvere oggettivo dei fatti. Nel frattempo, sta alle forze della sinistra di alternativa trovare anche qui in Italia la via per dare forza alle proprie ragioni.