121127palestinadi Federica Pitoni
Il  29 novembre è la Giornata Internazionale di solidarietà con il popolo palestinese indetta dall’Onu. La data scelta non è casuale: il 29 novembre 1947 l’Assemblea Generale dell’Onu adottò la risoluzione 181, più nota come la Risoluzione della Partizione, con cui si stabiliva la creazione in Palestina di uno Stato ebraico e di uno Stato palestinese, con Gerusalemme corpus separatum sottoposta a un regime internazionale speciale. Come sappiamo tutti, la storia prese un’altra via e nella regione lo Stato Palestinese non ha finora mai visto la luce.

Il 29 novembre 2012 il Presidente Abu Mazen sarà all’Assemblea Generale dell’Onu per richiedere l’ingresso della Palestina come Stato non membro.
Un passo importante e non solamente formale che permetterebbe alla Palestina, tra l’altro, di avere accesso a diverse organizzazioni internazionali e di potersi appellare alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, portando Israele sul banco degli imputati per crimini di guerra e per le continue violazioni dei diritti umani e delle risoluzioni Onu. Una richiesta che, a differenza di quella di Stato membro, portata all’Onu sempre dal Presidente Abu Mazen il 23 settembre 2011, stavolta abbisogna della sola maggioranza semplice e ha quindi buone probabilità di venir approvata.
«Oggi le Nazioni Unite, e domani realizzeremo un altro passo avanti: la riconciliazione nazionale», ha dichiarato il Presidente Abu Mazen. Sono grandi le speranze del popolo palestinese di veder compiere finalmente passi in avanti verso quella riconciliazione davvero necessaria e non più rinviabile. Le divisioni tra le fazioni palestinesi non fanno che indebolire e rendere spesso vani tutti gli sforzi della lotta del popolo palestinese, mentre le condizioni di vita della popolazione, di Gaza soprattutto, ma anche della Cisgiordania, divengono sempre più pesanti. Tutto questo ha portato anche a molti malumori, che hanno rischiato più volte di degenerare.
Di certo chi assiste con compiacimento a queste divisioni è Israele, unica a trarre effettivo vantaggio da questa situazione, tanto da aver spesso soffiato su questo fuoco per alimentarlo in vari modi. La stessa tragica, terribile, ultima guerra a Gaza scatenata da Israele dà adito a molte letture, ma non sono pochi quelli che, conoscendo bene lo scenario, vedono anche in questa uno dei tentativi di Israele di isolare e indebolire l’Anp e il suo Presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Una guerra che apparentemente non ha portato nessun beneficio allo Stato ebraico per come è finita, con una tregua che ha visto i militanti di Hamas dichiararsi vincitori, con una ricaduta interna - e in vista delle elezioni appare strano - che ha deluso l’elettorato della destra israeliana. Appare piuttosto singolare questo esito. A meno che… a meno che proprio il dar credito internazionale ad Hamas non fosse stato messo sul piatto della bilancia interna palestinese per indebolire Abbas alla vigilia del suo viaggio a New York. Israele di Natanyahu non vuole portare avanti trattative di pace con i palestinesi, non è disposta a concedere nulla, vuol mantenere l’attuale situazione, arrivare nel tempo a una annessione de facto della Cisgiordania, per questo preferisce avere un interlocutore come Hamas, al quale ora forse è disposta a concedere i riflettori. Una situazione quindi estremamente pericolosa per i palestinesi, che non devono cedere a nessuna lusinga apparente e non devono cadere nella trappola delle divisioni intestine, che da troppo tempo stanno minando la forza della lotta palestinese.
Da tempo, inoltre, sulla stampa internazionale è in atto una sorta di campagna stampa tesa a delegittimare l’Anp e la persona di Mahmoud Abbas. Intendiamoci, con questo non vogliamo certo attaccare le analisi critiche alla politica portata avanti dall’Autorità Palestinese e da Al Fatah. Se oggi ci si trova in questa situazione di impasse politico, non è certamente solo a causa delle trame israeliane. Fatah ha certamente compiuto anche degli errori, dei grandi errori, e sarà bene aprire un’ampia discussione su questo. Ma gli attacchi a testa basta, le allusioni continue a corruzione e addirittura collaborazionismo (eventi che se provati vanno sradicati con forza e senza esitazione dalla stessa Fatah), be’ questi attacchi a noi paiono frutto di miopia politica. Chiediamoci sempre a chi giova tutto questo. Alla lotta palestinese? No, certo. All’occupante, sicuramente. Non esitiamo a dirlo chiaramente: la regia di questi attacchi è a Tel Aviv. Chi ha a cuore la causa palestinese e cade in questa trappola, non fa un buon servizio alla causa stessa. Dopo di che apriamoci a ogni critica e discussione, critica e discussione che possono solo aiutare. Ma ricordiamoci che prima di ogni cosa tutte e tutti noi abbiamo una causa comune e questa si chiama Palestina. Giova a qualcuno oggi la debolezza di Al Fatah, dell’Autorità Palestinese? Noi crediamo proprio di no. Si apra quindi una fase nuova, che porti l’Olp tutto a un rinnovamento che lo renda più forte e si lavori, tutti uniti, a una riconciliazione con Hamas.
Gli errori del passato ci insegnino qualcosa: scelte politiche sbagliate hanno portato alla sconfitta di Al Fatah a Gaza e quindi alla vittoria di Hamas. Oggi si rifletta su questo. La posta in gioco è troppo alta e troppi sono 64 anni di occupazione, guerre e sangue palestinese versato. Dal 29 novembre si parta per un nuovo avvio che torni a vedere i palestinesi uniti nella lotta. Thawra hatta al nasri.

Federica Pitoni
Mezzaluna Rossa Palestinese

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