
di Monica Pasquino
Beni comuni, giustizia sociale, lavoro, diritti civili e un nuovo modello di sviluppo erano le punte di diamante dell'alternativa di governo che le vittorie amministrative e referendarie del 2011 preannunciavano mentre mettevano in moto coalizioni larghe - politica, società civile, partiti, movimenti - che mescolavano le culture riformiste e quelle radicali, rompendo autismi, diffidenze e solitudini.
Oggi, quel cantiere plurale del rinnovamento, il protagonismo delle generazioni più giovani e la forza dirompente che proveniva dalla netta sensazione di essere davanti ad una discontinuità culturale, economica e sociale sono in standby, apparentemente immobilizzati dai vincoli europei e dal ricatto dei mercati affidati ad accordi elettorali verticistici, manovre illusioniste ed equllibrismi vari.











