di Matteo Pucciarelli
Hanno fatto i soloni per anni, col ditino alzato, spiegando a destra e a manca cos’era il “riformismo” e come era arretrato e ideologico quel sindacato lì, la Fiom. Smantellavano diritti, uno dietro l’altro, meno pause anche per pisciare, e loro ti spiegavano che era giusto, che era anche di sinistra, che il mondo cambiava a bisognava adattarsi e crederci e fidarsi.
Il padrone, o meglio l’amministratore delegato col maglioncino, ricattava ma invece no, siete voi che non capite, siete voi troppo rigidi, troppo ideologici. Dare dell’ideologizzato a chi difendeva conquiste pagate a caro prezzo nel corso dei decenni passati è diventata a sua volta una forma di ideologia che ha rapito tanti, a “sinistra”.
Perché più disfacevi, più andavi contro alla tua storia e ai tuoi valori uccidendo il padre, e più eri moderno, al passo coi tempi: è la “sinistra” che voleva sopravvivere smettendo di essere tale.
Solo otto mesi fa, Pietro Ichino (senatore Pd) scriveva un’accorata lettera al Corriere della Sera in cui spiegava: «Si dice, ancora: “La Fiat non ha chiarito il suo piano industriale”. Sarà; ma qui c’è un investimento colossale che sta dando lavoro per almeno quattro anni a migliaia di persone; e lavoro di alta produttività e qualità, relativamente ben retribuito. Chiediamo pure chiarimenti ulteriori sul futuro, ma qui c’è già qualcosa di chiarissimo per il presente, che stiamo disprezzando senza neppure degnarlo di uno sguardo».
Oggi la Fiat smentisce sé stessa, i propri sfavillanti spot e fa fare agli Ichino di tutto il mondo una pessima figura, spiegando che – sostanzialmente – stavano scherzando. Ma quale Fabbrica Italia… Ma Ichino, ci hai anche creduto? Ti sei spacciato per “riformista” fidandoti delle nostre rassicurazioni? Povero stolto.
Se però adesso avete in mente l’immagine di un Ichino contrito per uno sbaglio di valutazione così grossolano, disperato per aver appena perso la faccia, vi sbagliate. È ancora lì col ditino alzato: se il Pd sarà così bravo a ignorare il referendum sull’articolo 18 promosso da Idv, Fds e Sel, promette con la solita sicumera, «avremo decine di miliardi in più ogni anno da investire sullo sviluppo del nostro Paese». Certo, se lo dice Ichino allora c’è da fidarsi.
PS. In meno di tre anni la Fiat in Italia ha conseguito questi traguardi, scrive Luciano Gallino su Repubblica Sera: «Ha chiuso lo stabilimento di Termini Imerese; ha chiuso e poi riaperto lo stabilimento di Pomigliano riassumendo soltanto metà degli addetti; ha chiuso la Irisbus di Avellino che produceva autobus; ha ridotto la produzione a Cassino di decine di migliaia di unità; ha portato da sette a una o due le linee di produzione di Mirafiori, chiedendo per gli addetti rimasti migliaia di giornate di cassa integrazione; forse per la prima volta nella sua storia, sta mettendo in Cig anche i 5000 addetti degli enti centrali del Lingotto (ricerca e sviluppo e amministrazione dell’intero gruppo). Nel 2011 la Fiat ha prodotto in Italia 485.000 auto. Per il 2012 la produzione dovrebbe attestarsi sulle 400.000 unità. Intorno al 1990 la Fiat costruiva in Italia circa 2.000.000 di vetture, cinque volte tante». La colpa è, ovviamente, della Fiom.
da Micromega