di Ezio Locatelli -
Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire a proposito della vicenda elettorale che ha tenuto col fiato sospeso la sinistra alternativa di Roma. Dopo incertezze, bocciature varie, com’è noto, la sentenza del Consiglio di Stato ha restituito alla sinistra la possibilità di essere presente con una propria lista nella città capitolina, uno snodo fondamentale riguardo il quadro delle liste di sinistra alternativa al Pd nelle principali città italiane. Il punto che abbiamo giustamente sottolineato è che senza il contributo di esperienza di Rifondazione Comunista, il sedimento di un sapere e di una presenza organizzata, non sarebbe stato possibile affrontare e risolvere positivamente i problemi insorti riguardo la presentazione elettorale a Roma né tutta una serie di problematiche nel resto d’Italia.
Lo è stato in occasione delle europee, all’atto della raccolta delle firme de L’Altra Europa con Tsipras, lo è stato anche in quest’ultima occasione delle elezioni amministrative. Sono d’accordo con Paolo Ferrero quando scrive che“anche a questo serve un Partito Comunista”.
Nel corso di questi anni molti hanno pensato che la soluzione di tutti i mali, la rinascita della sinistra passasse attraverso l’azzeramento delle preesistenti formazioni di sinistra, nel caso ultimo – dopo l’avvenuto scioglimento del Pci - attraverso la liquidazione o la messa in mora del Partito della Rifondazione Comunista. Sono nati partiti indefiniti circa la loro prospettiva politica, a misura di seggi istituzionali, privi di organizzazione e radicamento territoriale. Partiti contraddistinti da molti elementi di ambiguità, di spontaneismo e anche di spocchia politica, dalla pretesa di esaurire in se stessi la rappresentanza delle istanze di sinistra. Uno sbaglio clamoroso. Invece che investire sull’unità si è fatto il gioco della divisione, della dissoluzione di forze attive e organizzate. Abbiamo fatto bene a contrastare e a discostarci da queste pulsioni.
Oggi serve fare un lavoro inverso, di raccordo e di convergenza tra soggetti diversi in maniera tale da rompere la gabbia dell’impotenza, da ritrovare la forza necessaria per far valere le ragioni del cambiamento. Sia chiaro, la costruzione di uno spazio comune è altra cosa dal partito unico, obiettivo del tutto irrealistico. I partiti non nascono per intento politicistico. L’impegno nella raccolta firme sui referendum e sul piano delle elezioni amministrative è un tassello del lavoro di ricucitura e di unità. La discriminante è la lotta contro le politiche neoliberiste e di austerità portate avanti dalle forze di centrodestra e di centrosinistra, se così si possono ancora chiamare. Ed ancora la lotta contro la guerra, il razzismo, contro l’attacco mosso alla nostra Costituzione frutto della lotta di Liberazione. Questo è il lavoro da fare stando sul doppio versante della tenuta e del rafforzamento del Partito della Rifondazione Comunista, della costruzione di una spazio comune della sinistra di alternativa.
Per quanto ci riguarda più specificatamente il tema è quello della riorganizzazione dei Circoli e delle Federazioni provinciali di Rifondazione Comunista quali centri di formazione, conoscenza, militanza attiva. Di una riorganizzazione su basi sociali avendo la capacità di stare dentro le lotte, i conflitti sociali, di dare un indirizzo all’anticapitalismo latente che si esprime nei comportamenti di rifiuto delle politiche economiche e sociali dominati e nelle domande di cambiamento che vengono avanti. Di un partito, molto semplicemente, che c’è, quando serve, senza scadere nel vaneggiamento di qualche forma di autosufficienza. Possiamo dirlo ancora una volta? Se non ci fosse il Partito della Rifondazione Comunista bisognerebbe inventarlo. Siccome c’è abbiamone cura, lavoriamo al suo rilancio e alla sua apertura politica.