di Ezio Locatelli* - 

Prepariamoci ad una ripresa del conflitto sociale. Diventa sempre più evidente, ogni giorno che passa, che quella che stiamo vivendo è una situazione tutt’altro che pacificata in cui vengono alla luce molti motivi di contrasto sociale. Perché questa situazione non ci crolli addosso e possa invece costituire un punto di svolta occorre avere chiara l’urgenza di uno scatto d’iniziativa, di una attivazione di forze, di forme di azione, occorre assumere consapevolezza dei nuovi compiti politici.

Sono ormai innumerevoli i dati sfornati da istituzioni e istituti di ricerca che attestano l’aumento spaventoso delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza in misura mai vista prima. Da una parte la ricchezza straripante di poche centinaia di affaristi, top manager, imprenditori d’assalto. Apprendiamo che gli stipendi di quest’ultimi sono saliti sino a 649 volte in più della retribuzione di un dipendente (nel 1980 erano superiori di “appena” 45 volte). Dall’altra parte siamo di fronte a una massa enorme di disoccupati, precari, pensionati poveri, lavoratori e soprattutto lavoratrici con paghe da fame sottoposte alla falcidia del boom inflazionistico. L’ultimo rapporto Inps parla di un terzo di lavoratori dipendenti con paghe al di sotto dei mille euro, una misura neanche sufficiente per provvedere alla propria sussistenza, veri e propri “schiavi salariati” come li avrebbe definiti Karl Marx. Iniquità spaventose quale effetto di trent’anni di politiche neoliberiste predatorie ed ancor più oggi quale effetto di una crisi pandemica e di una guerra i cui costi sono scaricati senza ritegno su chi sta in basso alla piramide sociale. Iniquità all’origine di un magma di protesta e di rabbia sociale. Soltanto stando dentro questo campo complesso e contraddittorio, incontrando la rabbia, lo scontento, il senso di repulsione che c’è in milioni di persone possiamo pensare di riaprire la sfida per la costruzione di una nuova soggettività di cambiamento.

La frattura oltre che sociale è politica con i partiti di governo e di sistema che hanno esaurito la loro attrattività su gran parte dell’elettorato popolare. Questa parte di elettorato bistrattata, impoverita non nutre più alcuna fiducia o interesse nei confronti della politica politicante dei partiti tradizionali che hanno operato in senso contrario agli interessi popolari, per la demolizione di conquiste e diritti sociali. All’ultima tornata delle elezioni amministrative e poi a quelle politiche sono andati a votare quasi solamente le classi con reddito medio alto. Gli operai e gli elettori a basso reddito o non sono andate a votare o hanno votato a destra per frustrazione o protesta, non certo per adesione ideologica. Una destra che, sia detto, non trova di meglio che attaccare l’unico strumento di contrasto all’impoverimento di una parte crescente della società rappresentato dal reddito di cittadinanza. Lorsignori vanno avanti con le spese di riarmo e guerra  ai poveri. Con questa realtà sociale allo sbando bisogna fare i conti. Ci serve un partito e una proposta politica che parli al sentimento di estraneità di quella ampia parte di società disincantata, che ha smesso di votare o che vota contronatura. Dobbiamo essere coerenti con noi stessi, con la nostra proposta di alterità per non essere vissuti come una articolazione del sistema politico, di un sistema che ha prodotto con i governi di centrodestra e centrosinistra devastazioni sociali a non finire.

Il momento è cruciale. Siamo a un punto della crisi che può innescare processi di cambiamento, di lotte, di modifiche sociali che sfida qualsiasi cosa che passi per routine politica. In questo contesto la Conferenza Nazionale di Organizzazione di Rifondazione Comunista deve ambire ad una riorganizzazione delle nostre forze, a una ripresa di una iniziativa nella crisi sociale mossi dalla convinzione della indispensabilità di una forza comunista e della necessità di guardare al suo futuro. Di una forza non autocentrata ma che oltre alla propria esistenza e al proprio rilancio si ponga il problema di pensare alle forze del cambiamento nella loro dimensione generale. Rifondazione Comunista ha fatto la scelta di dare vita insieme ad altre forze a Unione Popolare. Lo abbiamo fatto con l’idea di costituire un movimento politico di massa che sia di riferimento per le classi popolari del nostro paese. Un movimento in itinere che metta insieme tutte le forze disponibili in opposizione al governo Meloni e alle forze che fanno parte del sistema di guerra. Detto in sintesi il rilancio di Rifondazione Comunista, la costruzione di Unione Popolare, l’internità all’organizzazione del conflitto di classe rappresentano i tre piani fondamentali di impegno per rilanciare la battaglia per l’alternativa e la trasformazione sociale. I prossimi mesi saranno decisivi per l’avanzamento dl questo nostro progetto politico. Spendiamoli bene.

*segreteria nazionale, responsabile organizzazione Prc-Se

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