di Alfio Nicotra

Riflessioni sulla giornata del 15 ottobre e sulle prospettive del movimento
Il 15 ottobre interessi convergenti di chi non vuole che nasca nel nostro paese un movimento antiliberista di massa  hanno impedito che piazza S. Giovanni diventasse la nostra piazza Tahrir. Chiunque abbia agito per togliere la parola a decine di migliaia di persone venute da tutta Italia lo ha fatto perché ha paura di questo movimento e dei suoi contenuti.  Vorrebbero adesso zittirci, cancellare le nostre parole d’ordine e le nostre proposte, schiacciarci sulla dinamica violenza/repressione, ammutolire la consapevolezza che questo movimento rappresenta – e non solo in Italia- una speranza per la maggioranza degli esseri viventi del pianeta.
Il primo pensiero è per chi è venuto per la prima volta in piazza,superando ritrosie, diffidenze, sentendo dentro una forte esigenza di unire volti, parole, mani , generazioni  e percorsi. A loro dico di non rassegnarsi, di non darla vinta agli incendiari e al governo delle banche.  Non siete soli, non dovere essere lasciati  soli a rimuginare sui lacrimogeni, i caroselli infami , le vetrine in frantumi e le auto dissennatamente date alle fiamme. E’ il momento di non dargliela vinta, di tornare ad essere protagonisti. Non disperdete l’elenco dei pullman, di questo straordinario popolo che è l’indignazione,  convocateli e convocatevi insieme nelle vostre città. Parlatevi , parliamoci , facciamo si che nelle nostre città quello spazio pubblico che ci è stato impedito a Roma si formi in ogni dove. Da subito organizziamo centinaia di assemblee e momenti di confronto. Sono altri che devono sparire dalla scena politica non le idee di chi si batte per un’altra società. Sommiamo la voce di ognuno di noi a quella di un’altro. Se non ci rinchiudiamo in noi stessi non l’avranno vinta

PERCHE’ IL CORTEO NON E’ STATO DIFESO ADEGUATAMENTE

In diversi  mi hanno domandato perché il corteo prima e piazza S. Giovanni dopo non sono stati tutelati dagli organizzatori. Credo che sia una domanda legittima ed è giusto non sfuggire ad essa.  Il coordinamento 15 ottobre ha messo insieme uno schieramento molto vasto ed eterogeneo, in larga parte fatto da forze sociali e politiche organizzate ed altre più spontanee e di base. Tutte queste forze si sono mosse con spirito di servizio nell’organizzazione dei pullman, nella promozione della manifestazione, nel provare a fare di piazza S. Giovanni il luogo di una agorà  in cui un intero popolo potesse prendere parola e riconoscersi. La scelta di predisporre la formazione del corteo dopo al testa unitaria (il movimento dell’acqua) mettendo subito a ridosso  spezzoni asserenti a diverse sigle dell’universo precario , si è rivelata un grave errore. Per più di un motivo. Il primo è che chi è venuto alle riunione a rappresentarla non ha detto tutta la verità. Il secondo è che è non è accettabile che un punto così sensibile del corteo – sostanzialmente la vera testa – sia affidato ad una componente informe e non organizzabile. E’qui che si sono infilati spezzoni organizzati con caschi , zaini pieni di ogni cosa  e che – nello stile classico dei black block , che agiscono distruggendo e incendiando cose e sfuggono sistematicamente allo scontro con la polizia – hanno iniziato  da via Cavour la loro opera distruttiva mettendo a  serio repentaglio l’incolumità stessa dei manifestanti (si pensi cosa sarebbe successo se una delle auto date alle fiamme fosse stata alimentata a GPL).

LA CAMPAGNA CONTRO LE FORZE ORGANIZZATE FUNZIONALE AL BOICOTTAGGIO DEL CORTEO

La prima osservazione dunque è che è stata sbagliata questa formazione del corteo. Davanti dovevano starci le strutture più organizzate perché prioritario era salvare e garantire la fruizione dello spazio pubblico di S. Giovanni. Invece le forze organizzate sono state per settimane sottoposte ad  una polemica montata ad arte contro i partiti , i sindacati, le bandiere etc. Si è arrivati a strumentalizzare anche un comunicato degli Indignados spagnoli contro al presenza di forze organizzate ignorando  o non dicendo che il movimento 15 M  - essendoci l’elezioni imminenti in Spagna -  era molto rigido su questo perché non voleva  giustamente che la mobilitazione del 15 di ottobre venisse trasformata in un luogo di campagna elettorale. Per questo siamo arrivati all’assurdo, che una delle forze più organizzate presenti in massa alla manifestazione di Roma , la Federazione della Sinistra, fosse messa in fondo al corteo e dunque non in grado d’intervenire a tutela del corteo stesso. Anche altre forze dotate di un livello organizzativo importante come la Fiom si sono ritrovate troppo dietro. I Cobas  erano da soli a contato con il blocco nero , con cordoni organizzati ma non i grado  di liberare la testa da questi soggetti.  Ferma restando l’autonomia del movimento - che non può  però al contempo essere pregiudicata da una sparuta minoranza armata di tutto punto-  sarebbe opportuno che anche in rete si aprisse una discussione su questa campagna contro le forze organizzate e sull’irresponsabilità di averla alimentata. Che si torni ai fondamenti e all’abc  della scelta sui contenuti  : è stato assurdo mettere sullo stesso piano partiti politici che sono contro la Bce con quelli che invece sono a favore delle politiche neoliberiste.

CHI VOLEVA IL FALLIMENTO DELLA MANIFESTAZIONE

L’obiettivo del governo era fare fallire la manifestazione. Si spiega solo in questo modo il comportamento delle forze di polizia in Piazza S. Giovanni.   I caroselli con il camion con gli idranti lanciati a tutta velocità sui manifestanti  hanno alimentato la dinamica di contrapposizione con la polizia. Per un niente si è evitato un nuovo caso Zibecchi.  I black block si erano già dileguati avendo raggiunto l’obiettivo (spezzare il corteo , far parlare di loro, impedire lo spazio pubblico  del movimento di massa) e il comportamento della polizia in e nei pressi di Piazza S. Giovanni è stata tale da provocare la ribellione dei presenti  - specialmente settori giovanili – in una logica tipica da stadio.  E’ scattata cioè una dinamica propria della relazione periferia – centro, dove il termine periferia non va inteso solo in senso urbanistico. C’è una generazione precaria senza futuro nelle cui viscere monta una rabbia che può trovare sfogo nello scontro con la polizia. E’ un fenomeno presente in molte realtà europee è per molti versi prepolitico se non addirittura antipolitico. Leggere questo fenomeno con le lenti tradizionali è un errore. Questo non significa che dobbiamo assecondarli, ma è fondamentale capire il fenomeno per poterlo affrontare e indirizzare.

LA SPINTA AUTORITARIA CONTRO IL MOVIMENTO

Solo l’altissima partecipazione popolare alla manifestazione e la reazioni contro il blocco nero di molti manifestanti, ha impedito che contro il movimento si scatenasse la classica bagarre criminalizzante. Il risultato intanto il governo l’aveva ottenuto . cancellare dal dibattito politico i temi della manifestazione (basta privatizzazioni, non paghiamo il debito fatto dagli speculatori, salviamo la scuola non le banche, riduciamo le spese militari, giù le mani dall’articolo 18 etc). Ad alimentare la spirale autoritaria d’altronde arriva in soccorso della destra personaggi come Antonio Di Pietro che non ha di meglio che rispolverare l’infame legge Reale degli anni ’70 che criminalizzò le lotte, fece centinaia di morti  “accidentali” nei posti di blocco , sospese lo stato di diritto, proibì l’agibilità democratica nelle piazze. Se lo Stato scegliesse questa via darebbe alibi e argomenti a chi il 15 ha scelto – invece che la strada della democrazia partecipata e del protagonismo diretto delle persone – la scorciatoia dell’azione militare eclatante e la violenza distruttiva.
NON DISPERDIAMO LA DOMANDA DI UNITA’ DAL BASSO
Dobbiamo riprendere la parola proprio perché la spirale repressione/violenza può essere mortale per le nostre ragioni. Occorre non disperdere l’enorme forza di quella mobilitazione popolare. Avevamo detto che il 15 ottobre era solo l’inizio di un ciclo di lotte. L’ha capito anche il potere che ha provato a spezzarlo e proverà ancora ad ucciderlo nella culla. Sta a noi avere l’intelligenza di “scartarlo”, di obbligare anche le forze organizzate, a partire da quelle che si sono riconosciute nel coordinamento 15 ottobre a non ripiegare su se stesse ma ad insistere su un percorso unitario. Dalle città, dal basso, può arrivare la spinta affinché l’anima vera del 15 ottobre, riprenda a camminare.

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