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di Gennaro Carotenuto
È proprio vero che c’è un’ondata di suicidi economici in Italia? È proprio vero che si stanno ammazzando un numero senza precedenti di bravi imprenditori strozzati dal fisco, da Equitalia, dallo Stato che non rimborsa, dal costo del lavoro troppo alto? In molti cominciano a dubitarne e a pensare che si tratti di una manipolazione mediatica.

Il sociologo Marzio Barbagli, ripreso dal Blog di Gad Lerner, afferma apertamente che «non c’è nessuna emergenza suicidi dovuta alla crisi economica».

Come per il caldo o il freddo “senza precedenti”, le rapine in villa o gli stupri commessi da immigrati, sui quali i media dominanti costruirono ad arte la destabilizzazione del governo presieduto da Romano Prodi, anche l’ondata di suicidi di imprenditori sarebbe innanzitutto un fenomeno percepito, mediatico, portato in prima pagina non perché davvero rilevante o perché segni un picco particolare rispetto al passato, ma perché così conviene a fomentare una polemica anti-fisco che sarà l’argomento fondamentale delle destre nella prossima campagna elettorale.

I 38 suicidi di piccoli imprenditori contati dalla Cgia di Mestre dall’inizio dell’anno, sempre penosi, «non rappresentano un’anomalia a fronte delle 1300 persone circa che nello stesso periodo si sono tolte la vita in Italia. I suicidi in questa categoria sociale c’erano anche negli anni passati, più o meno con la stessa frequenza». Sempre secondo Bargagli Italia e Grecia, due dei paesi più aggrediti dalla crisi, avevano e continuano ad avere tassi di suicidi tra i più bassi in Europa. La Germania, che corre come un treno, ha un tasso di suicidi doppio di quello italiano.

Scrive cose simili Daniela Cipolloni su Wired che sostiene anzi che nel 2012 i suicidi attribuiti a motivi economici sarebbero in calo, 0,29 al giorno contro 0,51 del 2010 e 0,54 del 2009. Ogni anno in Italia si suicidano circa 3.000 persone, un numero che circa vent’anni fa era intorno ai 4.000, e la motivazione economica sarebbe marginale nel togliersi la vita. Secondo Stefano Marchetti dell’ISTAT, intervistato da Cipolloni, il suicidio economico è al penultimo posto tra le motivazioni di chi si toglie la vita in Italia. Quasi una persona su due si suicida per motivi di salute e perfino chi si suicida per motivi sentimentali sarebbe il doppio di chi si suicida per problemi economici.

Ovviamente è innegabile che le difficoltà economiche contribuiscano a determinare le condizioni di molti suicidi. Ma non sono gli imprenditori i principali soggetti a rischio. Ben peggio va ai disoccupati. 362 suicidi del 2010, il 12% del totale, era disoccupato. Quindi, parlare di ondata di suicidi causati dalla crisi è una forzatura tendenziosa. Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, sempre intervistato da Wired, indica tre motivi di riflessione: 1) i suicidi sono innanzitutto persone già con gravi patologie psichiche. Le difficoltà contingenti si innescano su quadri già gravi. Tuttavia, 2) è dimostrato che il parlare troppo di suicidi causi emulazione tra chi è già predisposto. Infine: 3) la cosa migliore che può fare il governo per arginare i suicidi è aumentare i fondi destinati ai centri di salute mentale.

Anche se un tema così delicato merita rispetto e prudenza, è evidente che c’è chi soffia sul fuoco. Una breve in cronaca merita il suicidio dell’operaio cassintegrato, del cinquantenne licenziato, del giovane precario. Finisce in prima pagina chi invece si suicida “per colpa di Equitalia”. Ragioniamo con la nostra testa mentre gli sciacalli politici e mediatici soffiano sul fuoco e forniscono interpretazioni fuorvianti e fanno partire ondate emotive. Siamo già in campagna elettorale. Tutto già visto.
sito, Venerdì 11 Maggio 2012

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