Mentre cresce l'attesa per l'esito delle consultazioni elettorali in Sicilia, evento che potrebbe fornire dati estremamente interessanti, la Finanza europea lancia il suo attacco. Udite udite, a farlo è niente meno che Mario Draghi. Forse qualcuno ha sottovalutato l'importanza ed il ruolo (o il compito?) del presidente della Banca centrale europea. Sono i numeri a fare i fatti, e forse anche a decidere, specialmente in un momento storico come questo, lo stesso destino delle popolazioni. Lasciata la scena nazionale al fido scudiero Monti, l'ex presidente di Banca Italia si è concentrato sul controllo della macchina finanziaria europea. Altro che Frau Merkell! Il passaggio smarcante che lo stesso Draghi ha fornito a quella che attualmente è la nazione più potente d'Europa è arrivato proprio ieri (dom.28 ottobre, ndr.). L'occasione è venuta con l'intervista al settimanale tedesco Der Spiegel.
E' lecito sorridere dunque, quando si fa un gran parlare di tecnici e tecnicismo: questa è pura politica economica che ha chiare e lucide intenzioni! In gran parte d'Europa c'è stata una grossa avanzata delle sinistre, e non non solo "sinistre" intese in senso generico, quanto forze politiche che rivendicano una vera alternativa. La "cosa" non poteva sfuggire ai "nostri eroi" che siedono nei nobili scrigni degli organismi che controllano la finanza continentale. Il tempismo è la premessa della lungimiranza, e Draghi non è uno sprovveduto. Con le elezioni Regionali si apre anche in Italia una stagione di appuntamenti che, definire importanti, è sicuramente ed estremamente riduttivo. Ma cosa ha detto o fatto il "financial brain" della BCE? Semplicemente che si trova d'accordo ("pienamente d'accordo") con il ministro delle finanze tedesco Wolfang Schauble nell'appoggiare un intervento diretto della Commissione europea sui bilanci nazionali. La traduzione è inequivocabile: basta con la gestione "allegra" dei singoli paesi con la conseguente supervisione della BCE e della UE che si arrogherà quei poteri decisionali che finora ha cercato di gestire in maniera indiretta (riuscendoci egualmente..!). Le dichiarazioni di Draghi sono esplicite: "solo il trasferimento di sovranità permetterà di ristabilire la fiducia nella zona euro". Alcuni Paesi, continua il presidente della BCE, "non hanno capito di aver già perso la sovranità da molto tempo perché sono pesantemente indebitati e questo li rende dipendenti dal buon volere dei mercati". Il terreno per l'intervento di Draghi era stato arato e dissodato già da tempo. La creazione del Super-Stato europeo è oggi più di una mera fantasia. A sostegno di questo percorso sono stati fino ad oggi i vari Monti, Casini ed altri esponenti del PDL ai quali ha fatto ovviamente seguito l'area neoliberista che sostiene l'attuale governo dei "tecnici".
Ad appoggiare la folta schiera di chi sostiene le politiche liberiste del presidente della BCE è, ahimé, lo stesso Stefano Fassina, braccio destro (e sinistro) di Pierluigi Bersani, nonché Responsabile economico del Partito Democratico. Vorremo tanto capire il punto dove vuole andare a parare Fassina, specialmente quando afferma che "Il potere di intervento da parte della Commissione europea sui bilanci nazionali di tutti i paesi euro è caratteristica fondamentale della fiscal union, tappa decisiva e urgente dell’integrazione politica della zona euro". Ci auguriamo di aver compreso male ma sembra un modo di continuare a legittimare, almeno in questo momento, la politica liberista portata avanti dal governo Monti... “Va chiarito, dice ancora Stefano Fassina, che il potere di intervento deve fondarsi su una legittimazione democratica diretta attraverso la scelta del presidente della Commissione nelle elezioni europee quale leader di una coalizione politica e attraverso il coinvolgimento del Parlamento europeo nelle decisioni”. Il direttore scientifico di Nens (Associazione fondata da Bersani e Visco) continua affermando che "va anche chiarito che il potere di intervento deve consentire di ripristinare nell’area euro lo spazio per politiche di bilancio anticicliche da affidare sia ai bilanci nazionali sia a strumenti specifici dell’area euro, come gli euro-project bonds per investimenti finalizzati a ridurre gli squilibri macro-economici tra le diverse aree della moneta unica. Infine, va chiarito che il potere di intervento, oltre che sui bilanci pubblici, deve estendersi al coordinamento delle altre politiche macro-economiche". Ovvio e chiaro, come questo sia il modo, secondo la tesi sostenuta per primo dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, di consentire al cosiddetto "commissario di valuta" di esercitare il potere di veto sui bilanci nazionali dei membri della zona euro.
Che cosa accadrebbe ad un Grecia sprofondata in una crisi ancora più profonda rispetto agli altri paesi? E' lo stesso Schaeuble a darci la risposta attraverso affermazioni che definire "dure" è assai riduttivo: "un debitore che non è in grado di ripagare il suo debito non dovrebbe ricevere nuovi fondi. Vorremmo che per legge, fosse impedito di fare di più". Secondo alcuni esperti del settore finanziario, il ministro tedesco avrebbe lasciato aperta la porta alla possibilità di un accordo in base al quale, la stessa Grecia potrebbe accedere ai fondi per il salvataggio utilizzandoli per riacquistare i debiti del settore privato a basso costo (ovviamente in base a quelli che sono attualmente i prezzi del mercato). E' lecito pensare che probabilmente verrebbe avviato un processo che risponderebbe esclusivamente ad una programmazione gestita dai mercati finanziari, svilendo e depauperando le autonomie nazionali che dovrebbero sottostare alle decisione dell'organo centrale. L'esempio dell'euro come moneta unica non è stato davvero confortante, ma nessuno riflette su questo! L'intenzione è quella, come si può ben vedere, di non cambiare direzione, continuando ad usare gli stessi strumenti che ad oggi hanno permesso soltanto di generare squilibri socio-economici che hanno prodotto un vistoso quanto innegabile allargamento della forbice tra ricchezza e povertà.