1europaIntervista a Paolo Ferrero di Daniela Preziosi
«Ha ragione Marco Revelli quando scrive sul manifesto: bisogna collocarsi fuori dalle compatibilità dell'attuale Europa in nome di una rifondazione, di una ricontrattazione dell'Unione. Chi ha fatto l'Europa così e chi ora la sta ridefinendo, popolari e socialisti, sta riconfermando la distruzione della civiltà europea, del welfare, dell'art.18».
Segretario Ferrero (del Prc, che aderisce alla Federazione della sinistra, ndr), però in Francia il Front de gauche ha sostenuto il socialista Hollande. Lei dice che anche i socialisti distruggono la civiltà europea?
Non dico che socialisti e popolari sono uguali: sono però varianti dello stesso indirizzo politico, quello che non mette in discussione l'impianto neoliberista. Prendiamo il fiscal compact: in campagna elettorale Hollande lo aveva contestato. Oggi già non è più in discussione. Il Front ha fatto bene ad appoggiarlo per sconfiggere Sarkozy, ma non è un caso che poi non è voluto entrare nel governo. Ha ancora ragione Revelli quando dice che serve una Syriza (la coalizione della sinistra greca, ndr) anche da noi: dobbiamo interpretare un sentimento che inizia ad essere maggioritario nella società.
Crede che in Italia una 'Syriza' sarebbe maggioritaria?
Sì. Le forze liberiste perdono egemonia perché ormai è chiaro che non funzionano. Se non ci diamo un'alternativa di sinistra, resterà solo il populismo di destra. O qualsiasi tipo di populismo.
Chiamarsi così nettamente fuori dalle compatibilità europee non spaventa l'elettorato, anche quello progressista, e i governi europei, anche di marca socialista, com'è successo a Syriza?
Syriza ha preso il 26 per cento, fino a tre mesi prima stava al 6: un risultato incredibile. Quanto ai governi europei, è vero che tifano per 'gli amici'. Ma poi, come hanno fatto con la Grecia, non li trattano meglio. Per noi, come per Syriza, il punto non è uscire dall'euro, ma ricontrattare l'Europa. Ma implica uno scontro politico. Non c'è una via tranquilla alla ricontrattazione, si tratta di interessi imponenti. Prendiamo Monti che minaccia di non votare la Tobin tax: sarebbe solo un favore agli speculatori. Dovrebbe invece minacciare di non votare il fiscal compact. Dicendo: cari signori, noi non ci stiamo a farci uccidere. La Grecia è piccola. L'Italia è grande e lo sanno tutti che non può fallire. Loro ti tengono in vita per poterti succhiare il sangue. E Monti e Merkel giocano nella stessa squadra.
Pd e Udc pensano ad un'alleanza. Sel dice no alle alchimie senza programmi e Bersani apprezza. La rottura con Sel non sembra all'orizzonte.
A Nichi dico: il punto dirimente non è che il Pd si allei con l'Udc, ma che il Pd stia facendo le attuali politiche economiche: pensioni, art.18, tasse, e ora fiscal compact, che per l'Italia è un disastro.
Vendola ha già detto che non potrebbe allearsi con un Pd neoliberista, sotto l'eventuale leadership di Renzi.
Renzi o no, il Pd appoggia Monti. Anche nel Pasok non sono tutti liberisti. Ma hanno appoggiato quelle politiche. Finoccchiaro non è Renzi, ma ha elogiato la riforma del lavoro. Insomma, come in Grecia, da noi devono decidere se fare un'alternativa di governo o una forza di complemento.
Perché ce l'avete sempre con Vendola e non chiedete lo stesso rigore di analisi a Di Pietro?
Non è vero, faccio a entrambi lo stesso appello: costruire un polo della sinistra che intrecci Alba, i comitati, le associazioni, la sinistra sindacale, la sinistra oggi in larga parte fuori dai partiti. Con un programma di governo: perché mai i nostri punti - patrimoniale, tetto alle pensioni, abbattere le spese militari - non dovrebbero essere un programma per governare?
Lei e il suo partito, in diverse stagioni politiche avete invocato modelli esteri. 'Fare come la Linke tedesca', poi come il 'Front de gauche', ora come Syriza. La Linke non gode di ottima tenuta interna, il Front ha deluso alle legislative. Lunga vita a Syriza, ma non è provinciale invocare modelli vincenti ma evidentemente non perfetti?
Ho sempre proposto a casa nostra lo schema federativo, il cui vero modello sono le esperienze latinoamericane. Fronti, alleanze, come lo sono Izquierda unita spagnola, Syriza e il Front. Il discorso sulla Linke è complesso: resta un riferimento, ma oggi sconta l'egemonia di un discorso di Merkel che all'operaio suona circa così: ci salviamo solo con i nostri padroni. Comunque la vogliamo chiamare, il punto è costruire una sinistra antiliberista con modalità di partecipazione e allargamento oltre quelle dei partiti. Nessun partito può pensare di crescere su se stesso. In Italia ci sono milioni di persone di sinistra, ma non c'è una forma politica che riesca a convincerli.
Anche Di Pietro aspetta le scelte di Bersani. Voi aspettate Di Pietro?
Proponiamo un polo della sinistra e di organizzare a metà settembre una manifestazione contro il governo Monti e le politiche europee. Ma in un processo unitario, l'ultima cosa da fare è rivendicare primazie e mettere cappelli. Abbiamo ancora un po' di tempo davanti. Luglio e agosto saranno i mesi di questa costruzione. Ma se serve una settimana in più per fare un passo avanti, aspetteremo.
Se invece tutto resta come oggi, parteciperete alle primarie?
No, noi siamo per mandare a casa il governo Monti. Se manca questo, mancano i presupposti della nostra partecipazione. Ed è ormai chiaro a tutti che l'alternativa non nascerebbe lì.
da Il Manifesto, Venerdì 29 Giugno 2012

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