Da Il Manifesto 31 maggio 2012
- DOMENICO GALLO
Dopo il crollo di Pdl e Lega, non si capisce perché si recuperi il progetto di Berlusconi per sbilanciare l'equilibrio dei poteri a favore del premier. Eppure se il berlusconismo non è degenerato al livello di una dittatura, è stato grazie alla saggezza dei nostri padri costituenti
Il manifesto ha già pubblicato un intervento di Gaetano Azzariti e la lettera aperta che Gianni Ferrara ha inviato ai membri della Commissione Affari Costituzionali del Senato e della Camera che lanciavano un allarme, scongiurando i parlamentari di non manomettere la Costituzione.
Dopo questi interventi, si è verificato un vero e proprio terremoto politico attraverso i ballottaggi che, con i risultati di città come Palermo, Parma, Genova, hanno segnato il tracollo della destra berlusconiana e leghista ed hanno fatto emergere una fortissima domanda di cambiamento e di discontinuità rispetto al quadro ed alle pratiche politiche vigenti. Qual è stata la risposta dei partiti politici ed in primis del Pd, partito che dovrebbe avere la maggiore responsabilità nel guidare il cambiamento? Per quanto possa sembrare incredibile, la risposta è stata: accelerare con le riforme.
Sia con la riforma Fornero, approvando rapidamente il semi smantellamento dell'art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, sia con la riforma della Costituzione, approvando il semismantellamento dell'architettura istituzionale prevista dalla Costituzione Repubblicana, attraverso una riforma della forma di Stato e della forma di governo. Il rilancio di Berlusconi sul presidenzialismo non può essere interpretato come un tentativo di far saltare il tavolo delle riforme perché la Commissione Affari costituzionali del Senato sta procedendo a tappe forzate, ricorrendo anche a sedute notturne. L'intenzione di realizzare l'obiettivo della riforma della Carta non potrebbe essere più chiara.
Senonchè cambiare la Costituzione è un atto impegnativo perché si tratta di rimodellare il patto sul quale si fonda la nostra convivenza come comunità politica organizzata in Stato, non si può fare nella fretta ed in silenzio.
Sarebbe ingeneroso ironizzare sulla scarsa legittimazione a modificare il patto fondamentale da parte di un ceto politico che gode della più elevata crisi di fiducia popolare che si sia mai verificata dalla fondazione della Repubblica ad oggi. Tuttavia, questo Parlamento, anche se ha votato che Ruby è la nipote di Mubarak, fin quando è in carica, deve continuare a fare il suomestiere, ad approvare leggi e ad esercitare tutte le sue competenze istituzionali.
Però è chiaro che se, in questa situazione di debolezza democratica, si vuol mettere mano alla Costituzione, lo si può fare soltanto se si è constatato che nella prassi della vita delle istituzioni si sono verificati dei gravi inconvenienti che devono essere rimossi con urgenza.
Quali sono questi gravi inconvenienti che bisogna rimuovere con urgenza per assicurare il migliore funzionamento della democrazia parlamentare? Se stiamo al testo unificato di riforma che la Commissione Vizzini sta approvando in questi giorni a tappe forzate, gli inconvenienti che impediscono alla democrazia italiana di funzionare sono il fatto che il capo del governo ha pochi poteri, che impiega troppo tempo a farsi approvare le sue leggi dal Parlamento, che vive sotto il ricatto di essere sfiduciato, che non può punire la Camera che lo sfiducia, provocandone lo scioglimento.
Per risolvere questi inconvenienti la riforma Vizzini prevede di modificare l'architettura dei poteri, rafforzando il peso del capo del governo, accorciando il procedimento legislativo, e diminuendo il potere di controllo del Parlamento sull'operato del governo, fino al punto da rendere la sfiducia quasi impossibile. In particolare la riforma attribuisce un controllo di fatto del governo sull'agenda del Parlamento e consente al capo del governo di intimidire la Camera che dovesse votargli la sfiducia, provocandone lo scioglimento. Se noi riflettiamo bene su queste proposte allora ci rendiamo conto perché questo ceto politico gode di così scarsa fiducia popolare, in quanto ha creato unmondo che funziona alla rovescia rispetto alla realtà.
Dopo i 17 anni del ciclo del berlusconismo e della Lega, c'è ancora qualcuno in Italia che crede che il sistema non funziona perché Berlusconi ha avuto troppo pochi poteri? Aveva, forse, ragione Berlusconi quando lamentava che un Parlamento disobbediente rallentava ed ostacolava la sua opera di riformatore o quando denunziava come un inferno l'equilibrio dei poteri che gli il possibile voto di sfiducia al suo governo presentandolo come un attentato alla democrazia? Se vogliamo trarre degli insegnamenti dall'esperienza della nostra vita istituzionale, dobbiamo necessariamente pervenire a conclusioni diametralmente opposte.
Se in Italia non sono state introdotte le leggi razziali, se non è stata decretata l'espulsione dalle scuole italiane degli studenti figli di un Dio minore, se gli immigrati non sono stati scacciati dagli ospedali e dalle cure mediche, se non è stato smantellato il controllo di legalità nei confronti della criminalità mafiosa ed affaristica impedendo alla polizia di fare le indagini, come il governo Berlusconi aveva tentato di fare, dobbiamo ringraziare la saggezza dei padri costituenti, che attraverso il bicameralismo perfetto hanno reso più trasparenti e meditate le procedure legislative, impedendo affrettati colpi di mano e consentendo all'opinione pubblica di reagire agli abusi.
Se il nostro paese è arrivato sull'orlo del fallimento a causa di un governo inefficiente e corrotto, poiché il Parlamento (con una maggioranza artificialmente incrementata dalle leggi elettorali) non riusciva a modificarne gli indirizzi, la lezione che se ne deve trarre è che il Parlamento deve essere messo in condizione di modificare l'indirizzo politico del governo quando si riveli dannoso per il bene comune. I nostri riformatori, invece, da questa esperienza ne traggono la conclusione esattamente opposta: rafforzare il governo e rendere quasi impossibile (anche in considerazione dei meccanismi elettorali maggioritari) la sfiducia.
La cosa veramente inquietante è che, dopo che il Pdl e la Lega sono crollati, travolti dalla loro stessa incapacità e dai loro scandali, i riformatori attuali vogliono modificare la Costituzione, recuperando, in una forma edulcorata, il progetto di Berlusconi di manomettere l'equilibrio dei poteri per rafforzare il capo politico ed umiliare ancor di più il Parlamento.
Facendo le debite proporzioni, questo progetto di riforma assomiglia alla riforma con cui fu modificato lo Statuto Albertino (attraverso la legge 24/12/1925 n. 2263) per consentire al capo del governo dell'epoca, l'on. Benito Mussolini, di avere una funzione di preminenza sul Parlamento. Anche allora si invocava la stessa esigenza che viene perorata dai riformatori attuali: rafforzare il governo per rendere più efficiente la sua azione. Sappiamo com'è andata a finire.