di Romina Velchi
Se tempesta perfetta dovrà essere, quasi certamente sarà ad agosto. Quando, come si dice in gergo, i mercati sono più "sottili": ci sono pochi scambi e dunque è con piccole risorse finanziarie che si possono fare grandi speculazioni e grandi guadagni. E grandi danni. Per questo i "bene informati" temono che l'attacco (finale, a questo punto) all'euro avverrà proprio nel mese delle vacanze per antonomasia. Non a caso qualche giorno fa il New York Times titolava «L'estate sarà al cardiopalmo» riferendo delle sempre più insistenti voci raccolte nientemeno che a Wall Street su una possibile ondata speculativa contro la moneta europea.
Niente di più probabile. In fondo che ci vuole a mettere d’accordo le dieci superbanche che oggi controllano il 90% delle attività finanziarie globali? Hanno un nome e un cognome e sicuramente li avete già sentiti: J.P. Morgan, Bank of America, City-Bank, Goldman Sachs, Hsbc Usa, Deutsche Bank, Ubs, Credit Suisse, Citycorp-Merryll Linch, Bnp-Paribas. Ai loro superbanchieri basta riunirsi a cena per concordare attacchi all’euro e operazioni sui derivati o sui famigerati Cds (credit default swaps) per lucrare sui fallimenti delle banche europee: lo hanno già fatto, è tutto documentato da indagini della giustizia Usa e da inchieste giornalistiche (New York Times e Wall Street Journal, mica la Pravda). Potrebbero benissimo rifarlo, visto che nessuna strategia è stata finora messa in campo per fermarli.
Naturale, perciò, che un po’ di panico serpeggi nei palazzi della politica. Anche perché deputati, senatori, ministri e sottosegretari rischiano (roba mai vista) di saltare le vacanze. Il presidente del Consiglio, primo della classe come sempre, ha praticamente ordinato ai membri del suo gabinetto di fare poche ferie e sobrie, concentrandole a cavallo di Ferragosto e rimanendo vicini a Roma: niente viaggi all’altro capo del mondo. Per essere pronti, in caso di emergenza, a riunire il consiglio dei ministri. Palazzo Chigi avrebbe anche già messo a punto una task force italiana - cabine di regia e teleconferenze - per tenere i contatti con Bruxelles qualora la situazione precipitasse.
E, almeno così pare, i ministri si sono già adeguati (almeno su tempi e luoghi perché sulla sobrietà resta qualche dubbio): Sabaudia, Ansedonia, Sicilia, Lago Maggiore, Dolomiti. Il sottosegretario Gianfranco Polillo, quello che vuole far lavorare gli italiani una settimana in più all’anno sostenendo che l’idea gliel’ha data Marx («Bisogna ricreare le condizioni di accumulazione del capitale, come dicevano i vecchi economisti marxisti», sic!), invece fa orecchie da mercante: se ne va ben due settimane in Grecia «tenendo le dita incrociate». Merita uno zero in condotta.
Per colpa della crisi anche gli onorevoli, questa estate, rischiano (e sottolineo rischiano) di dover rinunciare alle (notoriamente stralunghe) vacanze. Intanto, perché gli italiani li guardano e non sarebbe bello se, con l’aria che tira, deputati e senatori se ne stessero spaparanzati sotto l’ombrellone mentre l’euro salta per aria. Poveri onorevoli, già sono arrivati gli appelli (ultimo quello dei giovani imprenditori di Confindustria) a non andarci proprio in ferie e restare a lavorare per noi (sic!) e molti di loro sono in ambasce perché non possono fare le prenotazioni. Per esempio, quelli della commissione Bilancio che sono stati messi in preallarme: a loro è stato chiaramente detto di restare nei paraggi, perché potrebbero essere convocati ad horas se il governo dovesse decidere di approvare misure economiche di emergenza (anche una manovra bis).
Poi perché entro la fine di agosto ci sono da approvare 12 decreti legge, alcuni considerati dal governo strategici per salvare l’Italia: Sviluppo (appena approvato dalla Camera e che deve ora passare al Senato) e Spending review (votato da Palazzo Madama, ora tocca a Montecitorio), a cui è stato agganciato, sotto forma di emendamento, quello sulle dismissioni. Il governo vuole fare in fretta e chiudere la partita entro i primi di agosto perché si tratta dei “compiti a casa” per avere tutti otto nella pagella europea. In quel caso, gli onorevoli sarebbero salvi, perché di solito Camera e Senato chiudono i battenti intorno al 10. Ma c’è sempre il rischio che qualcosa vada storto: per esempio il decreto Sviluppo è passato a Montecitorio con il 56% di assenti tra i banchi del Pdl (erano in Aula appena 450 deputati su 630, che siano già partiti per le vacanze?); per non dire di quello sulla spending review, provvedimento delicato e assai contestato. Scontato il voto di fiducia nelle seconde letture, ma hai visto mai?
E siccome con Monti non si scherza, a tenere al chiodo gli onorevoli potrebbe esserci anche il cosiddetto decreto d’agosto (nomen omen): altre cosucce come i tagli alle agevolazioni fiscali e agli incentivi alle imprese, le nuove regole sul finanziamento ai partiti e sui distacchi sindacali ecc. Una sciagura: vorrebbe dire tenere aperto il Parlamento almeno fino a Ferragosto. Il tutto accompagnato dalla riforma della legge elettorale: anche qui il tempo stringe, ma solo se si decide di votare in autunno, mentre sulle riforme costituzionali ormai si naviga a vista.
Ai giovani imprenditori di Confindustria, il segretario del Pdl Alfano ha subito replicato: «Io non ho intenzione di fare vacanze». Vedere per credere.