di Giovanna Maggiani Chelli

Quando nel 1993 il Paese è saltato in aria con l’utilizzo di quasi 1000 chili di tritolo da parte della mafia “cosa nostra”, con sette eventi di strage in meno di un anno il Capo del Governo Tecnico era Ciampi, il ministro dell’Interno Nicola Mancino, il Guardasigilli Giovanni Conso, il presidente della Camera Giorgio Napolitano, il presidente del Senato Giovanni Spadolini, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

A parte Giovanni Spadolini e Luigi Scalfaro, Iddio li abbia in gloria, sono tutti vivi e vegeti, solo un po’ anziani, ma tutti in grado di intendere e di volere.

Quindi per 20 lunghissimi anni abbiamo chiesto a questi uomini di Stato in tutti i modi possibili di darci quella verità completa alla quale abbiamo diritto, avendo visto i nostri figli morti carbonizzati e infilzati dalle schegge di legno dell’Accademia di via dei Georgofili e tanti dei nostri ragazzi li abbiamo invalidi anche all’80% della loro capacità lavorativa.

I suddetti uomini di Stato di cui sopra, ci hanno sempre risposto gentilmente che la verità sulla strage di via dei Georgofili era la loro priorità di vita.

Non è vero, la priorità di vita di chi nel 1993 governava questo Paese, secondo noi, è stata quella di legare l’asino dove vuole il padrone, ovvero quei padroni (industriali, militari, prelati, banchieri, politici) che nel 1993 erano legati ai grandi traffici e nel mirino della Tangentopoli che infuriava.

Quindi i governanti del 1993, ne hanno inventata una al giorno, per nascondere che in Italia negli anni delle stragi 1993-1994 più che mai si è trattato con la mafia a suon di 41 bis per gli ovvii motivi .

Questa è stata la ragione di vita dei governanti del 1993, ma non solo di quelli del 1993, è una ragione che ha animato tutti i governanti fino ai giorni nostri.

Infatti se è pur vero che con la mafia ogni Governo ha avuto a che fare, come più illuminati di noi dicono, è altrettanto vero che nel 1993 la posta in gioco era molto, molto più alta.

La mafia nel 1993 minacciava di ucciderne ancora di politici dopo Salvo Lima, bisognava quindi correre ai ripari con urgenza.

La trattativa Stato mafia è servita quindi a salvare la vita ai politici vari minacciati dopo la morte di Salvo Lima così come è servita salvando codesti signori, a nascondere, secondo la nostra opinione, il vero movente delle stragi del 1993, movente sia per parte mafiosa, sia per parte statale.

Infatti è nostra opinione che con l’uccisione dei politici vari messi in elenco dalla mafia il coperchio sarebbe saltato e si sarebbero scoperte le conseguenze prodotte dal decreto del 1991 che aggirava la legge Goria del 1988.

Infatti l’Italispaca – Società nazionale del gruppo I.R.I, a partecipazione statale, che avrebbe dovuto gestire un intero pacchetto di opere pubbliche da realizzare a Palermo e Catania lontano da possibili condizionamenti illegali degli enti locali siciliani, istituita nel 1988 dall’allora Governo Goria, spostava a Roma il centro decisionale degli appalti siciliani, ma nel 1991 viene stabilito con un decreto che si trasferisse alla Regione la competenza su quelle opere, vendita delle armi compresa, che avrebbe dovuto gestire Palazzo Chigi.

Ovvero, l’appello del 1988 a decidere lontano dalla Sicilia, nel 1991 viene aggirato. E questo per un triennio. Siamo alla vigilia delle stragi a Roma, Firenze, Milano.

Forse è per questo che continuano a dire “non lo dirò mai”, perché se “Così lo Stato finanziò le imprese mafiose” sarebbe davvero troppo grave.

Ma ormai ci sono stati i morti innocenti e invalidi gravissimi che sono stati risarciti una tantum anche se peggiorano le loro condizioni di vita, quindi se ne facciano una ragione, la verità va scritta sulla carta bollata in un processo per strage a Firenze e non ancora con nomi di mafiosi concorrenti nel reato rispetto ai processi chiusi in Cassazione del 2002.

 

ilfattoquotidiano.it

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