di Joseph Halevi

Lettrici e lettori vorranno certamente sapere e capire in che cosa consiste il «salvataggio» del sistema bancario spagnolo. In verità è difficile dirlo con precisione perché dipende da quale fonte verrà erogata la somma di 100 miliardi di euro. La questione l'ha sollevata Robert Peston sulla Bbc di domenica.

Se i soldi verranno dal nascente Esm (European Stability Mechanism) quest'organismo avrà priorità nei rimborsi rispetto ai creditori privati.

Se invece la fonte sarà il vecchio Efsf (European Financial Stability Facility), non vi sarà precedenza per gli Stati qualora, come è probabile, la Spagna avesse difficoltà a effettuare i rimborsi. In tal caso scatteranno le obiezioni della Finlandia che chiede delle garanzie in attività reali, come già fece con la Grecia. La dimensione formale del finanziamento mette in luce il ruolo tossico delle istituzioni di salvataggio ideate tra Bruxelles e Francoforte. Da un lato, pur non chiamandolo col suo vero nome, alla Spagna viene accollato un rescate che ne aggrava l'indebitamento pubblico, esattamente come sta succedendo con la Grecia.
Dall'altro, gli organismi europei preposti al «salvataggio» sono tossici perché hanno la struttura dei Cdo (Collateral Debt Obligations). I 100 miliardi di euro hanno aumentato notevolmente il rapporto debito-pil della Spagna, mentre le prospettive di crescita del paese sono molto negative. In questo contesto anche applicando un tasso di interesse molto più basso dei famosi spread, l'onere sociale dell'accresciuto debito diventa disastroso per la popolazione.
Ne consegue che la natura del «salvataggio» distrugge le finanze pubbliche spagnole, ne fragilizza i titoli di Stato creando le condizioni per nuove impennate negli spread. Inoltre i 100 miliardi di euro, una volta erogati, vengono addebitati per la quota parte agli Stati che contribuiscono al fondo che così vedono aumentare il proprio rapporto debito-pil. L'esperienza di questi ultimi due anni ha mostrato come le misure di austerità aggravino la situazione, affossando il pil e aumentando quindi il tasso di indebitamento. La Spagna, in quanto economia «grande» e proveniente da deficit di bilancio minimi e da un basso livello di debito, ne è l'esempio più lampante. Secondo le stime effettuate dall'Ocse nel suo ultimo Economic Outlook reso noto il mese scorso, il rapporto debito-pil passerà dal 63% del 2009 all'88% del 2012. Si stima che la disoccupazione salirà al 26% il che, considerando che l'area di sotto-occupazione si espande a sua volta, implica una disoccupazione della stessa grandezza della popolazione occupata. La vicenda non appare per niente chiusa sullo stesso fronte bancario: per via della depressione economica, i prezzi immobiliari continuano a calare svalutando quindi le cartolarizzazioni in mano alle banche che quindi possono uscire dal ciclo delle perdite solo scaricandole sullo Stato.

 

il manifesto

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