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di Barbara Ciolli
Ha idee forti, carisma da vendere e il physique du rôle che, in Europa, gli è valso l'appellativo di «Che Guevara» della Grecia.
Alle elezioni del 6 maggio, il leader della Sinistra radicale (Syriza) Alexis Tsipras ha visto il suo partito schizzare dal 5% al 25%. E ad Atene è rimasto forse l'unico politico a poter girare indisturbato in centro con la sua moto, o addirittura a piedi, senza rischiare di essere aggredito a colpi di uova marce e insulti.
IL RIFIUTO A PAPANDREOU. E non solo perché, nel 2008, il 38enne astro nascente dei comunisti fece la scelta fortunata di snobbare l'alleanza (e il futuro governo) con l'ex premier socialista George Papandreou. «Ci releghereste in un angolo, con due o tre ministeri inutili. Grazie mille, ma diciamo no», rispose con orgoglio il leader di Syriza al Pasok.
L'ASCESA DELL'INGEGNERE. Già allora, l'ascesa di questo giovane ingegnere no-global era vista come «pericolosa» da chi, anche a sinistra, faceva parte del sistema.
Così per neutralizzarlo, Papandreou aveva provato a lanciargli l'esca di una grande coalizione riformista. Inutile dire che il leader cresciuto nel vivaio del Partito comunista greco Synaspismos e ora intenzionato a stracciare il memorandum dei controllori della Troika (Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) non abboccò.
Nei cinque di anni di recessione che hanno portato la Grecia al crollo del 7% del Prodotto interno lordo (Pil), Tsipras è sempre rimasto fuori dai giochi, giudicando l'operato dei governi dall'esterno e mantenendo fede ai principi che, nel 2006, gli valsero un sensazionale 10,5% di preferenze nella corsa a sindaco di Atene.
IL FRONTE ANTI-LIBERISTA. Come nessun altro l'allora 30enne - che, nel 2004, aveva dato vita alla coalizione della sinistra radicale ed ecologista Syriza - era riuscito a convincere le piazze sull'urgenza di bloccare le riforme neo-liberiste, foriere d'austerity. E sulla necessità di creare un fronte europeo comune, che, attraverso il Social Forum, si schierasse compatto contro i potentati finanziari globali.
Con la crisi economica del 2009 e il crollo dell'Eurozona del 2012, in Grecia e non solo, il manifesto politico di Tsipras è diventato l'unica alternativa al diktat dei tagli alla spesa e della demolizione dei diritti al lavoro, all'istruzione e alla sanità pubblica.
DIRETTO E DAI TONI DECISI. Padre di un figlio e compagno di Peristera Baziana - sua vicina di banco al liceo e militante, pure lei, nei giovani comunisti -, sin dai comizi studenteschi, Tsipras ci è sempre andato giù duro con i toni.
Forse perché, sui contenuti, non ha mai avuto dubbi. «Non credo negli eroi e nei salvatori. Ma credo nella lotta per i diritti. E nessuno ha il diritto di ridurre un popolo fiero come il nostro in un tale stato di miseria e umiliazione», ha dichiarato il leader parlando del suo Paese precipitato in un «clima di pessimismo, depressione e suicidi di massa».
«LA STRADA DELL'INFERNO SOCIALE». Sul perché si sia arrivati alla «strada dell'inferno sociale», il numero uno di Syriza ha le idee chiare e non da ora.
La Grecia, uno dei Paesi più piccoli e vulnerabili dell'Eurozona, è stata usata come «esperimento» da «banchieri globali, capitalisti e speculatori di Borsa», per imporre lo «choc neo-liberista» agli Stati membri.
Per Syriza, dunque, nell'Ue è in corso una guerra tra «popoli e capitalismo», con Atene in prima linea. «Se l'esperimento continua, il modello sarà imposto a tutti. Ma se riusciamo a fermarlo, sarà una vittoria non solo per la Grecia, ma per tutta Europa. La sola, vera sconfitta è una battaglia non combattuta».
Sia chiaro, Tsipras non ce l'ha con la Germania, anche se sostiene che il governo della cancelliera Angela Merkel ha «una responsabilità storica» nella crisi dell'Eurozona. Né, populisticamente, ha mai chiesto l'uscita di Atene dall'euro.
«Non siamo contro l'Unione europea o contro l'unione monetaria. Vogliamo solo convincere i nostri partner che il modo scelto per affrontare la crisi greca è totalmente controproducente. È come gettare i soldi in un pozzo senza fondo», ha ribadito in campagna elettorale.
Quel che conta, per Tsipras, è tenere la schiena dritta, rifiutando qualsiasi forma di sottomissione imposta dal ricatto della Troika.
LA FORZA DEI DEBITORI. È bene, infatti, ricordare a banchieri e governi alleati che, «in un prestito, la forza è anche dei debitori». «Se salta il memorandum», ha minacciato Tsipras, «saltano anche i pagamenti degli interessi. John Maynard Keynes lo diceva molti anni fa. Con il moltiplicarsi del debito, anche la persona che presta, cioè le banche, possono trovarsi in una posizione difficile».
A più riprese, i leader tedeschi hanno minimizzato, dichiarando come, ormai, l'effetto domino della Grecia «sia stato neutralizzato». «Ma poi ci sono il Portogallo, la Spagna, l'Italia... », ha ribattuto sicuro Tsipras. Che, di certo, non è uno che scherza.
Persino politici europei progressisti come il tedesco Martin Schulz, presidente del parlamento europeo, hanno espresso stima nei suoi confronti. Ma hanno anche ammesso di temerlo per alcune sue posizioni «rischiose».
LA LINKE TEDESCA DALLA SUA PARTE. I leader della Linke, la sinistra radicale tedesca, hanno invece stretto la mano al «Che Guevara greco», nato, ironia della sorte, il 28 luglio come il venezuelano Hugo Chávez, seppur qualche anno dopo.
Al suo fianco, nel Partito della Sinistra europea, c'è anche il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero. Perché, con «con Syriza che propone una modifica della politica economica a partire dall'azzeramento del memorandum», siamo «dalla parte della soluzione», non «complici della catastrofe». E il «re è nudo».
da lettera43.it

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