di Maria R. Calderoni

Evelina Christillin, mica l'avrete dimenticata. La donna-immagine - bel sorriso bei vestiti - dei "Giochi invernali Torino, 2006"; Evelina che nasce bene e benissimo frequenta, <stavamo in strada San Vito, duecento metri dall'Avvocato...Poiché sapeva che io sciavo bene, mi portava con lui in elicottero a sciare al Sestriere>. Piazzata benissimo, la Evelina Christillin, come icona della Torino che conta: Agnelli, auto, politici, sindaci, appunto Giochi Olimpici invernali.

<Leggenda vuole che tutto il circo olimpico, durato quasi dieci anni, sia nato dalla testa di Evelina Christillin>, scrive Maurizio Pagliassotti a pagina 68 del libro che ha appena pubblicato con il titolo "CHI COMANDA. Torino"

(Castelvecchi, pag. 185, € 14,90): praticamente il secondo capitolo della serie "Chi comanda", l'inchiesta sui "padroni delle città" che l'editore ha iniziato con il volume dedicato a Napoli).

 

Bel giro d'orizzonte, interessante perlustrazione, questo lavoro di Pagliassotti che ha per oggetto la Gran Torino. Con belle (brutte) sorprese. Proprio a cominciare da Evelina, da quei Giochi Olimpici invernali che per un decennio furono mito vetrina e vanto della città del dopo-Fiat.

 

"L'ubriacatura olimpica", si intitolano le pagine dedicate a quei Giochi Olimpici Torino 2006 che, in sostanza, <rappresentano un investimento di denari pubblici non andato a buon fine. O meglio, andato a ottimo fine per due soli soggetti: la Fiat dei fratelli Agnelli e la Banca Sanpaolo di Enrico Salza>.

 

Eh già, non cadono dal cielo, i Giochi. La Evelina, per caso, è anche la moglie di Gabriele Galateri di Genola, amministratore delegato della Fiat insieme a Paolo Fresco, quei manager cioè che possono ben rappresentare, della Fiat, <la mutazione in pura finanziaria di partecipazione>. E infatti dopo di loro, <ecco Sergio Marchionne, l'uomo che sta completando il lavoro>.

L'altro fortissimo sponsor è il Gruppo Sanpaolo Imi, (al tempo dei Giochi non ancora accorpato con Banca Intesa), che è uno dei detentori del debito Fiat. Proprio uno per il quale, per caso, <il cambio di fase di Torino - da città industriale a laboratorio di una nuova economia - rappresenta una soluzione utile per molti problemi>. Non c'è da stupirsi quindi se è il Sanpaolo a sganciare per i Giochi, insieme a Montepaschi e Dexia, un finanziamento pari a ottocento milioni di euro (però opportunamento

e garantiti dallo Stato, beninteso).

 

Intanto a Diego Novelli, <che sicuramente non avrebbe mai accettato una manovra per portar via la Fiat da Torino>, succede sulla poltrona di sindaco Valentino Castellani, docente del Politecnico, <che sicuramente non è comunista>, ma soprattutto è uomo di Enrico Salza, l'abile imprenditore che in pochi anni ha scalato il potere e raggiunto i vertici del Sanpaolo.

 

Le mani sulla città. E' in questa ottica che il libro ri-guarda da vicino i mitici Giochi Olimpici Torino. Nati <sulle ceneri della fuga della Fiat da Torino>; celebrati come simbolo e soprattutto strumento della nuova economia de-industrializzata, eccoli prontamente smentiti dalle semplici, "banali" tabelle Istat. Costati complessivamente

quasi tre miliardi e trecento milioni di euro, dei quali un miliardo e mezzo pagati dal governo (il solito "io pago" di Pantalone), hanno avuto un introito totale - da turismo, benefici derivati da nuove infrastrutture e vendita locataria - che ha coperto meno di un terzo dei costi. Flop: praticamente una tassa di mille euro a testa per ogni torinese. Alla voce Giochi Oimpici.

 

Non solo i Giochi. Il libro passa in rassegna anche le altre voci del bilancio della Gran Torino post Fiat: le grandi opere, la vendita del territorio, la speculazione urbanistica, il degrado di molti quartieri, lo sviluppo di un macro-terziario di griffe, outlet, ipermercati. Con il consenso della leadership post-comunista, oggi "organica" ai poteri che hanno in mano la città (l'ex sindaco ex comunista Chiamparino sta per essere nominato presidente della Compagnia del San Paolo, dicesi la fondazione della Banca IntesaSanPaolo, quella...).

Le semplici, "banali tabelle Istat. Dicono ad esempio che a Torino le ore di cassa integrazione sono passate da 13 milioni e rotti del 1993 a quasi 64 milioni del 2010. Che la disoccupazione è al 9,4%, la più alta tra le città del Nord. Che il reddito medio disponibile è passato dai 21.116 euro del 2008 ai 19.911 del 2010.

 

E che Torino è una delle città più indebitate d'Italia. <Nel 2001 - anno di transizione da Valentino Castellani a Sergio Chiamparino - nelle casse comunali c'era un ammanco pari a un miliardo e settecento mila euro. Il debito è esploso in sei anni a causa delle spese olimpiche e a fine 2007 la voragine si era allargata a circa tre miliardi>. Oggi <il debito ufficiale consolidato> tocca il record di 4,9 miliardi.

 

Quasi cinquemila euro a cittadino, diciamo.

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