di Eleonora Forenza
E' difficile fornire a chi non c'era una fotografia di quello che è successo ieri a Roma. Ed è difficile, per chi era tra le cariche a San Giovanni, dare una valutazione politica di quanto accaduto. Confesso, dunque, che questo è l'articolo più difficile che abbia mai scritto in vita mia.
Provo a segnare alcune tracce di una discussione che dovrà esere ampia e radicale: perché la giornata di ieri consegna a tutto il popolo dell'alternativa la necessità di riflettere a fondo.
Quella del 15 ottobre a Roma è stata una manifestazione imponente, grandissima, popolare. Una manifestazione iniziata due giorni fa, con il presidio e l'accampata in Via Nazionale, con la lettera rispedita alla Bce e la protesta dei "draghi ribelli".
Una manifestazione nel quadro di una mobilitazione europea, People of Europe rise up, segnata dal protagonismo di una generazione politica europea, e globale, che proclama il proprio diritto all'insolvenza di fronte a un debito che non ha contratto, che reclama reddito di cittadinanzae diritto al lavoro e si dichiara indisponibile ad un'esistenza precaria, che costruisce democrazia contro il neoautoritarismo della Bce. Una generazione precaria che ha dato prova di grande capacità creativa e partecipativa, costruendo anche qui - in un Paese in cui la democrazia di Palazzo è ridotta ancora una volta all'acquisto del voto idi fiducia,-laboratori dei beni comuni e di sperimentazione di nuove forme di democrazia, come sta avvenendo, ad esempio, al teatro Valle.
Ma evidentemente questa non è la storia della giornata di ieri, perché la guerriglia urbana che è ancora in corso nelle strade di Roma si stra trasformando, nella comunicazione di massa, e nella percezione di massa, nell'unica fotografia della manifestazione di ieri. Una cronaca nera che occulta la partecipazione immensa e popolare al corteo. Ed è evidente che questa cronaca nera viene riprodotta con una intenzione prevalentemente regressiva: dire che in questo Paese non si può più manifestare. Il rischio è quello di una ulteriore restrizione degli spazi di democrazia.
Ora, rabbia e indignazione popolare sono, in questa fase, non solo insopprimibili, ma costituenti: dell'opposizione e dell'alternativa. Esse devono interrogare profondamente la sinistra politica, che non riesce a rappresentarle, a tradurle politicamente con la radicalità che richiedono.
Liberazione 16/10/2011